Francesco Boero
L’uso dell’acqua di mare per alcune
tipologie di servizi potrebbe un giorno ritornare d’attualità e, probabilmente, qualcuno, ormai non più giovane, ricorderà suo padre, un suo parente o un altro
anziano, che gli aveva parlato di un acquedotto marino funzionante nel periodo
tra le due guerre mondiali e, con molte difficoltà, nel periodo postbellico
fino alla fine degli anni ’70.
In effetti, le prolungate siccità
degli anni 1922 e 23 avevano spinto l’Amministrazione del Municipio di Genova a
prendere in considerazione (Deliberazione del C.C. n. 53 del 8 maggio 1922 e
Atto del Commissario Prefettizio n. 112 del 3 giugno 1924), in attesa della
realizzazione dell’acquedotto del Val Noci, l’esecuzione (primi in Italia) del
già progettato Acquedotto Marino per i servizi pubblici cittadini.
A quel tempo l’utilizzo dell’acqua di
mare per servizi alla cittadinanza, oltre che a Genova (per mezzo degli
impianti di pompaggio delle Batterie del Vagno e Strega e dei carri botte per
l’innaffiamento), era già stato adottato con soddisfacente successo da diverse
città inglesi, tra cui Liverpool, e francesi, tra cui Le Havre.
- la situazione idrica della Città
(spesso in emergenza siccità).
Le
risorse idriche, disponibili nei periodi di scarse precipitazioni piovose,
imponevano, sia
misure particolari per riuscire ad evitare sprechi, molto difficili da
attuare a causa
del sistema in uso a quel tempo (ma ancor oggi abbastanza diffuso nei
vecchi caseggiati
e nel Centro Storico) di distribuzione a forfait con ripartitore e
spandenti, sia restrizioni
nell’erogazione dell’acqua potabile dei vari acquedotti civici e
privati. Talvolta però le
emergenze, tipo quelle dell’inizio degli anni Venti, creavano alla
popolazione disagi tali
da superare i limiti di sopportabilità, per cui si era resa necessaria un’alternativa
all’impiego dell’acqua potabile degli acquedotti per servizi non
basilari alle esigenze del
- la situazione delle fognature, a
quel tempo quasi totalmente a sistema unitario (tout-à-
l’égout).
La maggior parte dei condotti fognari era adibita allo smaltimento delle
acque bianche e
nere (ma ancor oggi in alcune zone cittadine le fogne permangono a
sistema unitario).
Specialmente in tempi di siccità, quando in pratica venivano a mancare
le acque piovane, le forti emanazioni di odori sgradevoli dai tombini o dalle caditoie creavano
non pochi
problemi alla vita quotidiana, per cui spesso si ricorreva a lavaggi con
acqua di mare allo
- la situazione della rete stradale
genovese, prevalentemente con manto a Mac-Adam.
L’acqua innaffiata favoriva la formazione di uno strato indurito ed
igroscopico superficiale,
conferendo al manto una maggior conservazione, un minor disgregamento ed
una
contenuta formazione di polvere. Tuttavia, in altri tipi di
pavimentazioni (lastricati,
ciottolati e similari) l’acqua salsa poteva esser causa di seri
inconvenienti, in particolare
ai cavalli che facilmente scivolavano;
- il bassissimo numero di veicoli
in circolazione e posteggiati.
Fino
alla fine degli anni Cinquanta il traffico a Genova non era caotico come ai
giorni
nostri ed il posteggio dei veicoli lungo le strade cittadine era molto
limitato e normalmente
corretto, perciò l’uso dell’acqua di mare era abbastanza tollerato, nonostante
creasse
problemi di corrosione a tutto ciò che conteneva metalli ferrosi (in
particolare alle rotaie
della rete tranviaria, molto estesa sul territorio fino agli anni Settanta).
- la necessità di sgomberare la neve dalle
strade cittadine (negli anni Trenta: circa 500 km .
di strade carrozzabili).
L’acqua salata, abbassando il punto di
congelamento ed accelerando quindi la fusione
del manto nevoso, può esser molto utile nelle
operazioni di sgombero della neve dalle
strade cittadine, ma il suo utilizzo è
fortemente limitato dalla temperatura al suolo. E’
risaputo che sotto certe temperature minime è
necessario il ricorso allo
spargimento di altri prodotti molto più
efficaci sugli strati ghiacciati, per cui a quel tempo,
in aiuto all’acqua di mare e sotto certe
temperature veniva usato, e viene usato
tuttora, il “salaccio” (sale non
commestibile), sovente miscelato con sabbia o risetta (in
Il progetto dell’Acquedotto Marino,
redatto dall’allora Ingegnere Civico, prevedeva la realizzazione di tre reti, che
avrebbero dovuto servire altrettante zone cittadine (orientale, centrale ed
occidentale) con interconnessioni tra loro allo scopo di consentire l’integrazione
ed il bilanciamento tra le stesse.
