lunedì 20 aprile 2015

UN ACQUEDOTTO MARINO? OGGI POTREBBE ESSERE UTILE?

Francesco Boero

L’uso dell’acqua di mare per alcune tipologie di servizi potrebbe un giorno ritornare d’attualità e, probabilmente, qualcuno, ormai non più giovane, ricorderà suo padre, un suo parente o un altro anziano, che gli aveva parlato di un acquedotto marino funzionante nel periodo tra le due guerre mondiali e, con molte difficoltà, nel periodo postbellico fino alla fine degli anni ’70.
In effetti, le prolungate siccità degli anni 1922 e 23 avevano spinto l’Amministrazione del Municipio di Genova a prendere in considerazione (Deliberazione del C.C. n. 53 del 8 maggio 1922 e Atto del Commissario Prefettizio n. 112 del 3 giugno 1924), in attesa della realizzazione dell’acquedotto del Val Noci, l’esecuzione (primi in Italia) del già progettato Acquedotto Marino per i servizi pubblici cittadini.
A quel tempo l’utilizzo dell’acqua di mare per servizi alla cittadinanza, oltre che a Genova (per mezzo degli impianti di pompaggio delle Batterie del Vagno e Strega e dei carri botte per l’innaffiamento), era già stato adottato con soddisfacente successo da diverse città inglesi, tra cui Liverpool, e francesi, tra cui Le Havre.




A favorire l’utilizzo di tale risorsa hanno concorso, in particolare negli anni Venti e Trenta:

- la situazione idrica della Città (spesso in emergenza siccità).
  Le risorse idriche, disponibili nei periodi di scarse precipitazioni piovose, imponevano, sia  
  misure particolari per riuscire ad evitare sprechi, molto difficili da attuare a causa  
  del sistema in uso a quel tempo (ma ancor oggi abbastanza diffuso nei vecchi caseggiati
  e nel Centro Storico) di distribuzione a forfait con ripartitore e spandenti, sia restrizioni
  nell’erogazione dell’acqua potabile dei vari acquedotti civici e privati. Talvolta però le
  emergenze, tipo quelle dell’inizio degli anni Venti, creavano alla popolazione disagi tali
  da superare i limiti di sopportabilità, per cui si era resa necessaria un’alternativa
  all’impiego dell’acqua potabile degli acquedotti per servizi non basilari alle esigenze del
  corpo umano, ancorché necessari per l’igiene e l’attività quotidiana della collettività;




- la situazione delle fognature, a quel tempo quasi totalmente a sistema unitario (tout-à-
  l’égout).
  La maggior parte dei condotti fognari era adibita allo smaltimento delle acque bianche e
  nere (ma ancor oggi in alcune zone cittadine le fogne permangono a sistema unitario).
  Specialmente in tempi di siccità, quando in pratica venivano a mancare le acque piovane,     le forti emanazioni di odori sgradevoli dai tombini o dalle caditoie creavano non pochi
  problemi alla vita quotidiana, per cui spesso si ricorreva a lavaggi con acqua di mare allo
  scopo di eliminare, o, per lo meno, diminuire, il fetore e la formazione di incrostazioni;




- la situazione della rete stradale genovese, prevalentemente con manto a Mac-Adam.
  L’acqua innaffiata favoriva la formazione di uno strato indurito ed igroscopico superficiale,
  conferendo al manto una maggior conservazione, un minor disgregamento ed una
  contenuta formazione di polvere. Tuttavia, in altri tipi di pavimentazioni (lastricati,
  ciottolati e similari) l’acqua salsa poteva esser causa di seri inconvenienti, in particolare
  ai cavalli che facilmente scivolavano;
- il bassissimo numero di veicoli in circolazione e posteggiati.
  Fino alla fine degli anni Cinquanta il traffico a Genova non era caotico come ai giorni
  nostri ed il posteggio dei veicoli lungo le strade cittadine era molto limitato e normalmente
  corretto, perciò l’uso dell’acqua di mare era abbastanza tollerato, nonostante creasse
  problemi di corrosione a tutto ciò che conteneva metalli ferrosi (in particolare alle rotaie
  della rete tranviaria, molto estesa sul territorio fino agli anni Settanta).            
 - la necessità di sgomberare la neve dalle strade cittadine (negli anni Trenta: circa 500 km.
   di strade carrozzabili).
  L’acqua salata, abbassando il punto di congelamento ed accelerando quindi la fusione
  del manto nevoso, può esser molto utile nelle operazioni di sgombero della neve dalle
  strade cittadine, ma il suo utilizzo è fortemente limitato dalla temperatura al suolo. E’
  risaputo che sotto certe temperature minime è necessario il ricorso allo
  spargimento di altri prodotti molto più efficaci sugli strati ghiacciati, per cui a quel tempo,
  in aiuto all’acqua di mare e sotto certe temperature veniva usato, e viene usato
  tuttora, il “salaccio” (sale non commestibile), sovente miscelato con sabbia o risetta (in
  passato si usava anche la cenere). 




