lunedì 8 aprile 2019

IL GRIFO NELLA TRADIZIONE GENOVESE



Severino Fossati  con la collaborazione di Edoardo Maragliano
Tutti sanno che lo scudo rosso-crociato dello Stemma di Genova è sostenuto da due grifoni, che la squadra di calcio del Genoa ha come simbolo il grifone, che sul distintivo della “A Compagna” è presente un grifone, che alcune antiche monete di Genova (i quartari1) riportano l’effigie del grifone; diventa allora logico porsi il seguente interrogativo: da dove proviene, nella tradizione genovese, l’immagine del grifone2?
La risposta è duplice.
La prima ci proviene da un’opera letteraria molto diffusa nel Medioevo, i Bestiari3, da cui si potevano apprendere le proprietà di molti animali, anche di quelli fantastici. I Bestiari diffondono la leggenda che voleva i grifoni guardiani di tesori nascosti ed in particolare quelli costituiti da smeraldi, pietre che vengono accostate al simbolismo eucaristico.
A Genova questa peculiarità assunse un’importanza rilevante in quanto fu connessa al fatto che nella cattedrale si conservava, e si conserva tutt’ora, un tesoro d’inestimabile valore: il Sacro Catino.
Questa preziosissima reliquia (accostata all’episodio dell’Ultima Cena) è spesso, erroneamente, identificata con il Santo Graal e ritenuta di smeraldo (il materiale è di vetro colorato): il “vaso” fu portato a Genova da Guglielmo Embriaco da Cesarea in Terra Santa nel 11014.
Il grifo-guardiano unisce la funzione metaforica di figura della città come potenza vigile, accorta, guardinga e la funzione di guardiano della “reliquia smeraldina”. Difensore di molte cose preziose, il grifo era posto spesso a difesa degli ingressi delle chiese. Ma uno dei loci comune più frequenti della cultura genovese del XII secolo era l’identificazione fra la porta e la città. Già dal X secolo, infatti, il toponimo latino della città, Genua, fu tralasciato per impiegare un’altra forma, Janua, che alludesse apertamente al concetto di “porta”, e al destino di una città in fase di pieno sviluppo economico, porta fra Mediterraneo, Italia e Europa. In ultima analisi, pertanto, il “tesoro” di cui il grifo doveva essere il solerte custode erano la città stessa e la sua pace.
La seconda spiegazione, di minor immediatezza, ma forse più pregnante della prima è la seguente: l’immagine del grifo doveva essere rimasta impressa nella memoria collettiva in quanto già presente tra la popolazione autoctona ancor prima della nascita di Genova. Infatti l’immagine del grifo, secondo quanto riporta l’enciclopedia britannica, è già presente in Oriente nel secondo millennio a.C., si ritrova nell’Asia occidentale intorno al 1500 a.C., era comune nell’isola di Creta più o meno in questo stesso periodo e da qui nel 1400 a.C. circa giunge anche in Grecia. L’enciclopedia dice anche che il grifo era considerato “sacro” e che compariva frequentemente nei santuari e sulle tombe.
Se quindi l’immagine del grifo non è nata a Genova, come e perché vi è giunta?
Per rispondere a questa domanda è doveroso aprire una parentesi.
Durante il corso degli scavi sulla collina di San Silvestro, condotti dal Centro Ligure per la Storia Materiale (ISCUM) a cui anche noi abbiamo preso parte attiva5, si sono rinvenuti preziosi reperti per la definizione del primo “insediamento urbano” della nostra città. In particolare sulla sommità della collina, vicino ai ruderi6 della Chiesa di San Silvestro, si sono trovati due robusti tratti di cinta difensiva rivolti a levante databili, attraverso reperti ceramici e bronzei, ad un periodo posto tra il VI ed il III secolo a.C.
Tra i reperti ceramici si è trovata non solo ceramica etrusca ed indigena ma anche quella greca e massaliota: quest’ultima è di facile attribuzione in quanto è la sola a contenere tracce di mica che, brillando, è facilmente riconoscibile. Tali reperti sono perfettamente in armonia con le pubblicazioni che stabiliscono che la nascita di Genova sia dovuta proprio al fatto d’essere stata un punto d’incontro tra navigatori greci, massalioti, etruschi ed una popolazione indigena che aveva preso stanza sulle alture della collina di San Silvestro7.
Per quanto riguarda la colonizzazione greca nel bacino occidentale del Mediterraneo, gli storici8 sono concordi nel sostenere che i focesi9 di Focea pressati dai persiani, abbiano ricercato nuovi insediamenti anche molto lontani dallo loro patria e precisamente non solo in Corsica (Aleria), Magna Grecia (Regio), Lucania (Velia), Iberia (Maenaca) ma anche e soprattutto a Massalia (l’odierna Marsiglia).
Se diamo per certa questa “informazione”, è plausibile ritenere, quindi, che i greci-focesi direttamente, o soprattutto indirettamente, attraverso i loro coloni massalioti, abbiano intrattenuto stretti rapporti con l’emporio genuate.