Dopo un anno d’intenso lavoro la prima
rete (quell’orientale) era entrata in regolare funzionamento; invece, le altre
non ebbero per varie ragioni più alcun’attuazione.
Negli anni successivi (fine anni Venti) vennero realizzate alcune integrazioni alla rete esistente
(prolungamenti, nuove diramazioni e derivazioni) per raggiungere particolari
utenze quali l’Ospedale S.Martino, Via XX Settembre, Piazza De Ferrari, Corso
Italia, il Lazzaretto, alcuni Mercati, ecc.
Negli anni Trenta, periodo di maggior
impiego dell’impianto, l’acqua di mare era proficuamente utilizzata per:
- l’innaffiamento, la pulizia delle strade
e lo sgombero della neve, mediante l’uso di manichette allacciate agli idranti
stradali, ma anche di carri botte, trainati da cavalli, autobotti e tram botte
che si approvvigionavano direttamente dagli idranti stessi, dalle calate del
Porto e dalle fontane di piazza Tommaseo (ove normalmente veniva caricato il
tram botte) ;
- la pulizia delle fognature (particolarmente
quelle del Centro Storico cittadino);
- il servizio antincendio;
- i lavaggi dei Mercati interessati
dalla rete quali Corso Sardegna, Orientale, Terralba, ecc.;
- l’alimentazione continua di alcuni
orinatoi e di alcune fontane (in particolare quelle già citate di Piazza
Tommaseo);
- i bagni terapeutici nell’Ospedale
S.Martino ed in stabilimenti privati, e i bagni marini invernali nel Diurno di
Piazza De Ferrari;
- l’alimentazione della vasca
sperimentale della Scuola d’Ingegneria;
- la fornitura continua alle colture
della scuola di Biologia marina della R.Università;
- altri servizi di carattere temporaneo
per eventi pubblici o privati.
Era prevista anche l’alimentazione
della grande piscina scoperta del Complesso Sportivo a quel tempo in
costruzione ad Albaro.
Caratteristiche dell’Impianto
La presa dell’acqua marina
era effettuata in un punto della “Baia di S.Giuliano” in prossimità del
Lungomare Lombardo. A quel tempo (circa a metà degli anni Venti) la costa di
S.Giuliano era caratterizzata da scogliere
che impedivano alla presa stessa di esser disturbata dal movimento ondoso e di
essere intasata dalla sabbia. L’acqua, poco inquinata, era incanalata per mezzo
di un tubo di ferro (mm. 600 di diametro ed oltre m. 30 di lunghezza) con la
bocca rivolta al mare aperto e l’altra estremità collegata ad una galleria
sotterranea, praticabile ed ispezionabile; essa era convogliata ad una vasca di
presa, realizzata sotto la passeggiata di Lungomare Lombardo, a sud
dell’Abbazia di S.Giuliano.
Le quote di fondo della galleria e della vasca erano più basse del livello del mare in condizioni di minima marea.
Le quote di fondo della galleria e della vasca erano più basse del livello del mare in condizioni di minima marea.
L’acqua
dalla vasca di presa era aspirata tramite N°2 turbopompe di bronzo:
-
una da 4000 l/min.(a regime normale 2300
- 2500 l/min) di portata, m. 120 di prevalenza monometrica, azionata da un
motore elettrico a corrente alternata trifase della potenza di 160 HP;
-
l’altra (di riserva) da 2000 l/min. di
portata, m. 110 di prevalenza, azionata a mezzo di trasmissione con cinghia da
un motore Diesel a due tempi della potenza di 100 HP.
Entrambe
le turbopompe, sistemate nei fondi di un piccolo fabbricato in Lungomare
Lombardo al cui piano superiore era alloggiato il custode, alimentavano, tramite
una tubazione in “Eternit” (mm. 250 di diametro), un serbatoio prismatico, avente
capacità netta di mc. 2000, realizzato in c.a., posato su pilastri sulla
dorsale nord del colle di S.Martino a quota m. 83 s.l.m..
Da
detto serbatoio partiva la tubazione (in Eternit) principale d’alimentazione
della rete (anch’essa in Eternit) di distribuzione sul territorio dei quartieri
di S.Martino, S.Fruttuoso, Foce e Portoria.
Anche
dalla tubazione di mandata (stazione di pompaggio/serbatoio di S.Martino) erano
state derivate alcune linee principali a servizio di reti di distribuzione, per
cui, proprio per tale motivo, la tubazione di mandata stessa sboccava sul fondo
e non nella parte superiore del serbatoio.