     Il progetto dell’Acquedotto Marino, redatto dall’allora Ingegnere Civico, prevedeva la realizzazione di tre reti, che avrebbero dovuto servire altrettante zone cittadine (orientale, centrale ed occidentale) con interconnessioni tra loro allo scopo di consentire l’integrazione ed il bilanciamento tra le stesse.
    Dopo un anno d’intenso lavoro la prima rete (quell’orientale) era entrata in regolare funzionamento; invece, le altre non ebbero per varie ragioni più alcun’attuazione.
     Negli anni successivi (fine anni Venti) vennero realizzate alcune integrazioni alla rete esistente (prolungamenti, nuove diramazioni e derivazioni) per raggiungere particolari utenze quali l’Ospedale S.Martino, Via XX Settembre, Piazza De Ferrari, Corso Italia, il Lazzaretto, alcuni Mercati, ecc.
    Negli anni Trenta, periodo di maggior impiego dell’impianto, l’acqua di mare era proficuamente utilizzata per:
-       l’innaffiamento, la pulizia delle strade e lo sgombero della neve, mediante l’uso di manichette allacciate agli idranti stradali, ma anche di carri botte, trainati da cavalli, autobotti e tram botte che si approvvigionavano direttamente dagli idranti stessi, dalle calate del Porto e dalle fontane di piazza Tommaseo (ove normalmente veniva caricato il tram botte) ;
-       la pulizia delle fognature (particolarmente quelle del Centro Storico cittadino);
-       il servizio antincendio;
-       i lavaggi dei Mercati interessati dalla rete quali Corso Sardegna, Orientale, Terralba, ecc.;
-       l’alimentazione continua di alcuni orinatoi e di alcune fontane (in particolare quelle già citate di Piazza Tommaseo);
-       i bagni terapeutici nell’Ospedale S.Martino ed in stabilimenti privati, e i bagni marini invernali nel Diurno di Piazza De Ferrari;
-       l’alimentazione della vasca sperimentale della Scuola d’Ingegneria;
-       la fornitura continua alle colture della scuola di Biologia marina della R.Università;
-       altri servizi di carattere temporaneo per eventi pubblici o privati.
Era prevista anche l’alimentazione della grande piscina scoperta del Complesso Sportivo a quel tempo in costruzione ad Albaro.




Caratteristiche dell’Impianto

La presa dell’acqua marina era effettuata in un punto della “Baia di S.Giuliano” in prossimità del Lungomare Lombardo. A quel tempo (circa a metà degli anni Venti) la costa di S.Giuliano era caratterizzata da scogliere che impedivano alla presa stessa di esser disturbata dal movimento ondoso e di essere intasata dalla sabbia. L’acqua, poco inquinata, era incanalata per mezzo di un tubo di ferro (mm. 600 di diametro ed oltre m. 30 di lunghezza) con la bocca rivolta al mare aperto e l’altra estremità collegata ad una galleria sotterranea, praticabile ed ispezionabile; essa era convogliata ad una vasca di presa, realizzata sotto la passeggiata di Lungomare Lombardo, a sud dell’Abbazia di S.Giuliano. 




Le quote di fondo della galleria e della vasca erano più basse del livello del mare in condizioni di minima marea.
L’acqua dalla vasca di presa era aspirata tramite N°2 turbopompe di bronzo:
-       una da 4000 l/min.(a regime normale 2300 - 2500 l/min) di portata, m. 120 di prevalenza monometrica, azionata da un motore elettrico a corrente alternata trifase della potenza di 160 HP;
-       l’altra (di riserva) da 2000 l/min. di portata, m. 110 di prevalenza, azionata a mezzo di trasmissione con cinghia da un motore Diesel a due tempi della potenza di 100 HP.
Entrambe le turbopompe, sistemate nei fondi di un piccolo fabbricato in Lungomare Lombardo al cui piano superiore era alloggiato il custode, alimentavano, tramite una tubazione in “Eternit” (mm. 250 di diametro), un serbatoio prismatico, avente capacità netta di mc. 2000, realizzato in c.a., posato su pilastri sulla dorsale nord del colle di S.Martino a quota m. 83 s.l.m..




