lunedì 10 dicembre 2018

A FORMA FOXE


PARTE SECONDA

Daniele Cagnin & Severino Fossati
Settecento – Ottocento
TAVOLA 1

SETTECENTO                                                                         TAV. 1



SECOLO XVIII
1-Introduzione
Le fonti documentarie, esaminate per lo studio di questo periodo storico, sono state reperite in alcuni manoscritti presenti nell’Archivio Storico della Curia Arcivescovile, per ciò che concerne le vicende degli edifici religiosi esistenti in quest’epoca, in alcune mappe conservate presso l’Archivio di Stato di Genova, ma soprattutto analizzando al meglio l’incisione eseguita nel 1782 dal toscano Giuseppe Torricelli (Veduta della Collina di Albaro).
Rispetto alla prima parte del presente volume, è stata modificata la sequenza dei paragrafi: è in questo secolo che possiamo trovare una connotazione storica ben definita sull’agglomerato di case che formerà “ufficialmente” il Borgo della Foce, che sul finire del secolo potrà contare su meno di ottocento “residenti”.
I limitati dati storici forniti nei precedenti capitoli, ritrovati nelle fonti documentarie citate nelle note, seguivano uno schema cronologico composto in maniera “sintetica”, la presente suddivisione, invece, è stata concepita prendendo in considerazione tre “materie significative”: Edifici Religiosi, Opere Militari, Insediamenti Abitativi. Le sorti della chiesa dei Santi Nazario e Celso, narrate fino al secolo XVIII, saranno trattate in maniera marginale in quanto non rientrante nel territorio che diventerà il comune della Foce.
2-Edifici Religiosi
La chiesa di San Vito
I lavori di ristrutturazione del convento, iniziati nei primi anni del secolo, furono completati nel 1778.
Dal disegno del Torricelli (vedi figura 3), essa appare con un campanile a cuspide e con le pareti a strisce bianche e nere, come le costruzioni annesse.
La chiesa di San Pietro
Nel 17521a lato della chiesa veniva costruito un piccolo campanile mentre nel 1756 si ingrandiva l’attigua casa del cappellano: la chiesa sorgeva poco distante dalle abitazioni dei pescatori e sulla spiaggia. Successivamente nel 1769 la chiesa veniva ampliata aggiungendo due altari “secondari”.
Il Governo della Repubblica, in modo specifico la Giunta per gli Affari Ecclesiastici, dichiarava, nel 1772, la chiesa sotto la sua protezione concedendo che venissero posti due confessionali; ne fu collocato uno soltanto con l’obbligo di porre la seguente scritta: Il confessionale è stato apposto in vigore del decreto del Serenissimo Senato del 24 marzo 1772, ed a suo beneplacito2.
Convento di San Bernardo
Per questo secolo è stata ritrovata, per l’anno 1758, la notizia3di alcune “opere lignee” eseguite nel convento.
L’Oratorio detto delle Anime Purganti
Nel 1736, come si può leggere negli atti del notaio Domenico Piaggio4, si decise di ampliare la costruzione: Bartolomeo Bellagamba e Bartolomeo Bobbio ottennero dalle monache di Santa Marta (rappresentate dal procuratore Alessandro Maria Montesoro5), un piccolo appezzamento di terreno che fu messo a disposizione per la realizzazione della sacrestia; in pagamento fu pattuita, per ogni anno, una candela di cera bianca lavorata, del peso di tre libbre e mezzo.
Le condizioni di manutenzione, nel 1751, non dovevano essere ottimali: il Magistrato delle Fortificazioni ordinò un progetto (con l’aiuto di Pietro Francesco Franzoni) per fabricare di novo un Oratorio, o sia Capella vicino alle Sepolture o sia Cimitero de Cadaveri6[…] ultimamente distrutto.
Esiste un ulteriore documento, datato 12 dicembre 1767, nel quale si dice che l’Oratorio necessita d’essere ristorato7.
Figura 1A.S.G., Fondo Cartografico, GENOVA 83