Le
diramazioni principali erano tre. Due, già citate, partivano direttamente dalla
tubazione d’alimentazione del serbatoio, seguivano i tracciati rispettivamente
di corso Italia fino al Lazzaretto (per quanto a conoscenza, mai interconnessa
con la restante rete) e di via Pisa, via Albaro, via F.Pozzo fino alle vasche
di Piazza Tommaseo. La terza partiva dal serbatoio e si divideva (circa all’altezza
della Casa dello Studente) in due diramazioni:
-
una che discendeva verso Terralba, attraversava Piazza Martinez e Piazza Giusti
e
proseguendo per via Archimede andava a
convergere su corso Buenos Ayres;
-
l’altra che percorreva via Montevideo, attraversava piazza Tommaseo, continuava
lungo
corso Buenos Ayres ed andava a congiungersi con
quella proveniente da Terralba nei
pressi del Ponte Pila. Una derivazione di
tale tubazione andava ad approvvigionare
d’acqua salata le vasche di piazza Tommaseo.
Dal
punto di confluenza (Ponte Pila) dei suddetti due tronchi, provenienti
rispettivamente da Terralba e da corso Buenos Ayres, partiva una tubazione che raggiungeva
piazza De Ferrari, dopo aver attraversato Piazza della Vittoria e proseguito lungo
il lato monte di via XX Settembre.
Complessivamente
l’intero sviluppo delle tubazioni (diametri da mm. 50 a 250 ) era di circa 15 Km .; la rete, nelle zone
di maggior utilità, era dotata di oltre N° 250 idranti stradali, collocati ad una distanza
media l’uno dall’altro di circa m. 40; i giunti elastici delle tubazioni di
“Eternit” erano del tipo in gomma “Gibault”; le curve a piccolo raggio, gli
attacchi per le derivazioni, per gli idranti, gli sfiatatoi, le saracinesche ed
in generale tutti i pezzi speciali erano in ghisa opportunamente catramata a
caldo.
I
costi di realizzazione dell’Acquedotto furono di circa 2 milioni di Lire. Nel
1935 la spesa media annua di gestione, comprensiva di: guardianaggio,
riparazioni e rinnovo tubazioni, giunti e pezzi speciali, combustibile, energia
elettrica e varie, era di circa Lire 55.500 ed il costo medio di un metro cubo
di acqua erogata (erogazione annua di circa mc. 124.000) era di L. 0,44 (senza
contare perdite ed interesse del capitale investito nella costruzione).
Durante
l’ultima guerra mondiale, ma soprattutto nell’immediato dopoguerra,
l’acquedotto fu oggetto di vandalismi: i giunti, gli idranti e le altre
strutture metalliche, materiali di particolare pregio per quei tempi di
ristrettezze, erano facilmente rubati da gente senza scrupoli. Fu dedicata poca
attenzione nel preservare le strutture acquedottistiche durante i molteplici
interventi effettuati nel dopoguerra sui tracciati delle tubazioni; molti
tratti della rete dovettero esser disattivati perché distrutti nel corso dei
lavori di realizzazione di altre opere. Le suddette cause ed un’insufficiente
opera di manutenzione e di recupero portarono le strutture acquedottistiche ad
un inesorabile declino. La ricostruzione e lo sviluppo degli insediamenti, le
trasformazioni ed il potenziamento delle infrastrutture cittadine e dell’intero
sistema acquedottistico cittadino, i mutamenti della vita stessa degli abitanti
ed anche l’inquinamento marino contribuirono a diminuire l’interesse verso
l’utilizzo dell’acqua di mare. Alcuni servizi di civica utilità (innaffiamenti
e lavaggi stradali, pulizia fognature, ecc.) furono completamente smessi,
mentre altri (antincendio, sgombero neve, pulizia orinatoi e mercati,
alimentazione fontane, ecc.) furono sostituiti con acqua potabile e salaccio. Alla
fine degli anni settanta, a seguito di un poco esaltante ultimo tentativo di
rifornire le autobotti impegnate nello sgombero della neve, il Comune di Genova
prese la decisione di disattivare completamente l’impianto e di dotarsi di
motopompe carrellate per l’aspirazione ed il caricamento delle autobotti in
emergenza neve. Negli anni immediatamente successivi, il Comune giunse alla
determinazione di non utilizzare più l’acqua marina a causa della sua scarsa
salinità, ma soprattutto del preoccupante inquinamento del mare antistante la
costa genovese.
Attualmente
dell’impianto rimangono soltanto alcune piccole tracce: il fabbricato di
Lungomare Lombardo ormai da tempo è stato destinato ad usi diversi da quello
originario; il serbatoio di S.Martino, fortemente usurato, resiste ancora all’inclemenza
del tempo, ma è fortemente minacciato da nuovi insediamenti; le fontane di
piazza Tommaseo sono state recentemente restaurate, ma da parecchio tempo viene
utilizzata (con ricircolo) acqua potabile. E’ probabile che lungo i tracciati
della rete di distribuzione vi sia ancora qualche brevissimo e dimenticato
tratto di tubazione di Eternit e qualche targhetta di segnalazione di idranti.
Oggi,
forse, è impensabile un riutilizzo dell’acqua di mare per servizi di pubblica
utilità. Intanto, come già detto, le condizioni igieniche del mare antistante
la maggior parte del litorale genovese, non consentono…neppure la balneazione,
per cui, per sicurezza, sarebbe necessario un preventivo trattamento di depurazione
del liquido aspirato dal mare, con costi poco economici facilmente intuibili.