Da detto serbatoio partiva la tubazione (in Eternit) principale d’alimentazione della rete (anch’essa in Eternit) di distribuzione sul territorio dei quartieri di S.Martino, S.Fruttuoso, Foce e Portoria.
Anche dalla tubazione di mandata (stazione di pompaggio/serbatoio di S.Martino) erano state derivate alcune linee principali a servizio di reti di distribuzione, per cui, proprio per tale motivo, la tubazione di mandata stessa sboccava sul fondo e non nella parte superiore del serbatoio.     
Le diramazioni principali erano tre. Due, già citate, partivano direttamente dalla tubazione d’alimentazione del serbatoio, seguivano i tracciati rispettivamente di corso Italia fino al Lazzaretto (per quanto a conoscenza, mai interconnessa con la restante rete) e di via Pisa, via Albaro, via F.Pozzo fino alle vasche di Piazza Tommaseo. La terza partiva dal serbatoio e si divideva (circa all’altezza della Casa dello Studente) in due diramazioni:
- una che discendeva verso Terralba, attraversava Piazza Martinez e Piazza Giusti e
   proseguendo per via Archimede andava a convergere su corso Buenos Ayres;
- l’altra che percorreva via Montevideo, attraversava piazza Tommaseo, continuava lungo
  corso Buenos Ayres ed andava a congiungersi con quella proveniente da Terralba nei
  pressi del Ponte Pila. Una derivazione di tale tubazione andava ad approvvigionare
  d’acqua salata le vasche di piazza Tommaseo.   
Dal punto di confluenza (Ponte Pila) dei suddetti due tronchi, provenienti rispettivamente da Terralba e da corso Buenos Ayres, partiva una tubazione che raggiungeva piazza De Ferrari, dopo aver attraversato Piazza della Vittoria e proseguito lungo il lato monte di via XX Settembre.
Complessivamente l’intero sviluppo delle tubazioni (diametri da mm. 50 a 250 ) era di circa 15 Km.; la rete, nelle zone di maggior utilità, era dotata di oltre N° 250  idranti stradali, collocati ad una distanza media l’uno dall’altro di circa m. 40; i giunti elastici delle tubazioni di “Eternit” erano del tipo in gomma “Gibault”; le curve a piccolo raggio, gli attacchi per le derivazioni, per gli idranti, gli sfiatatoi, le saracinesche ed in generale tutti i pezzi speciali erano in ghisa opportunamente catramata a caldo.  
I costi di realizzazione dell’Acquedotto furono di circa 2 milioni di Lire. Nel 1935 la spesa media annua di gestione, comprensiva di: guardianaggio, riparazioni e rinnovo tubazioni, giunti e pezzi speciali, combustibile, energia elettrica e varie, era di circa Lire 55.500 ed il costo medio di un metro cubo di acqua erogata (erogazione annua di circa mc. 124.000) era di L. 0,44 (senza contare perdite ed interesse del capitale investito nella costruzione).
Durante l’ultima guerra mondiale, ma soprattutto nell’immediato dopoguerra, l’acquedotto fu oggetto di vandalismi: i giunti, gli idranti e le altre strutture metalliche, materiali di particolare pregio per quei tempi di ristrettezze, erano facilmente rubati da gente senza scrupoli. Fu dedicata poca attenzione nel preservare le strutture acquedottistiche durante i molteplici interventi effettuati nel dopoguerra sui tracciati delle tubazioni; molti tratti della rete dovettero esser disattivati perché distrutti nel corso dei lavori di realizzazione di altre opere. Le suddette cause ed un’insufficiente opera di manutenzione e di recupero portarono le strutture acquedottistiche ad un inesorabile declino. La ricostruzione e lo sviluppo degli insediamenti, le trasformazioni ed il potenziamento delle infrastrutture cittadine e dell’intero sistema acquedottistico cittadino, i mutamenti della vita stessa degli abitanti ed anche l’inquinamento marino contribuirono a diminuire l’interesse verso l’utilizzo dell’acqua di mare. Alcuni servizi di civica utilità (innaffiamenti e lavaggi stradali, pulizia fognature, ecc.) furono completamente smessi, mentre altri (antincendio, sgombero neve, pulizia orinatoi e mercati, alimentazione fontane, ecc.) furono sostituiti con acqua potabile e salaccio. Alla fine degli anni settanta, a seguito di un poco esaltante ultimo tentativo di rifornire le autobotti impegnate nello sgombero della neve, il Comune di Genova prese la decisione di disattivare completamente l’impianto e di dotarsi di motopompe carrellate per l’aspirazione ed il caricamento delle autobotti in emergenza neve. Negli anni immediatamente successivi, il Comune giunse alla determinazione di non utilizzare più l’acqua marina a causa della sua scarsa salinità, ma soprattutto del preoccupante inquinamento del mare antistante la costa genovese.
Attualmente dell’impianto rimangono soltanto alcune piccole tracce: il fabbricato di Lungomare Lombardo ormai da tempo è stato destinato ad usi diversi da quello originario; il serbatoio di S.Martino, fortemente usurato, resiste ancora all’inclemenza del tempo, ma è fortemente minacciato da nuovi insediamenti; le fontane di piazza Tommaseo sono state recentemente restaurate, ma da parecchio tempo viene utilizzata (con ricircolo) acqua potabile. E’ probabile che lungo i tracciati della rete di distribuzione vi sia ancora qualche brevissimo e dimenticato tratto di tubazione di Eternit e qualche targhetta di segnalazione di idranti.