La Cappelletta
Nell’incisione del Torricelli, presso l’angolo nord ovest del Lazzaretto, è ben visibile una costruzione che può essere considerata una chiesetta, la quale è la stessa che diede il nome alla via della Cappelletta: detto edificio ospitò, fino all’Epoca Napoleonica, la confraternita di Nostra Signora del Santo Amore.
3-Opere Militari
Progetto di difesa (inizio sec. XVIII)
Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento fu formulato un progetto di difesa militare che interessava particolarmente la Foce: si trattava di costruire una diga tra la collina di Carignano e quella di Albaro, poco a monte del Lazzaretto e che in caso di bisogno poteva essere chiusa, formando un lago che avrebbe impedito agli eventuali nemici di accedere alla città da levante. Questa diga, nel progetto, era costituita da un ponte nell’area del torrente, ma le arcate potevano essere chiuse qualora la situazione lo avesse richiesto. Come si vede dalla figura sottostante, questo muro aveva un camminamento protetto, un rivellino verso il mare. Per la fortuna degli ortolani della zona non fu mai realizzato, anche perché esistevano le note complesse difese chiamate fronti basse costruite in concomitanza con l’edificazione della cinta muraria del Seicento.
 
Figura 2: Progetto di difesa

Torre di Guardia detta del Rebocco (1727)
Secondo il cartografo Matteo Vinzoni (Il Dominio della Serenissima Repubblica di Genova), alle due estremità frontali del fabbricato del Lazzaretto erano collocate due “posti di guardia”: quella posta nel lato di ponente denominata Torre del Rebocco8, quella del lato di levante Torre di San Pietro, forse per la vicinanza all’omonima chiesetta.
Analizzando le stampe del Torricelli (1782 – vedi figura 3) e del Garreau (1787), quindi di epoca successiva a quella del Vinzoni, l’elemento che emerge più di altri è “l’imponenza” del complesso ospedaliero: addirittura si scorgono anche alcuni particolari costruttivi, lungo il perimetro esterno verso il Bisagno, sembra essere presente una torre di guardia. Taluni ipotizzando che una torre, come “corpo separato”, non sia mai esistita e l’appellativo è da attribuire al lato di ponente dell’edificio stesso.


Figura 3: Incisione di Giuseppe Torricelli (1782) – Archivio Topografico Comune di Genova (Genova)