Dalla voce FOCEA, sull’ Enciclopedia Treccani, possiamo leggere quanto segue:
«Focea: antica città dell’Asia Minore, fondata secondo la tradizione, dagli ateniesi e da emigranti della Focide. Essa fu dominata dapprima da discendenti di Codro e aderì alla confederazione ionica […] La monetazione10 dell’antica Focea – fra le più antiche e celebri del mondo classico – attesta, nei suoi pezzi di elettro (denominazione data ad una lega di argento e d’oro), coi simboli del grifone e della foca (detti perciò nell’antichità “i focaici”), un sistema speciale di fusione; essa perdura fino ad Alessandro Magno».
A questo riguardo è doveroso precisare che sulle monete focesi vi è sempre il grifo o la testa di foca, mentre sulle monete massaliote si riscontra l’immagine del grifo, in un primo periodo, e l’immagine del leone per le epoche successive, da cui il golfo di Marsiglia prende il nome di Golfo del Leone.
Possiamo quindi pensare che l’immagine del grifone sia rimasta così impressa nella memoria collettiva tanto da indurne la riproduzione sulle monete dei quartari, allorquando l’Imperatore Corrado II concesse, nel 113911, la facoltà di battere moneta.
A Genova la decisione d’adottare12 il grifo, anche quale simbolo ufficiale, avvenne solo verso i primi decenni del XIII secolo e cioè nel pieno del conflitto tra il pontefice Innocenzo IV (dei conti Fieschi) e l’Imperatore Federico II (della casata di Svevia).
La scelta cadde sul grifo in quanto esso, essendo per metà aquila (simbolo dell’Impero) e per metà Leone (simbolo della papato), rappresentava non solo un compromesso per comporre le discordie tra i ghibellini (fautori dell’impero) e i guelfi (fautori del papato), ma anche un indirizzo politico di “autonomia comunale”, una sorta di “terza via”, come si direbbe oggi.
Per questi motivi nel 1226 si commissionò al “magistro campanario Oberto” l’esecuzione d’un grifo bronzeo da collocare in duomo. Esso vi rimase fino al 1296, anno in cui, a seguito di gravissimi disordini, il duomo fu incendiato ed anche il grifo bronzeo andò disperso o distrutto13.
Quando dieci anni dopo si trattò di riparare i danni subiti dalla cattedrale, si volle che del grifo distrutto se ne facesse una copia in marmo. Questa copia stette in duomo fino al 1797 e cioè fin quando fu venduta al marchese Alessandro Pallavicini (1800 – 1881), Questi fra il 1837 ed il 1846 aveva fatto costruire, dall’architetto Michele Canzio (1787 – 1868), una villa a Pegli dove riutilizzò il grifo trecentesco per decorare una fittizia “tomba dell’eroe”14. Solo nel 1985 il grifo marmoreo fu trasferito nel Museo di Sant’Agostino.
Inoltre è interessante ricordare anche l’esistenza di un gruppo marmoreo posto in fronte a Palazzo San Giorgio tra il 1284 e il 1290. Tale gruppo marmoreo, andato perso o distrutto e di cui abbiamo solo notizia dal manoscritto15 settecentesco di Domenico Piaggio, era formato da un grifo16 sovrapposto ad un’aquila (l’impero) e ad una volpe (Pisa): è da ricordare che in questo periodo Genova vinse i pisani nella battaglia della Meloria. Il senso di questa scultura era “completato” dal minaccioso motto dell’iscrizione sottostante: Griphus ut has angit sic hostes Janua frangit (come il grifo addenta l’aquila e la volpe, così Genova fa a pezzi i nemici17).
In conclusione potrebbe essere molto plausibile pensare che l’immagine del grifo sia stata esportata a Genova soprattutto dai coloni massalioti che, come sappiamo, sono a loro volta originari di Focea: lo stesso luogo in cui i genovesi fondarono, in epoca medievale, una loro “colonia commerciale”.
A questo punto possiamo porci la seguente domanda: «esiste in Genova un qualcosa che ricordi Focea, questa polis dapprima colonizzatrice di Marsiglia e poi colonia genovese da cui è stata tratta l’immagine del grifo?»
Per rispondere a questa domanda si è obbligati a risolvere una sorta di “enigma” (celato nel centro storico cittadino), talmente curioso da dare l’avvio alla stesura del presente articolo.
Ecco l’enigma: quando si percorre via Gramsci si può osservare che due vicoli che vi sboccano si chiamano vico foglie nuove e vico foglie vecchie!
Se vogliamo conoscere la ragione di questi toponimi bisogna consultare lo stradario di Monsignor Castagna18, dal quale si apprende che queste “denominazioni stradali” sono il frutto di una doppia distorsione della parola Focea.
Infatti in genovese la parola Focea diventa Foxia, che successivamente non viene capita come Focea ma come “foglia”, quindi traslata in Feuggie, e quindi italianizzata in foglie. E che questa soluzione sia esatta ci viene confermata dal fatto che in effetti vi sono due Focee, una nuova e una vecchia.