Oggi, forse, è impensabile un riutilizzo dell’acqua di mare per servizi di pubblica utilità. Intanto, come già detto, le condizioni igieniche del mare antistante la maggior parte del litorale genovese, non consentono…neppure la balneazione, per cui, per sicurezza, sarebbe necessario un preventivo trattamento di depurazione del liquido aspirato dal mare, con costi poco economici facilmente intuibili. Tuttavia, posto che l’acqua della costa genovese possa, quanto prima, diventare…blu, sarebbero abbastanza difficoltosi, stante l’attuale situazione di traffico e di posteggio, l’innaffiamento ed il lavaggio delle strade, mentre l’acqua stessa potrebbe esser utile per l’antincendio, per l’emergenza neve, per l’approvvigionamento di molte piscine, per la pulizia dei mercati e delle fognature non ancora separate, per le cure terapeutiche.
E’ indubbio che l’impiego d’acqua di mare pulita per scopi non alimentari gioverebbe al risparmio della buonissima acqua potabile dei nostri rubinetti. Il risparmio potrebbe essere ottimale se ad adiuvandum si procedesse rapidamente alla modifica (dal sistema  a forfait a quello a contatore) dei molti, forse troppi, vecchi impianti di distribuzione ancora esistenti in Città. L’Europa accusa noi Italiani di usare acqua minerale per gli sciacquoni dei servizi igienici: in effetti, se guardiamo in casa nostra (Liguria), non le si può dar torto! Presto dovremo confrontarci sul problema acqua con altri Paesi del Mondo (non soltanto con quelli del Vecchio Continente) che ne hanno un’estrema necessità per lenire i morsi della sete.     
A cosa può servire oggi un acquedotto marino a Genova? Finché continueremo a goderci la risorsa che ci proviene limpida dai nostri laghi appenninici la risposta è abbastanza negativa, sia per i costi che per i molti problemi che sorgerebbero nel corso dei lavori. L’idea di realizzare un acquedotto marino potrebbe diventare prioritaria soltanto a seguito di una malaugurata serie di grandi emergenze (come accadde a Genova negli anni 1922 e 1923). Altre sono adesso le necessità più urgenti e pressanti del territorio ligure, tuttavia, non si può neppure scartare a priori l’ipotesi che in futuro possano esser prese in considerazione iniziative di sfruttamento dell’acqua di mare.
Un acquedotto marino a Genova, se mai dovesse esserne prevista la costruzione, dovrà esser adeguato alle esigenze della maggior parte del territorio cittadino. Esso potrebbe esser suddiviso in più impianti tra loro interconnessi; potrebbero esser previsti più serbatoi, piezometrici e d’accumulo, sulle alture ed intermedi nelle vicinanze dei grandi insediamenti collinari.
Come l’antenato, la maggior parte dei componenti dell’impianto (tubazioni, bocche di erogazione, idranti, ecc.) dovrà esser di materiale resistente alla corrosione della salsedine e le stazioni di pompaggio, dotate di opportuni gruppi di emergenza, dovranno esser sistemate nei punti meno esposti all’impeto delle mareggiate.
Onde evitare scavi nelle già martoriate strade cittadine, le tubazioni potrebbero esser sistemate lungo gli alvei dei torrenti, possibilmente, al piede dei parapetti o delle ringhiere; i tracciati dovrebbero essere razionali oltre che funzionali.









Bibliografia:
I servizi di nettezza, di innaffiamento e di lavaggio della città di Genova, a cura dell’ing. G.L.Rodella.
Documenti dell’Archivio Storico del Comune di Genova 

in genovese




Un condûto d’ægua de mâ? Ancheu o porriæ ëse ûtile?