Torre di Guardia di San Pietro
(1727)
Le prove dell’esistenza di una torre, nel lato di levante del fabbricato del Lazzaretto, sono visibili in una fotografia di inizio Novecento, dalla quale si nota la pianta circolare con un robusto basamento: anche se non si ha la certezza che quello sia il sito originale del corpo di guardia menzionato dal Vinzoni, è probabile che le pietre usate per il basamento siano state riutilizzate da una precedente costruzione.
Torre di Guardia di San Bernardo (1727)
Sotto all’attuale chiesa di San Pietro e Bernardo alla Foce, in corrispondenza dell’attuale corso Italia, era situata una casetta in matteria.
Con il nome San Bernardo era pure chiamata una Batteria (poi denominata del Vagno), posta nel luogo oggi chiamato Punta Vagno.
Assedio delle truppe austriache (1747)
Dopo la cacciata degli austriaci a seguito del famoso episodio del Balilla del 1746, le truppe austriache attaccarono Genova nella notte tra il 12 e il 13 Giugno 1746: arrivando da nord una colonna scese dalla Sella di Bavari in direzione del Bisagno, mentre un’altra colonna arrivò da Torrazza. Da Bavari arrivarono a Sturla e a San Martino. Terminato l’effetto sorpresa, si fermarono lungo una “linea difensiva” costituita da via san Nazaro e via Lavinia che mettevano a disposizione gli alti muri tuttora esistenti delle ville padronali.
La linea difensiva di via Lavinia iniziava dalla già citata batteria di san Bernardo; le due linee si univano poi fino al santuario della Madonna del Monte ed includeva le batterie di santa Tecla. E qui, dopo vani tentativi di sfondare, finì poi l’assedio in quanto i Francesi tentarono l’invasione del Piemonte attraverso il passo del Monginevro (battaglia dell’Assietta Luglio 1747) e quindi gli Austriaci furono costretti a ritirarsi.
CARTOGRAFIA
Pianta di Genova (1723)
Si tratta di una rappresentazione precisa, anche se schematica, che abbraccia il territorio compreso tra il Bisagno e il Polcevera, ha lo scopo di raffigurare, oltre la topografia cittadina, il tracciato delle fortificazioni culminanti con lo “Sperone”. Sul Bisagno son visibili il “ponte del Borgo Bisagno” (ora Borgo Incrociati) e quello della “Pila”.
Plan del ville de Genes
Abbraccia lo stesso territorio della carta precedente, ma la diversa scala permette una rappresentazione meno schematica, più precisa e dettagliata. Nel tratto terminale dei corsi d’acqua è distinto il letto dell’alveo. Interessante appare la visione topografica urbana, con le nuove e le vecchie mura. Abbastanza dettagliata anche la rappresentazione del porto. Sulla destra, al di fuori degli spalti urbani, si notano la Foce col Lazaretto, i sobborghi di Bisagno, di San Fruttuoso, di Marassi. Del Bisagno sono indicati i ponti della “Pilla” (nella località Bisagno) e di Sant’Agata (a San Fruttuoso).
Stato della Repubblica da Genova Voltri a Genova Quarto (1748)
Carta dimostrativa di piccola parte dello stato della Repubblica di Genova: in evidenza, oltre alla pianta e alla cinta muraria, è l’idrografia con l’indicazione dei ponti relativi al Polcevera e al Bisagno.
4-Insediamenti abitativi
Borgo del Rivale
Il piccolo gruppo di case che componeva il borgo contava, nel 1747, due edifici, separati tra loro come risulta nella figura 4.
In una mappa del primo decennio del secolo XIX (vedi capitolo successivo) è visibile un canale, denominato Canal de Rivale, che parte da un mulino e giunge presso le case del piccolo borgo: tale toponimo è da riferirsi ad una “fase precedente” rispetto alla redazione della mappa stessa, ma che è rimasto anche quando l’acqua è stata deviata in tubazioni o in alternativa il mulino ha cessato di funzionare, quindi è diventato una stradina.
Nella rappresentazione del Torricelli, all’interno del Lazzaretto, si notano tre pozzi a bilanciere posti sul percorso del canale diretto al mare.
Borgo della Foce
Nel 1747 il Borgo era già quasi tutto edificato: non è presente via del Gambero e quindi il relativo edificio più vicino al mare; anche l’attuale salita Fogliensi (forse realizzata nel 1650 secondo il Novella9) risulta priva di costruzioni.

Figura 4: Plan de Genes et de ses environs, Paris - SHAT (Archives de Genie)