Tuttavia, posto che l’acqua della costa genovese possa, quanto prima,
diventare…blu, sarebbero abbastanza difficoltosi, stante l’attuale situazione
di traffico e di posteggio, l’innaffiamento ed il lavaggio delle strade, mentre
l’acqua stessa potrebbe esser utile per l’antincendio, per l’emergenza neve, per
l’approvvigionamento di molte piscine, per la pulizia dei mercati e delle
fognature non ancora separate, per le cure terapeutiche.
E’
indubbio che l’impiego d’acqua di mare pulita per scopi non alimentari gioverebbe
al risparmio della buonissima acqua potabile dei nostri rubinetti. Il risparmio
potrebbe essere ottimale se ad adiuvandum si procedesse rapidamente alla
modifica (dal sistema a forfait a quello
a contatore) dei molti, forse troppi, vecchi impianti di distribuzione ancora
esistenti in Città. L’Europa accusa noi Italiani di usare acqua minerale per
gli sciacquoni dei servizi igienici: in effetti, se guardiamo in casa nostra
(Liguria), non le si può dar torto! Presto dovremo confrontarci sul problema
acqua con altri Paesi del Mondo (non soltanto con quelli del Vecchio Continente)
che ne hanno un’estrema necessità per lenire i morsi della sete.
A
cosa può servire oggi un acquedotto marino a Genova? Finché continueremo a
goderci la risorsa che ci proviene limpida dai nostri laghi appenninici la
risposta è abbastanza negativa, sia per i costi che per i molti problemi che
sorgerebbero nel corso dei lavori. L’idea di realizzare un acquedotto marino
potrebbe diventare prioritaria soltanto a seguito di una malaugurata serie di
grandi emergenze (come accadde a Genova negli anni 1922 e 1923). Altre sono adesso
le necessità più urgenti e pressanti del territorio ligure, tuttavia, non si
può neppure scartare a priori l’ipotesi che in futuro possano esser prese in
considerazione iniziative di sfruttamento dell’acqua di mare.
Un
acquedotto marino a Genova, se mai dovesse esserne prevista la costruzione,
dovrà esser adeguato alle esigenze della maggior parte del territorio
cittadino. Esso potrebbe esser suddiviso in più impianti tra loro interconnessi;
potrebbero esser previsti più serbatoi, piezometrici e d’accumulo, sulle alture
ed intermedi nelle vicinanze dei grandi insediamenti collinari.
Come
l’antenato, la maggior parte dei componenti dell’impianto (tubazioni, bocche di
erogazione, idranti, ecc.) dovrà esser di materiale resistente alla corrosione
della salsedine e le stazioni di pompaggio, dotate di opportuni gruppi di
emergenza, dovranno esser sistemate nei punti meno esposti all’impeto delle
mareggiate.
Onde
evitare scavi nelle già martoriate strade cittadine, le tubazioni potrebbero
esser sistemate lungo gli alvei dei torrenti, possibilmente, al piede dei parapetti
o delle ringhiere; i tracciati dovrebbero essere razionali oltre che
funzionali.
Documenti dell’Archivio Storico del Comune di Genova
in genovese
Bibliografia:
I servizi di nettezza, di innaffiamento e di lavaggio della città di Genova, a cura dell’ing. G.L.Rodella.
I servizi di nettezza, di innaffiamento e di lavaggio della città di Genova, a cura dell’ing. G.L.Rodella.
in genovese
Un condûto d’ægua de mâ? Ancheu o porriæ
ëse ûtile?
L’ûzo de l’ægua do mâ pe çerti servixi o porriæ ‘n
giorno tornâ d’attualitæ (*) e, probabilmente quarchedûn, zà d’etæ, o
l’arregordiâ seu poæ, ‘n seu parente o ‘n ätro anzian, ch’o gh’aveiva parlòu do
Condûto d’ægua de mâ in funzion in to
mëzo de-e due guære mondiali e, ascì, ma con tante difficoltæ, da-a fin de l’ûrtima
guæra fin a-a fin di anni ’70.
E prolungæ sciûghë (o secchë) di anni 1922 e 23 aveivan
convinto l’Amministrazion do Muniçipio de Zena a piggiâ ‘n consciderazion
(Deliberazion do C.C. n. 53 de l’ 8 mazzo 1922 e Atto do Commissajo Prefettizio
n. 112 do 3 zugno 1924), in atteiza da realizzazion do Condûto d’ægua düçe da Val
Noxæo, a costrûzion (primmi in Italia) do zà progettòu Condûto d’ægua de mâ pe-i
servixi pûbblici çittadin.
A quelli tempi l’ægua
de mâ pe-i servixi a-a çittadinanza a l’ëa
zà in ûzo a Zena co-i impianti (*) de pompaggio de-e Batterie do Vagno e da
Strega e di cäri-botte pe-o sparzimento, ma ascì, con soddisfazion, da tante çittæ
ingleixi, comme Liverpool, e françeixi, comme Le Havre.