L’ûzo de l’ægua do mâ pe çerti servixi o porriæ ‘n giorno tornâ d’attualitæ (*) e, probabilmente quarchedûn, zà d’etæ, o l’arregordiâ seu poæ, ‘n seu parente o ‘n ätro anzian, ch’o gh’aveiva parlòu do Condûto d’ægua de mâ in funzion  in to mëzo de-e due guære mondiali e, ascì, ma con tante difficoltæ, da-a fin de l’ûrtima guæra fin a-a fin di anni ’70.
E prolungæ sciûghë (o secchë) di anni 1922 e 23 aveivan convinto l’Amministrazion do Muniçipio de Zena a piggiâ ‘n consciderazion (Deliberazion do C.C. n. 53 de l’ 8 mazzo 1922 e Atto do Commissajo Prefettizio n. 112 do 3 zugno 1924), in atteiza da realizzazion do Condûto d’ægua düçe da Val Noxæo, a costrûzion (primmi in Italia) do zà progettòu Condûto d’ægua de mâ pe-i servixi pûbblici çittadin.
A quelli  tempi l’ægua de mâ pe-i servixi a-a çittadinanza  a l’ëa zà in ûzo a Zena co-i impianti (*) de pompaggio de-e Batterie do Vagno e da Strega e di cäri-botte pe-o sparzimento, ma ascì, con soddisfazion, da tante çittæ ingleixi, comme Liverpool, e françeixi, comme Le Havre.
A favorî l’ûzo de l’ægua do mâ han concorso, in particolâ in ti anni vinti e trenta:
- a scituazion (*) idrica da Çittæ, de spesso in emergensa  pe-a sciûghëa.
  E riserve d’ægua a dispoxizion in ti periodi (*) de scarse preçipitazoin ciûvuse,
  imponneivan  particolæ mezûe pe riuscî a non asgrejâ ægua, diffiçiliscime d’attuâ (*)
  pe-o moddo, in ûzo a quello tempo (ma ancon ancheu diffûzo in te vëgie case e in ti  
  caruggi) de distribûzion a “forfait” con ripartitô e spandenti; imponneivan ascì
  restrizoin in te l’erogazion de l’ægua dûçe di condûti di privæ e do Commûn. De votte e
  emergenze, pæge a quelle de l’inizio di anni vinti, portavan tanti disagi che a popolazion a
  non poeiva ciù sopportâ; coscì l’ægua sâ a l’ea stæta necessaja ‘n alternativa a l’ûzo de
  quella düçe di condûti pe servixi non necessaî a-e esiggenze do corpo ûman, benscì
  necessaî pe l’igiene e l’attivitæ (*) de tûtti i giorni da commûnitæ;
- a scituazion di coniggi, a quello tempo squæxi tûtti a scistema (*) ûnitajo (tout-à- l’égout).
  Squæxi tûtti i coniggi servivan pe smaltî ægue gianche e neigre, ma ancon ancheu in te
  çerte zone (*) da Çittæ i coniggi son a scistema ûnitajo.
  In tempi de secchëa, quande non ciûviva pe tanto tempo e spûsse de chintann-a
  procûavan problemi a-a vitta de tûtti i giorni, coscì non de ræo se ricorriva a lavatûe con
  l’ægua do mâ pe levâ, o diminuî, a spûssa e a formazion de incrostazoin;
- a scituazion de stradde da Çittæ, in bonna parte co-o manto a Mac-Adam.
  L’ægua sparsa a favoriva a formazion, sorva a-o manto, d’ûn stræto dûo e igroscopico 
  ch’o conferiva a-o manto ‘n-a maggiô conservazion, ‘n minô disgregamento e ‘n-a limitä                                                                                                        
  formazion de pûa. Ma in te ätre pavimentazoin (lastregæ, rissoæ o squæxi pæge) l’ægua    
  sâ a poeiva causâ de serie lexoin, in particolâ a-i cavalli che scûggiavan con façilitæ;                                                                                                                                                                                                                 