TAVOLA 2



EPOCA NAPOLEONICA                                               TAV. 2
1797 – 1814
1-Introduzione
Le vicende storiche di questo periodo devono, necessariamente, essere inserite in un quadro storico più ampio. Fino al Settecento gli episodi storici che riguardano la Foce appaiono “isolati” dal resto degli avvenimenti che caratterizzarono la plurisecolare storia della Repubblica di Genova, forse dovuto al fatto che solo dal XVIII secolo inizia a connotarsi un più diffuso e permanente “insediamento abitativo”, come già accennato nel precedente capitolo.
Nell’Europa di quel tempo, soprattutto dalla seconda metà del secolo, si diffondono le ideologie della “corrente illuministica” che porterà, in molti casi, alla sconfitta della classe aristocratica che aveva amministrato per secoli le popolazioni del vecchio continente: la dottrina della “ragione” ebbe il sopravvento sui vecchi insegnamenti del cristianesimo che avevano contraddistinto il periodo medievale (ed oltre), cambiando la mentalità della gente anche nella “conduzione” della vita quotidiana. Il movimento illuminista portò ad una profonda trasformazione nel costume e nella cultura della società.
In questo “scenario” il declino della “Superba” fu inevitabile. Le nuove rotte commerciali, già in funzione verso il “nuovo mondo” da oltre due secoli avevano spostato i traffici dal Mediterraneo, mutando le strategie imprenditoriali dell’epoca, non più volte a guardare ad una “politica interna” ma ad una più ampia “espansione territoriale”. L’ultima “colonia commerciale” genovese (la Corsica), a seguito di sommosse popolari, nel 1768 passò sotto l’autorità francese.
Le ideologie illuministe spinsero il nuovo ceto sociale locale (borghesia), a cercare la protezione francese (gli antichi avversari!), che portò in un primo tempo a istituire un “governo democratico” creando (1797) la Repubblica Ligure e successivamente, con l’avvento di Napoleone, a diventare (1804) provincia dell’Impero Francese: il territorio della Foce riuscì ad ottenere un riconoscimento amministrativo diventando Comune10.
La documentazione archivistica esaminata per la redazione di questo capitolo, ha interessato la consultazione dei manoscritti conservati presso gli archivi cittadini e l’analisi dettagliata della “mappa catastale”, datata al 1808 e “compilata” in lingua francese (vedi figura 6).
In questo capitolo, la cui suddivisione rispecchierà quella del precedente, tratteremo degli avvenimenti storici degli Edifici Religiosi, delle trasformazione urbanistiche in particolare del Sistema Viario, dei brevi cenni sulle vicende di alcuni particolari Edifici e dell’Idrografia.
2-Edifici Religiosi
Premessa
Il “manifesto culturale” messo a punto dagli intellettuali illuministi, prevedeva un cambio sostanziale nei rapporti amministrativi con i cittadini, spingendo in direzione di una “democrazia” fortemente voluta dalla Rivoluzione Francese: le intenzioni furono disattese “sfociando” in un regime, che oggi chiameremmo totalitario, portando ad una intromissione in “questioni morali”, come l’Editto di Saint Cloud, profondamente contestato da alcuni personaggi di spicco italiani tra cui Ugo Foscolo. Da quanto detto, nel periodo della Repubblica Ligure, ci furono leggi atte ad avvalorare confische di oggetti sacri ecclesiastici e soppressioni degli Ordini Religiosi.
I sette edifici religiosi, presenti nel territorio della nostra ricerca, ebbero una sorte già segnata: la chiusura. Come vedremo l’unico a “salvarsi” fu la chiesa di San Pietro, anche se in una nuova sede.
Convento di San Bernardo
I monaci Fogliensi11ufficiarono la chiesa fino al 1798, quando il “Direttorio Esecutivo” della Repubblica Ligure (legge del 4 ottobre) né decretò l’espulsione, perché il numero di frati era inferiore a dodici: il Remondini12riferisce che i monaci perdurarono sino alle rivolture successe nel declinare del secolo, alle quali avendo preso parte qualcheduno tra essi con scritti e concioni [assemblee], non altro direi raccolsero che l’esserne cacciati.
Ai primi dell’Ottocento il convento fu venduto e trasformato in abitazioni private, la chiesa fu chiusa al culto: fu riaperta nel 1811 con il trasferimento del titolo parrocchiale di San Pietro della Foce.
Chiesa di San Pietro
Nel 1797 la popolazione della Foce supplicava la competente autorità per erigere la parrocchia, unico requisito necessario per continuare ad amministrare le pratiche del culto. Il parroco della chiesa di San Francesco d’Albaro, pertinente giuridicamente sulla zona della Foce di cui la chiesa di San Pietro era “Succursale”, era in disaccordo considerando che la Petizione non ha un vero fondamento né di fatto, né di ragione13. Tale “supplica” fu accolta sia dalle autorità religiose (decreto del 17 ottobre) che civili (decreto del Governo Provvisorio del 30 agosto14): il primo parroco fu Giovanni Benvenuto, della “tracciatura” dei confini15fu incaricato il Commissario del Lazzaretto, Francesco Boccardo.
L’anno successivo fu eletto Francesco Marciani da Camogli, il quale valutò che l’antico tempio non era più adeguato alle esigenze della popolazione, in forte espansione per il potenziamento del cantiere navale (vedi nota 20), e trasferì la parrocchia nella vicina chiesa di San Bernardo (chiusa dalle già citate “leggi di soppressione”); il “trasferimento ufficiale” avvenne nel 1811 quando il Cardinale Giuseppe Spina chiedeva la chiesa direttamente a Napoleone.
L’antico “sito sacro” fu trasformato in oratorio ma il giorno di Natale del 1821 subì gravissimi danni a seguito di una grandissima “catastrofe naturale”, rendendola inutile agli usi del culto, che in molti riferiscono come “furiosa mareggiata”16, mentre altri riferiscono di un “maremoto”17: ma non fu distrutta completamente.
Complesso monastico di San Vito
Anche in questo caso la chiusura fu inevitabile, benché intorno al 1808 i proprietari risultano ancora i frati Domenicani, così come riportato in una mappa18.
Le Cappelle
Nel 1811 l’Oratorio detto delle Anime Purganti fu chiuso con il decreto del Prefetto Burdon. La riapertura avvenne nel 1814. Durante il periodo 1800 – 1802 (nel quale risulta come Casa di San Francesco della Crosa) all’interno furono eseguiti dei lavori mentre all’esterno fu costruito un molo necessario per mettere al riparo dalle acque del Bisagno il trasporto de’ cadaverri 19.
Fu chiusa anche la Cappella del Borgo del Rivale.