NOTE
1) Tra il XII e il XIII secolo fu emessa una moneta del valore di un quarto di denaro. E’ una moneta molto piccola con un titolo di argento intorno al 20/1000. Ha un diametro di ca. 15 mm. La decisione di raffigurare il grifone avvenne nella prima metà del XIII secolo.
2) Nell’antico Oriente era già presente una “creatura mista” (nella cultura assira) da cui è derivato il “Cherubino” ebraico. Nel Medioevo il grifone rappresenta simbolicamente Gesù nella sua doppia natura, umana (il leone) e divina (l’aquila). Cf. DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia – Purgatorio, CANTO XXIX.
3) E’ un testo che descrive gli animali nella sua anatomia e nel comportamento. Cf. CHARBONNEAU-LASSAY 1975, p. 374.
4) DI FABIO 1989, pp. 1 – 44.
5) FOSSATI – GARDINI, 1979. Le perone che parteciparono agli scavi furono: Severino Fossati (1936 – 2018), Alexandre Gardini, Edoardo Maragliano e Onofrio Pizzolo con la “sovrintendenza” di Tiziano Mannoni (1928 – 2010).
6) Attuale aula magna della facoltà di architettura.
7) DE NEGRI 2003, pp. 28 – 32.
8) ACCINELLI, Compendio delle Istorie Genovesi, (TOMO 3).
9) Questa “popolazione jonica” dell’antica Grecia continentale, in parte si stabilì verso la fine del II millennio a.C. in varie isole dell’Egeo e sulle coste dell’Anatolia occidentale.
10) E’ pertanto logico pensare che questa moneta con l’effigie del grifone sia stata divulgata anche a Genova dai greci-focesi o, in epoca successiva, dai massalioti.
11) PAVONI 1981.
12) BASCAPE’ 1961, pp. 17 – 20.
13) DI FABIO 1989, pp. 1 – 44.
14) Idem.
15) Epitaphia, sepulcra et iscriptiones cum stemmatibus, marmorea et lapidea existentia in ecclesibus Genuensibus, manoscritto 1720
16) DI FABIO 1989, pp. 1 – 44.
17) La traduzione non è letterale in quanto sotto la parola has si vuole comprendere l’aquila e la volpe.
18) CASTAGNA 1970, pp. 171 – 172

BIBLIOGRAFIA

MANOSCRITTI

Secolo XVIII
ACCINELLI FRANCESCO MARIA, Compendio delle Istorie Genovesi, TOMO 3 ad annum 1096.
PIAGGIO DOMENICO, Epitaphia, sepulcra et iscriptiones cum stemmatibus, marmorea et lapidea existentia in ecclesibus Genuensibus, manoscritto 1720.

OPERE A STAMPA

1863
CAFFARO, Annales Januae, a. 1099 – 1204, edizione G. E. Perez in Monum. Germa. Hist., TOMO XVIII, Hannover 1863 (pp. 196, 203, 211, 212).
1903
BOSCASSI ANGELO, Illustrazione storico dello Stemma di Genova, Genova 1903.
1961
BASCAPE’ GIACOMO, Sigilli Medievali di Genova in Bollettino Ligustico, Genova 1961.
1970
CASTAGNA DOMENICO, Nuova guida storico-artistica di Genova, Genova 1970.
1975
CHARBONNEAU-LASSAY LOUIS, Le Bestiaire, Milano 1975 (edizione originale Paris 1940).
1979
FOSSATI SEVERINO – GARDINI ALEXANDRE, Archeologia in Liguria – Genova, San Silvestro, Genova 1979.
1981
PAVONI ROMEO, I simboli di Genova dalle origini del Comune, Genova 1981.
1989
DI FABIO CLARA, La scultura bronzea a Genova nel Medioevo e il programma decorativo della Cattedrale nel primo Trecento in Bollettino d’arte, serie VI, LXXVI, Genova 1989.
2003
DE NEGRI TEOFILO OSSIAN, Storia di Genova, edizione Giunti.