A favorî l’ûzo de l’ægua do mâ han concorso, in
particolâ in ti anni vinti e trenta:
- a scituazion (*) idrica da Çittæ, de spesso in emergensa
pe-a sciûghëa.
E riserve d’ægua a dispoxizion in ti periodi (*) de scarse preçipitazoin ciûvuse,
imponneivan particolæ mezûe pe riuscî a non asgrejâ ægua, diffiçiliscime
d’attuâ (*)
pe-o moddo, in
ûzo a quello tempo (ma ancon ancheu diffûzo in te vëgie case e in ti
caruggi) de
distribûzion a “forfait” con ripartitô e
spandenti; imponneivan ascì
restrizoin in
te l’erogazion de l’ægua dûçe di
condûti di privæ e do Commûn. De
votte e
emergenze, pæge a quelle de l’inizio di
anni vinti, portavan tanti disagi che a popolazion a
non poeiva ciù
sopportâ; coscì l’ægua sâ a l’ea stæta necessaja ‘n alternativa a l’ûzo de
quella düçe di
condûti pe servixi non necessaî a-e esiggenze do corpo ûman, benscì
necessaî pe l’igiene e l’attivitæ (*) de tûtti i
giorni da commûnitæ;
- a scituazion di coniggi, a quello tempo squæxi tûtti
a scistema (*) ûnitajo (tout-à- l’égout).
Squæxi tûtti i
coniggi servivan pe smaltî ægue gianche e neigre, ma ancon ancheu in te
çerte zone (*)
da Çittæ i coniggi son a scistema ûnitajo.
In tempi de secchëa,
quande non ciûviva pe tanto tempo e spûsse de chintann-a
procûavan
problemi a-a vitta de tûtti i giorni, coscì non de ræo se ricorriva a lavatûe
con
l’ægua do mâ
pe levâ, o diminuî, a spûssa e a formazion de incrostazoin;
- a scituazion de stradde da Çittæ, in bonna parte
co-o manto a Mac-Adam.
L’ægua sparsa
a favoriva a formazion, sorva a-o manto,
d’ûn stræto dûo e igroscopico
ch’o conferiva
a-o manto ‘n-a maggiô conservazion, ‘n minô disgregamento e ‘n-a limitä
formazion de
pûa. Ma in te ätre pavimentazoin (lastregæ, rissoæ o squæxi pæge) l’ægua
sâ a poeiva
causâ de serie lexoin, in particolâ a-i
cavalli che scûggiavan con façilitæ;
- i pöi veicoli in circolazion e postezæ.
Fin a-a fin di anni çinquanta o traffego a
Zena o no l’ëa “caotico” comme ancheu e o
postezo di veicoli lungo e stradde
da çittæ o l’ëa limitòu e ascì pö disordinòu e coscì l’ûso
de l’ægua de
mâ o l’ëa abbastanza (*) tolleròu, ascì ch’o favorisse a corroxion in te
tûtto
quello ch’o
contegnivan do færo (in particolâ a-e colisse da ræ do tram, tanto esteiza in
to
territojo da
çittæ fin a-i anni settanta;
- a
necessitæ de stramûâ a neive da-e stradde da çittæ (in ti anni trenta: squæxi
500 Km
de stradde
carrettë)
L’ægua sâ,
abbassando o punto de zeamento e aççelerando coscì a fûxion do stræto de
neive, a peu
ëse ûtile pe-e operazoin de stramûo da neive da-e stradde, ma o seu ûtilizzo o
l’é limitòu
da-a temperatûa a-o sêu.
L’é risacciòu
che sott’a çerte temperatûe minime l’é necessajo spantegâ di ätri prodûti
ancon ciù funzionali
in sce-o giasso e coscì a quello tempo, in aggiûtto a l’ægua de mâ e
sott’a çerte
temperatûe, l’ ëa ûsòu o coscì dîto “salaccio” (sâ ch’o no l’é bon pe cuxinâ),
non de ræo mescciôu
co-a sabbia o co-e prïette (in passòu s’ûsava ascì a çenee).
O progetto do Condûto d’ægua de mâ, stûdiòu e fæto da
l’allöa Inzegné do Commun, o prevedeiva a realizzazion de træ ræ e quæ avieivan
dovûo servî ätretante zone da çittæ (Levante, Centro e Ponente) con de
interconnescioin (*) pe consentî l’integrazion
e o bilanciamento fra de lö.
Dòppo ûn anno de düo travaggio a primma ræ (quella de levante)
a l’ëa in funzion, a-o contrajo e ätre, pe varie raxoin, no son ciù stæte
realizzæ.
In ti anni a seguî (a-a fin di anni vinti) son stæte
realizzæ çerte zunte a-a ræ existente (allunghimenti, neuve rammificazoin, e
atre) pe servî particolâ ûtilizzatoî
quæ l’Ûspiâ S.Martin, via XX Settembre, ciassa De Ferrari, corso Italia, o
Lazaèto, çerti mercoei e ätri.