Figura 5: Domenico del Pino (sec. XIX), Veduta del Lazzaretto Vecchio, della Foce, del Bisagno, con la collina d’Albaro dalle mura delle Cappuccine (Genova)




3-Il sistema viario
Demografia
Della Foce, che oltre al Borgo della Foce comprendeva anche il Borgo Rivale e altre case della piana, abbiamo dei dati demografici abbastanza sicuri relativi all’anno 1803 e 1809: erano 759 prima e divennero 1246 dopo, quando nel cantiere navale l’attività era fiorente.

Figura 6: RABAUDENGO, Mappa Catastale 1808




Borgo della Foce
Nella mappa catastale del 1808 (vedi figura 6) il Borgo risulta completamente edificato: questa mappa è importante perché ci informa in modo chiaro sulla viabilità.
La strada principale è quella che dal centro del muro del cantiere navale20, all’altezza della porta21(attualmente via Costantino Morin angolo via Enrico Cravero), saliva verso la chiesa parrocchiale: è chiamata Chemin de st. Bernard de la Foce (precedentemente Via degli Olivi) il toponimo successivo fu Via del Cigno12. Questa via permetteva ai parrocchiani della piana di accedere alla chiesa evitando di attraversare il Borgo.
La chiesa veniva anche raggiunta da una breve salita che iniziava al confine tra la palazzata e l’attuale palazzo, ai nostri giorni volgarmente detto dell’Angelo ma che rappresenta la Vittoria Alata, distinto con il civico numero 1 di via Giuseppe Casaregis. Si ritiene perciò che la costruzione delle case di detta salita, chiamata Rue du village, sia da collegare all’incremento demografico ma anche al trasferimento della Parrocchia, probabilmente in contemporanea con la trasformazione del “pendio”, che prima sembra essere poco più di un sentiero e non come ipotizzato dal Novella realizzata nel XVII secolo (vedi capitolo precedente).
Esisteva ancora un ulteriore collegamento tra l’inizio della “salita” (rue du village) e la successiva via del Cigno, chiamata Rue des Roches, letteralmente via delle rocce, perché presenti sulla destra salendo: in epoca successiva fu ricavato un spazio per i lavatoi, raggiungibili attraverso una scala che saliva dal primo tratto di questa stradina.
Data l’ingombrante presenza del Cantiere, e del Lazzaretto, l’unica via per uscire dal Borgo era quello di seguire la cinta a partire dalla Via del Lazzaretto (Chemin de la Foce et du Lazaret). Questa via continuava fino al mare ed era collegata alla Piazza della Foce attraverso la Via alla Foce e la Via del Gambero. In pratica la via San Pietro alla Foce attuale ricalca abbastanza la vecchia.
Mancano le case nella via al Lazzaretto successivamente via al Cantiere e quella a mare in via del Gambero: le case comprese tra via Foce e via del Gambero si possono ritenere costruite tra il 1747 e il 1808.
La strada del Lazzaretto proseguiva fino al mulino e poi ruotava in direzione del Bisagno: attraverso la Chemin dit Crosa storta de la Foce (l’attuale vico chiuso Lorenzo Pareto) si arriva in Chemin de la Foce a la Pila che raggiungeva il Borgo Pila.
Per giungere alla chiesa di San Vito era necessario percorrere Rue de st. Vito a st. Francois.
Non esisteva la via Delfino: successivamente iniziava dalla “casa comunale”, nella mappa del 1808 una via, presumibilmente alberata, fungeva da confine del territorio comunale.
Borgo del Rivale
Presso la foce del Bisagno, sul canale di scolo del Lazzaretto, vi era un solo edificio, con l’asse inclinato di circa 45 gradi rispetto a via Rivale (Chemin crosa dei Cordanieri23) e da questa alquanto distanziata (già presente nella raffigurazione del Baratta del 1637).
Nel Borgo del Rivale era un solo edificio a due cavedi, che si ritiene formato da un edificio a pianta quadrata di tre piani ed un altro molto più basso che in pianta appaiono come un’unica costruzione.
Tra la foce del Bisagno e il Borgo del Rivale erano presenti due edifici lungo la via Rivale.
Nella cartografia già citata, vi è un canale che proviene dal mulino, posto nei pressi dell’attuale inizio di corso Torino, e si dirige verso il centro dal muro del Lazzaretto (vedi capitolo secolo XVII) con una angolazione di circa quarantacinque gradi. Il percorso, poi, si sdoppia ed un “ramo” si dirige verso il mare con la scritta Canal des molins. Canal dit de Rivale (vedi capitolo precedente).