i pöi veicoli in circolazion e postezæ.
   Fin a-a fin di anni çinquanta o traffego a Zena o no l’ëa “caotico” comme ancheu e o
   postezo di veicoli lungo e stradde da çittæ o l’ëa limitòu e ascì pö disordinòu e coscì l’ûso
   de l’ægua de mâ o l’ëa abbastanza (*) tolleròu, ascì ch’o favorisse a corroxion in te tûtto  
   quello ch’o contegnivan do færo (in particolâ a-e colisse da ræ do tram, tanto esteiza in to
   territojo da çittæ fin a-i anni settanta;
 - a necessitæ de stramûâ a neive da-e stradde da çittæ (in ti anni trenta: squæxi 500 Km
   de stradde carrettë)
   L’ægua sâ, abbassando o punto de zeamento e aççelerando coscì a fûxion do stræto de
   neive, a peu ëse ûtile pe-e operazoin de stramûo da neive da-e stradde, ma o seu ûtilizzo o
   l’é limitòu da-a temperatûa a-o sêu.
   L’é risacciòu che sott’a çerte temperatûe minime l’é necessajo spantegâ di ätri prodûti
   ancon ciù funzionali in sce-o giasso e coscì a quello tempo, in aggiûtto a l’ægua de mâ e
   sott’a çerte temperatûe, l’ ëa ûsòu o coscì dîto “salaccio” (sâ ch’o no l’é bon pe cuxinâ),
   non de ræo mescciôu co-a sabbia o co-e prïette (in passòu s’ûsava ascì a çenee).
O progetto do Condûto d’ægua de mâ, stûdiòu e fæto da l’allöa Inzegné do Commun, o prevedeiva a realizzazion de træ ræ e quæ avieivan dovûo servî ätretante zone da çittæ (Levante, Centro e Ponente) con de interconnescioin (*) pe consentî l’integrazion e o bilanciamento fra de lö.
Dòppo ûn anno de düo travaggio a primma ræ (quella de levante) a l’ëa in funzion, a-o contrajo e ätre, pe varie raxoin, no son ciù stæte realizzæ.
In ti anni a seguî (a-a fin di anni vinti) son stæte realizzæ çerte zunte a-a ræ existente (allunghimenti, neuve rammificazoin, e atre) pe servî particolâ ûtilizzatoî quæ l’Ûspiâ S.Martin, via XX Settembre, ciassa De Ferrari, corso Italia, o Lazaèto, çerti mercoei e ätri.
In ti anni trenta, periodo de maggiô impiego de l’impianto, l’ægua de mâ a l’ëa ben ben ûtilizzâ pe:
- sparzila pë stradde e nettezzâle e stramûâ a neive con l’ûzo de maneghette inlassæ a-i
  idranti, ma ascì con l’ûzo de cäri-botte, tiæ da cavalli, de auto-botte e de tram-botte che
  se caregavan  e da-i idranti, e da-e caladde do Porto e da-e fontann-e da ciassa
  Tommaseo (unn-a colissa a faxeiva avvixinâ o tram-botte a-e fontann-e);
- nettezzâ i tûbbi (*) (in particulâ quelli do centro storico da Çittæ);
- o servixo antincendio;
- e lavatûe di mercoei interessæ da-e ræ quæ: corso Sardegna, Orientale, Terralba e ätri;
- l’alimentazion continua de çerti oinatöi e de çerte fontann-e (in particolâ quelle zà
  nominæ de ciassa Tommaseo);
- i bagni terapeutici in te l’Ûspiâ S.Martin e in ti stabilimenti privæ e i bagni de mâ d’inverno
  in to Diurno de ciassa De Ferrari;
- l’alimentazion da vasca pe-i esperimenti (*) da Scheua d’Inzegneria;
- a fornitûa continua a-e coltûe da Scheua de Biologia de Mâ da R. Ûniversitæ;
- ätri servixi temporanei pe eventi pûbblici e privæ.
L’ëa prevista ascì l’alimentazion da grande piscinn-a scoverta do Complesso Sportivo in costruzion in Arbâ.