In ti anni trenta, periodo de maggiô impiego de l’impianto, l’ægua de mâ a l’ëa ben ben
ûtilizzâ pe:
- sparzila pë stradde e nettezzâle e stramûâ a neive
con l’ûzo de maneghette inlassæ a-i
idranti, ma ascì con l’ûzo de cäri-botte,
tiæ da cavalli, de auto-botte e de tram-botte che
se caregavan e da-i idranti,
e da-e caladde do Porto e da-e fontann-e da ciassa
Tommaseo
(unn-a colissa a faxeiva avvixinâ o tram-botte a-e fontann-e);
- nettezzâ i tûbbi (*) (in particulâ quelli do centro storico da Çittæ);
- o servixo antincendio;
- e lavatûe di mercoei interessæ da-e ræ quæ: corso
Sardegna, Orientale, Terralba e ätri;
- l’alimentazion continua de çerti oinatöi e de çerte
fontann-e (in particolâ quelle zà
nominæ de
ciassa Tommaseo);
- i bagni terapeutici in te l’Ûspiâ S.Martin e in ti
stabilimenti privæ e i bagni de mâ
d’inverno
in to Diurno
de ciassa De Ferrari;
- l’alimentazion da vasca pe-i esperimenti (*) da
Scheua d’Inzegneria;
- a fornitûa continua a-e coltûe da Scheua de Biologia de Mâ da R. Ûniversitæ;
- ätri servixi temporanei pe eventi pûbblici e privæ.
L’ëa prevista ascì l’alimentazion da grande piscinn-a
scoverta do Complesso Sportivo in costruzion in Arbâ.
Proprietæ (Caratteristiche) de l’impianto
A preiza de l’ægua de mâ a l’ëa in t’ûn punto da Baja
de S. Giulian in proximitæ do longomâ Lombardo. A quello tempo (squæxi a-a
meitæ di anni vinti) a costëa de S. Giulian a l’ëa pinn-a de scheuggi
ch’impedivan a-a preiza d’ëse destûrbâ da-i maoxi e d’ëse ostruïa da-a sabbia.
L’ægua, pö sporca (inquinâ), a l’ëa
incannellâ pe mëzo d’ûn tûbbo (*) de færo (mm.600 de diametro e ciù de m.30 de
lunghezza) co-a bocca scistemâ (*) in to mâ averto e l’ätra estremitæ collegâ a
‘n tûnnel sotto tæra, praticabile e inspezionabile; l’ægua a l’ëa inviâ a ‘n-a
vasca de preiza, realizzâ sott’a-a passaggiâ do longomâ Lombardo, a meridion de
l’Abbazia de S.Giulian. E quote do fondo do tûnnel e da vasca ëan sott’a-o
livello do mâ in condizoin de minô marea.
L’ægua da vasca de preiza a l’ëa aspiâ da n. 2 pompe
de bronzo:
- ûnn-a da 4000 l/menûo (a regimme normâ da 2300 a 2500 l/menûo) de portâ, m. 120 de
prevalensa (*)
manometrica, azionâ da ‘n motô
elettrico a corrente alternâ trifase da
potensa (*) de
160 HP;
- l’ätra (de riserva) da 2000 l/menûo de portâ, m.110
de prevalensa, azionâ, a mëzo de
trasmixion co
‘n-a çengia da ‘n motô Diesel a duî tempi da potensa de 100 HP.
Tutt’e due e tûrbopompe, scistemæ in ti fondi de ‘n-a casa piccinn-a in longomâ Lombardo donde a-o cian de däto gh’ëa allögiòu
o custode, alimentavan, pe mëzo de ‘n tûbbo (*) in “Eternit” (mm. 250 de diametro), ‘n vascon
da mc.2000, realizzòu in c.a., pösòu in sce di pilastri in sce-a dorsâ a
settentrion do colle (forte) de S. Martin a m.83 in sce-o mâ.
Da-o vascon partiva o tûbbo (*) (in Eternit) prinçipâ
d’alimentazion da ræ (ascì lê in Eternit) de distribûzion in sce-o territojo di
quartei de S.Martin, S.Frûttuzo, Foxe e Portoja.
Ascì da-o tûbbo (*) de mandata (stazion de
pompaggio/vascon de S.Martin) ëan stæte derivæ çerte linee prinçipæ a servixo
de ræ de distribûzion, e coscì, proprio pe questo motivo, o mæximo tûbbo (*) de
mandata o sboccava in to fondo e non in ta parte de d’âto a-o vascon.