4-Edifici
Lazzaretto – Cantiere Navale
All’interno della cinta del Lazzaretto vi erano due costruzioni probabilmente abitate da chi gestiva l’area agricola non adibita a ricovero, forse le stesse costruzioni presenti nella prima metà del Cinquecento.
In quest’epoca, i “nuovi amministratori cittadini” si resero conto che lo spazio relativo al Cantiere Navale, disponibile sulla spiaggia della Foce, era molto limitato e che non permetteva la costruzione di più navi contemporaneamente, quindi i generali Mathurin Leonard Duphot (21/07/1769 – Roma 28/12/1797) e Jean Lannes (10/04/1769 – 31/05/1809), assieme all’ex ambasciatore di Francia presso la Repubblica Aristocratica, Charles Faipoult, suggerirono di utilizzare almeno parte dell’area del lazzaretto che da tempo era poco utilizzato24.
Acquistarono gli orti posti all’interno della cinta e vi impiantarono una fabbrica di cordami: a ricordo di ciò, rimase il toponimo di via dei Cordai (o crosa dei Cordanieri) alla strada a ponente del lazzaretto, lungo l’argine del torrente. Tagliarono quindi in tre punti il muro di cinta dal lato mare, e in due il lazzaretto nel corpo parallelo alla costa a levante, lasciando in piedi il corpo perpendicolare di levante, che fra l’altro serviva da magazzino per il nuovo cantiere. Risultò cosi lo spazio per tre scali, due grandi e lunghi un centinaio di metri, per una larghezza di quindici o sedici metri, e un terzo, più piccolo, tra il muro di cinta di levante ed il corpo perpendicolare lasciato in piedi, con una larghezza di una decina di metri da utilizzare per navi minori. Sui due scali più lunghi potevano essere costruite contemporaneamente due navi, purché si varasse prima quella più a mare solitamente più piccola.
Tra il 1804 e il 1814 fu aperta una porta presso il centro del muro di cinta di levante, all’altezza dell’attuale via Morin (già via del Cigno e prima ancora via degli Olivi) in modo che l’entrata del cantiere fosse indipendente da quella del lazzaretto rimasto sul lato del mare.
Per questo edificio sono stati reperiti due documenti uno datato 31 maggio 1808, riguardante la richiesta per la “quarantena delle merci”25, mentre il secondo è un “voluminoso fascicolo” circa Ampliamento o restauro26(1806 – 1813).
Casa Comunale e Scuole Elementari
Presso l’angolo nordorientale del Lazzaretto, vi era l’edificio sede comunale da cui partiva la via verso il mulino sulla quale vie era un unico edificio.
5-Idrografia
La “piena del torrente” era molto fertile e adatta alle colture di ortaggi, frutta e olive.
Data l’abbondante presenza di acqua vi era la presenza di mulini.
Fin dal secolo XVII è fissata la presenza di un mulino localizzato nella zona dell’attuale Asilo Infantile: detto mulino utilizzava le acque del Rio Acqualonga (vedi paragrafo precedente).
La piana alluvionale era ed è tuttora molto ricca d’acque sotterranee, come dimostrano i numerosi pozzi visibili nelle rappresentazioni iconografiche: vi sono anche numerose sorgenti.
Una piccola sorgente si trovava davanti all’attuale chiesa di San Pietro e più precisamente tra il capo ove si trova la chiesa stessa ed il promontorio che scendeva su via Casaregis. L’acqua, almeno una parte, arrivava in corso Italia all’inizio del muraglione di contenimento dell’attuale via Fogliensi; sotto la chiesa era presente una “fonte perenne”.
Altra piccola sorgente doveva trovarsi in salita Vignola: infatti nell’angolo ove via Casaregis inizia ad essere alberata vi era una fontanella, segno che l’acqua della fonte pubblica era stata incanalata e in sostituzione si era posto la fontanella collegata all’acquedotto.
OPERE IDRAULICHE
Nel 1808 un progetto del cartografo Giacomo Agostino Brusco (deceduto nel 1817) prevedeva un raddrizzamento del corso del torrente Bisagno (a difesa delle alluvioni), nella parte riguardante la piana: tale progetto prevedeva il taglio di buona parte del Borgo Pila.