Proprietæ (Caratteristiche) de l’impianto
   
A preiza de l’ægua de mâ a l’ëa in t’ûn punto da Baja de S. Giulian in proximitæ do longomâ Lombardo. A quello tempo (squæxi a-a meitæ di anni vinti) a costëa de S. Giulian a l’ëa pinn-a de scheuggi ch’impedivan a-a preiza d’ëse destûrbâ da-i maoxi e d’ëse ostruïa da-a sabbia. L’ægua, pö sporca (inquinâ), a l’ëa incannellâ pe mëzo d’ûn tûbbo (*) de færo (mm.600 de diametro e ciù de m.30 de lunghezza) co-a bocca scistemâ (*) in to mâ averto e l’ätra estremitæ collegâ a ‘n tûnnel sotto tæra, praticabile e inspezionabile; l’ægua a l’ëa inviâ a ‘n-a vasca de preiza, realizzâ sott’a-a passaggiâ do longomâ Lombardo, a meridion de l’Abbazia de S.Giulian. E quote do fondo do tûnnel e da vasca ëan sott’a-o livello do mâ in condizoin de minô marea.
L’ægua da vasca de preiza a l’ëa aspiâ da n. 2 pompe de bronzo:
- ûnn-a da 4000 l/menûo (a regimme normâ da 2300 a 2500 l/menûo) de portâ, m. 120 de
  prevalensa (*) manometrica, azionâ da ‘n motô elettrico a corrente alternâ trifase da
  potensa (*) de 160 HP;
- l’ätra (de riserva) da 2000 l/menûo de portâ, m.110 de prevalensa, azionâ, a mëzo de
  trasmixion co ‘n-a çengia da ‘n motô Diesel a duî tempi da potensa de 100 HP.
Tutt’e due e tûrbopompe, scistemæ in ti fondi de ‘n-a casa piccinn-a in longomâ  Lombardo donde a-o cian de däto gh’ëa allögiòu o custode, alimentavan, pe mëzo de ‘n tûbbo (*)  in “Eternit” (mm. 250 de diametro), ‘n vascon da mc.2000, realizzòu in c.a., pösòu in sce di pilastri in sce-a dorsâ a settentrion do colle (forte) de S. Martin a m.83 in sce-o mâ.
Da-o vascon partiva o tûbbo (*) (in Eternit) prinçipâ d’alimentazion da ræ (ascì lê in Eternit) de distribûzion in sce-o territojo di quartei de S.Martin, S.Frûttuzo, Foxe e Portoja.
Ascì da-o tûbbo (*) de mandata (stazion de pompaggio/vascon de S.Martin) ëan stæte derivæ çerte linee prinçipæ a servixo de ræ de distribûzion, e coscì, proprio pe questo motivo, o mæximo tûbbo (*) de mandata o sboccava in to fondo e non in ta parte de d’âto a-o vascon.
E dirammazoin prinçipä ëan træ. Due, zà nominæ, partivan direttamente da-o tûbbo (*)  d’alimentazion do vascon, andavan ûnn-a in corso Italia fin a-o Lazaèto (pe quanto se sa, a no l’é stæta maiciù interconnessa con l’ätra ræ) e l’ätra in via Pisa, via Arbâ, via F.Pozzo fin a-e vasche de ciassa Tommaseo. A terza a partiva da-o vascon e a se dividdeiva (squæxi da-a casa do Stûdente) in due dirammazoin:                                                                                                           - ûnn-a ch’a chinava fin a Terralba, a traversava ciassa Martinez e ciassa Giusti, a
  proseguiva pe via Archimede e a l’andava verso corso Buenos Ayres;                                                - l’ätra ch’a l’andava pe tûtta via Montevideo, a traversava ciassa Tommaseo, a continuava
  pe corso Buenos Ayres e a l’andava a ûnîse, vixin a- o ponte Pila, con quella ch’a
  vegniva da Terralba. Ûnn-a derivazion de questo tûbbo (*) a l’andava a impî d’ægua sâ e
  vasche de ciassa Tommaseo.
Da-o punto de conflûenza-ponte Pila- di sorva menzionnæ duî rammi de condûto, che vegnivan da Terralba e da corso Buenos Ayres, partiva ‘n tûbbo (*) ch’o l’arrivava in ciassa De Ferrari dòppo avei traversòu ciassa da Vittoja e proseguïo in sce-o fianco a monte de via XX Settembre.
In totale l’intrego svilûppo di tûbbi (*) (diametri da mm. 50 a 250) o l’ëa de squæxi km.15; a ræ, in te zone (*) de maggiô ûtilitæ, a l’ëa dotâ de ciù de 250 idranti, destaccæ in media fra de lö de squæxi m. 40; e zuntûe elastiche di tûbbi (*) de “Eternit” ëan de gomma (*) “Gibault”; e cûrve de raggio (*) piccin, i attacchi pe-e derivazoin, pe-i idranti, pe-i sfiatatöj, e saracinesche e ascì tûtti i pessi speçiæ ëan de ghisa (*) catramâ a cädo.
I costi pe-a realizzazion do Condûto son stæti de squæxi 2 milloin de Lîe (Franchi). In to 1935 a speiza media in te ‘n anno da gestion (*), compreixi: o guardianaggio, e riparazoin e o reneuvo di tûbbi (*), zunti e pessi speçiâi, combûstibile, elettriçitæ e ätri, a l’ëa de squæxi £. 55.500 e o costo medio d’ûn metro cûbbo d’ægua erogâ (erogazion in te l’anno de squæxi mc.124.000) a l’ëa de £. 0,44 (non contando e perdite e l’interesse do capitale investïo pe a costrûzion).
In to corso de l’ûrtima guæra , ma sorvatûtto in te l’immediòu dòppoguæra, o Condûto o l’é stæto sacchezzòu: i zunti, i idranti e ascì e ätre struttûe metalliche, röba pregiâ pe quelli tempi de restrizoin, ëan stæti röbæ con façilitæ da gente sensa scrûpoli. Ghe stæta ascì pöa attenzion in to preservâ e struttûe do Condûto in to corso di tanti interventi de costrûzion e de manûtenzion fæti in to dòppoguæra in sce-i traççæ di tûbbi (*); tanti træti da ræ han dovûo ëse disattivæ pe-a raxion che son stæti destrûi in to corso di travaggi de realizzazion de ätre opee. Questo e ascì pöe manûtenzoin e recûperi han portôu e struttûe do Condûto a ‘n grave declin.