E dirammazoin prinçipä ëan træ. Due, zà nominæ,
partivan direttamente da-o tûbbo (*) d’alimentazion do vascon, andavan ûnn-a in
corso Italia fin a-o Lazaèto (pe quanto se sa, a no l’é stæta maiciù interconnessa con l’ätra ræ) e l’ätra
in via Pisa, via Arbâ, via F.Pozzo fin a-e vasche de ciassa Tommaseo. A terza a
partiva da-o vascon e a se dividdeiva (squæxi da-a casa do Stûdente) in due
dirammazoin:
- ûnn-a ch’a chinava fin a Terralba, a traversava ciassa Martinez e
ciassa Giusti, a
proseguiva pe
via Archimede e a l’andava verso corso Buenos Ayres;
- l’ätra ch’a l’andava pe tûtta via Montevideo, a traversava ciassa
Tommaseo, a continuava
pe corso
Buenos Ayres e a l’andava a ûnîse, vixin
a- o ponte Pila, con quella ch’a
vegniva da
Terralba. Ûnn-a derivazion de questo tûbbo (*) a l’andava a impî d’ægua sâ e
vasche de
ciassa Tommaseo.
Da-o punto de conflûenza-ponte
Pila- di sorva menzionnæ duî rammi de condûto, che vegnivan da Terralba e da
corso Buenos Ayres, partiva ‘n tûbbo (*) ch’o l’arrivava in ciassa De Ferrari dòppo
avei traversòu ciassa da Vittoja e proseguïo in sce-o fianco a monte de via XX Settembre.
In totale l’intrego svilûppo di tûbbi (*) (diametri da
mm. 50 a 250) o l’ëa de squæxi km.15; a ræ, in te zone (*) de maggiô ûtilitæ, a
l’ëa dotâ de ciù de 250 idranti, destaccæ
in media fra de lö de squæxi m. 40; e zuntûe elastiche di tûbbi (*) de
“Eternit” ëan de gomma (*) “Gibault”; e cûrve de raggio (*) piccin, i attacchi
pe-e derivazoin, pe-i idranti, pe-i sfiatatöj, e saracinesche e ascì tûtti i pessi speçiæ ëan de ghisa (*) catramâ a
cädo.
I costi pe-a realizzazion do Condûto son stæti de
squæxi 2 milloin de Lîe (Franchi). In to 1935 a speiza media in te ‘n anno da
gestion (*), compreixi: o guardianaggio, e riparazoin e o reneuvo di tûbbi (*),
zunti e pessi speçiâi, combûstibile, elettriçitæ e ätri, a l’ëa de squæxi £.
55.500 e o costo medio d’ûn metro cûbbo
d’ægua erogâ (erogazion in te l’anno de
squæxi mc.124.000) a l’ëa de £. 0,44 (non contando e perdite e l’interesse do
capitale investïo pe a costrûzion).
In to corso de l’ûrtima guæra , ma sorvatûtto in te
l’immediòu dòppoguæra, o Condûto o l’é stæto sacchezzòu: i zunti, i idranti e ascì e ätre struttûe metalliche, röba pregiâ pe quelli tempi
de restrizoin, ëan stæti röbæ con façilitæ da gente sensa scrûpoli. Ghe stæta ascì pöa attenzion in to preservâ e struttûe do
Condûto in to corso di tanti interventi de costrûzion e de manûtenzion fæti in
to dòppoguæra in sce-i traççæ di tûbbi (*); tanti træti da ræ han dovûo ëse
disattivæ pe-a raxion che son stæti destrûi in to corso di travaggi de
realizzazion de ätre opee. Questo e ascì pöe manûtenzoin e recûperi han portôu
e struttûe do Condûto a ‘n grave declin.
A ricostrûzion e o svilûppo di insediamenti, e trasformazoin e o potensiamento (*) de infrastruttûe da çittæ e de
l’intrego scistema di condûti, i cangiamenti da vitta mæxima di abitanti e ascì
o mâ sporco (inquinòu) han contribuïo
a ammermâ l’interesse in sce l’ûtilizzo
de l’ægua do mâ.
Çerti servixi ûtili pe-i çittadin (sparze ægua e lavâ
e stradde, nettezzâ i tûbbi (*), e ätri) son stæti tûtti desmissi, a-o contrajo
ätri (antincendio, stramûo da neive, pulitûa di oinatöi e di mercoei,
alimentazion de-e fontann-e, e ätri) son stæti sostituï con ægua potabile e
salaccio. A-a fin di anni settanta, dòppo ûn pö esaltante ûrtimo tentatïo de
rifornî e autobotte impegnæ in to stramûo da neive, o Commun de Zena o l’ha
piggiòu a decision de disattivâ tûtto l’impianto, o Condûto , e de dottâse de
motopompe carrelæ pe aspirâ l’ægua da-o mâ e caregâla in sce-e autobotte in
emergenza neive. In ti anni a seguî o Commûn o no l’ha ciù
ûtilizzòu l’ægua de mâ pe-o fæto ch’a gh’aveiva pöa
salinitæ, ma sorvatûtto pe a sporcizia (inquinamento) do mâ davanti a-a costëa
zeneize.