Figura 7: Progetto per il rettileamento dell’alveo del Torrente Bisagno, G. Brusco (1808)
I.S.C.A.G. (Roma)


EPOCA POST-NAPOLEONICA                                             TAV. 2



1815 – 1840
1-Storiografia Genovese
1814 La caduta di Napoleone
A seguito della “caduta di Napoleone”, gli esponenti aristocratici della “vecchia repubblica”, erano desiderosi di conquistare l’autonomia di un tempo: con l’aiuto inglese fu formato un Governo Provvisorio, che durò pochi mesi.
I più forti oppositori a questo progetto politico furono gli austriaci, che non prevedevano nel territorio italiano forme di governo di tipo repubblicano, retaggio di un’ideologia giacobina-napoleonica: le Repubbliche non sono più di moda.
Le due antiche Repubbliche Marinare italiane furono annesse a “nuove realtà politiche”: Genova, dopo aver inutilmente richiesto di diventare Porto Franco nel solo territorio cittadino cercando di essere neutrale, divenne Ducato del Regno di Sardegna sotto il dominio dei Savoia, tutto ciò per creare uno “stato cuscinetto” al confine con la Francia. Il cantiere navale della Foce passò sotto l’amministrazione piemontese dell’Ammiraglio De Geneys.
1819 Lazzaretto – Cantiere
Fu Luigi Pellico, fratello di Silvio, che nel 1819 fece varare dal cantiere della Foce il primo piroscafo inscritto alla matricola di Genova. Lo chiamò Eridanio, la “stazza” era di 142 tonnellate: la notizia però non è stata verificata.
Nel 1840 si ha notizia27del restauro della cinta del Regio cantiere navale della Foce.
1821 I Moti Rivoluzionari
La “coabitazione” nel nuovo stato non fu agevole.
Le differenze erano sostanziali: l’attitudine commerciale di Genova era in contrasto con il Piemonte prettamente agricolo; l’amministrazione fortemente burocratica e complessa non si confaceva alla mentalità genovese: erano due “culture” diverse.
Tutto ciò portò a moti rivoluzionari sedati da un reparto di Carabinieri Reali.
2- Lazzaretto
La Camera di Commercio aprì una sottoscrizione per un prestito da utilizzare nella nuova costruzione, visto che il Governo non voleva restituire lo spazio e permettere la ricostruzione del vecchio edificio. Le soluzioni prospettate furono due: alla Foce e nella valletta di San Giuliano. Dopo la valutazione delle due soluzioni da parte di una commissione convocata all’uopo, fu deciso di costruire all’interno della cinta, negli orti, un nuovo edificio rettangolare, a monte della vecchia costruzione rimasta. Di questa fino al 1845 furono edificati solo tre lati, tralasciando quello di levante. Naturalmente la sua prossimità al Bisagno richiese in seguito riparazioni varie per i danni causati dalle alluvioni. Nel 1825 fu aperta nella cinta una nuova porta, più prossima alla nuova costruzione, all’inizio di via della Cappelletta, presso i lavatoi, quasi all’angolo di nordovest.
3- Rappresentazioni Iconografiche
1831 Acquarello di A. Pittaluga: Ultimo tratto del corso del Bisagno preso dalle Mura di Santa Chiara (C.T.C.G., inv. 1406)28
1840 – 1845 Plan de la Ville de Genes et de ses fortifications et de ses Environs
Pianta leggermente colorata ad acquarello databile tra il 1840 e il 1845.