A ricostrûzion e o svilûppo di insediamenti, e trasformazoin e o potensiamento (*) de infrastruttûe da çittæ e de l’intrego scistema di condûti, i cangiamenti da vitta mæxima di abitanti e ascì o mâ sporco (inquinòu) han contribuïo a ammermâ l’interesse  in sce l’ûtilizzo de l’ægua do mâ.
Çerti servixi ûtili pe-i çittadin (sparze ægua e lavâ e stradde, nettezzâ i tûbbi (*), e ätri) son stæti tûtti desmissi, a-o contrajo ätri (antincendio, stramûo da neive, pulitûa di oinatöi e di mercoei, alimentazion de-e fontann-e, e ätri) son stæti sostituï con ægua potabile e salaccio. A-a fin di anni settanta, dòppo ûn pö esaltante ûrtimo tentatïo de rifornî e autobotte impegnæ in to stramûo da neive, o Commun de Zena o l’ha piggiòu a decision de disattivâ tûtto l’impianto, o Condûto , e de dottâse de motopompe carrelæ pe aspirâ l’ægua da-o mâ e caregâla in sce-e autobotte in emergenza neive. In ti anni a seguî o Commûn o no l’ha ciù
ûtilizzòu l’ægua de mâ pe-o fæto ch’a gh’aveiva pöa salinitæ, ma sorvatûtto pe  a sporcizia (inquinamento) do mâ davanti a-a costëa zeneize.
Ancheu de l’impianto resta solo quarche minima (*) traçça: a casa do longomâ Lombardo zà da tempo destinâ a ûsi differenti da quello originajo; o vascon de S.Martin, moltiscimo ûsuròu , o rexiste ancon a-o tempo, ma o l’é minacciòu da neuvi insediamenti; e fontann-e de ciassa Tommaseo son stæte restauræ, ma zà da tempo vegne ûtilizzâ (cö ricircolo) l’ægua potabile (da beive).
Peu dâse che in sce-i traççæ da ræ de distribuzion ghe segge ancon quarche cûrtiscimo e scordòu  træto de tûbbo (*) de Eternit e quarche targhetta de segnalazion di idranti.
Ancheu foscia l’é diffiçile pensâ a ‘n reûtilizzo de l’ægua do mâ pe-i servixi de pubblica ûtilitæ. Comme zà dïto, e condizoin igieniche do mâ de fronte a squæxi tûtta a costëa zeneize non permettan manco i bagni, de moddo che, pe segûessa, saieiva necessajo ‘n bon trattamento de depûrazion do liquido (*) aspiròu da-o mâ con costi pö economici; ma, ammisso che l’ægua da costëa zeneize a posse fîto diventâ…bleu, saieiva diffiçile, pe-o traffego e pe-i posteggi de ancheu, sparze e lavâ e stradde, a-o contrajo, l’ægua do mâ a porrieiva ëse ûtile pe l’antincendio, pe l’emergenza neive, pe-o caregamento de piscinn-e , pe nettezzâ i mercoei e, ascì, i condûti non ancon separæ, pe-e cûre e, ascì, e terapïe.
Çerto che l’ûtilizzzo de l’ægua nettezzä do mâ pe-i ûsi non alimentäi o porrieiva fâ risparmiâ da bonn-a ægua potabile ch’a sciörte da-i nostri bronzin. O risparmio o porrieiva soddisfâ se “ad adiuvandum” se faxesse fîto a modificâ, da scistema a forfait a quello a contatö, di tanti, foscia anche troppi, vëgi impianti de distribûzion che ancon ancheu existan in ta çittæ.
L’Europa a l’accûsa nôiatri Italien pe-o fæto che ûsemmo ægua minerale pe-o scarego di servixi igienici: se ammiemo in casa nostra (Ligûria) non se peu dâghe torto. Fîto se doviemo confrontâ in sce-o problema “ægua” ascì co-i ätri Paixi do Mondo, non solo con quelli do vegio Continente, che n’han ûnn-a gran necessitæ pe no moî de sæ.
A cös’o peu servî ancheu ‘n condûto d’ægua de mâ a Zena?
Fin a quande continuëmo a gödî da risorsa ch’a ne provegne, ciæa e limpida (*), da-i nostri laghi de l’Appenin, a risposta a l’é negativa e pe-i costi e pe-i problemi che spuntieivan in to corso di travaggi.
L’idea de realizzâ ‘n condûto d’ægua de mâ a porrieiva diventâ  prioritaïa solo in cäxo de ‘n-a malaugûrä serie de emergenze de ‘n-a  çerta gravitæ, comme l’é successo a Zena in ti anni 1922 e 1923-
Ancheu ätre son e necessitæ ciù ûrgenti e apprettanti do territojo ligure, ma no se peu scartâ l’ipotexi che in avvegnî posse ëse piggiòu in consciderazion o sfrûtamento de l’ægua do mâ.
Un condûto a Zena, se mai dovesse ësine prevista a costrûzion, o dovià ëse adatto a-e esiggenze da maggiô parte do territojo cittadin. O porrieiva ëse suddiviso in tanti impianti separæ, ma ascì fra lö interconnesci; porrieivan ëse previsti di vascoin, piezometrici e d’accûmulo, in sce-e artûe e ascì de vasche vixin a-i grandi insediamenti de collinn-e.
Pægio a-o seu predecessô, a maggiô parte di componnenti de l’impianto (tûbbi (*), bocche d’erogazion, idranti, e ätri) a doviä ëse de materiale (*) rexistente a-a corroxion da sâ e, ascì, e stazoin de pompaggio, dotæ de opportoin (*) grûppi de emergenza, doviàn ëse scistemæ in ti ponti de minô espoxizion a-i moixi.
Pe evitâ de doveì scavâ in te zà tormentæ stradde çittadinn-e i tûbbi (*) porrieivan ëse scistemæ in ti letti di sciûmmi, poscibilmente a-i pê di päpeti o de ringhë; i traççæ doviàn ëse razionali e ascì funzionali.
 
 Zena, 9 zenâ 2014     
                                                                          
                                                                              Francesco Boero  (Bauer)         

Note:
- con (*) sono stati segnati  i vocaboli riportati su un dizionario differente da quello,
  solitamente da me consultato, di Gio.Casaccia;
- in corsivo i vocaboli di cui non ho trovato traduzione (alcuni sono stati da me
  genovesizzati)


  

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