Ancheu de l’impianto resta solo quarche minima (*)
traçça: a casa do longomâ Lombardo zà da tempo destinâ a ûsi differenti da
quello originajo; o vascon de S.Martin, moltiscimo ûsuròu , o rexiste ancon a-o
tempo, ma o l’é minacciòu da neuvi insediamenti;
e fontann-e de ciassa Tommaseo son stæte restauræ,
ma zà da tempo vegne ûtilizzâ (cö ricircolo) l’ægua potabile (da beive).
Peu dâse che in sce-i traççæ da ræ de distribuzion ghe
segge ancon quarche cûrtiscimo e scordòu
træto de tûbbo (*) de Eternit e quarche targhetta de segnalazion di idranti.
Ancheu foscia l’é diffiçile pensâ a ‘n reûtilizzo de
l’ægua do mâ pe-i servixi de pubblica ûtilitæ. Comme zà dïto, e condizoin igieniche do mâ de fronte a squæxi
tûtta a costëa zeneize non permettan manco i bagni, de moddo che, pe segûessa,
saieiva necessajo ‘n bon trattamento de
depûrazion do liquido (*) aspiròu da-o mâ con costi pö economici; ma, ammisso che l’ægua da costëa zeneize a
posse fîto diventâ…bleu, saieiva diffiçile, pe-o traffego e pe-i posteggi de
ancheu, sparze e lavâ e stradde, a-o contrajo, l’ægua do mâ a porrieiva ëse
ûtile pe l’antincendio, pe l’emergenza
neive, pe-o caregamento de piscinn-e
, pe nettezzâ i mercoei e, ascì, i condûti non ancon separæ, pe-e cûre e, ascì,
e terapïe.
Çerto che l’ûtilizzzo de l’ægua nettezzä do mâ pe-i ûsi non alimentäi o porrieiva fâ risparmiâ da bonn-a ægua
potabile ch’a sciörte da-i nostri bronzin. O risparmio o porrieiva soddisfâ se
“ad adiuvandum” se faxesse fîto a modificâ, da scistema a forfait a quello a
contatö, di tanti, foscia anche troppi, vëgi impianti de distribûzion che ancon ancheu existan in ta çittæ.
L’Europa a l’accûsa nôiatri Italien pe-o fæto che
ûsemmo ægua minerale pe-o scarego di servixi igienici: se ammiemo in casa nostra (Ligûria) non se peu dâghe
torto. Fîto se doviemo confrontâ in sce-o problema “ægua” ascì co-i ätri Paixi
do Mondo, non solo con quelli do vegio Continente, che n’han ûnn-a gran
necessitæ pe no moî de sæ.
A cös’o peu
servî ancheu ‘n condûto d’ægua de mâ a Zena?
Fin a quande continuëmo a gödî da risorsa ch’a ne
provegne, ciæa e limpida (*), da-i nostri laghi de l’Appenin, a risposta a l’é
negativa e pe-i costi e pe-i problemi
che spuntieivan in to corso di travaggi.
L’idea de
realizzâ ‘n condûto d’ægua de mâ a porrieiva diventâ prioritaïa
solo in cäxo de ‘n-a malaugûrä serie de emergenze de ‘n-a çerta gravitæ, comme l’é successo a Zena in
ti anni 1922 e 1923-
Ancheu ätre son e necessitæ ciù ûrgenti e apprettanti
do territojo ligure, ma no se peu scartâ l’ipotexi che in avvegnî posse ëse piggiòu
in consciderazion o sfrûtamento de l’ægua do mâ.
Un condûto a Zena, se mai dovesse ësine prevista a
costrûzion, o dovià ëse adatto a-e esiggenze da maggiô parte do territojo
cittadin. O porrieiva ëse suddiviso in tanti impianti separæ, ma ascì fra lö interconnesci; porrieivan ëse
previsti di vascoin, piezometrici e
d’accûmulo, in sce-e artûe e ascì de vasche vixin a-i grandi insediamenti de
collinn-e.
Pægio a-o seu predecessô, a maggiô parte di componnenti de l’impianto (tûbbi (*), bocche d’erogazion, idranti, e ätri) a doviä ëse de materiale (*) rexistente a-a corroxion da sâ e, ascì, e stazoin de pompaggio,
dotæ de opportoin (*) grûppi de
emergenza, doviàn ëse scistemæ in ti ponti de minô espoxizion a-i moixi.
Pe evitâ de doveì scavâ in te zà tormentæ stradde çittadinn-e
i tûbbi (*) porrieivan ëse scistemæ in ti letti di sciûmmi, poscibilmente a-i
pê di päpeti o de ringhë; i traççæ doviàn ëse razionali e ascì funzionali.
Zena, 9 zenâ 2014
Francesco Boero (Bauer)
Note:
- con (*) sono stati segnati i
vocaboli riportati su un dizionario differente da quello,
solitamente da me consultato, di
Gio.Casaccia;
- in corsivo i vocaboli di cui non ho trovato traduzione (alcuni sono
stati da me
genovesizzati)
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