Figura 8: Porzione di Pianta della città di Genova (Torino, Biblioteca Reale)







PERIODO DELL’UNITA’ D’ITALIA
1841 – 1865
1-Storiografia
1861 Spedizione dei Mille con partenza dalla spiaggia della Foce
Nella vicenda storica della Spedizione dei Mille la zona della Foce è da considerare “centrale”29: il “grosso della flotta” si imbarcò dalla spiaggia della Foce, probabilmente perché considerata come spazio più adatto, l’unico pianeggiante con un lungo e largo litorale, ed anche perché era la prima spiaggia a levante del porto.
L’operazione storica di aver valutato lo scoglio di Quarto come unico luogo di partenza della “missione garibaldina”, è da considerarsi come un “torto storico”.
A sostegno di quanto affermato esistono cinque “riferimenti documentali” contenuti negli scritti di Giuseppe Cesare Abba, Raffaele Rubattino, Federico Donaver, Nino Bixio e una lapide del cinquantenario.
1868 – 1870 Passaggio di proprietà del Lazzaretto
L’aerea del Lazzaretto e la parte a ponente del torrente Bisagno era di pertinenza delle autorità militari per la presenza delle opere difensive30.
Intorno alla metà del secolo, nello spazio sopradescritto si insediò l’industria di Luigi Orlando e dei suoi fratelli, che erano fuggiti profughi da Palermo, perché ricercati dalle autorità borboniche, in quanto affiliati alla carboneria e rivoluzionari. Da Palermo avevano portato anche dei macchinari: grazie ad amicizie locali, ebbero in concessione l’area a ponente del Lazzaretto ove iniziarono a produrre ferri da stiro e letti in ottone e impiantarono un piccolo cantiere navale tagliando il muro e parte del vecchio edificio tra il corpo centrale e quello di ponente, che fu chiamato il Cantiere della Pila, per distinguerlo da quello della Foce posto a levante.
Il 19 maggio 1870, a Firenze (all’epoca capitale del Regno), fu firmata una Convenzione con la quale l’area del cantiere navale passava al Comune di Genova per un importo di 5.700.000 lire, ad esclusione della zona riservata al Bagno Penale (“convertita” dopo il 21 gennaio 1869: data dell’ultimo varo di una nave per la Marina Militare a seguito della costruzione dell’Arsenale di La Spezia), perché la cantieristica fu spostata a La Spezia, che dovevano rimanere allo Stato fino al 1878. Nella “convenzione” era contenuta la clausola che tutti i macchinari asportabili venivano recuperati dalla Marina e che il Comune doveva provvedere a rimpiazzarli con dei nuovi, eseguendo pure a sue spese quei lavori necessari per il ripristino della attività cantieristica.
2-Urbanistica
1865 Realizzazione di Via della Libertà (figura 9)
Il progetto per la realizzazione di una nuova via, a cura di Francesco Argenti, è inserito agli atti del Comune di San Francesco d’Albaro del 21 gennaio 1865: può essere considerato come antesignano delle opere di sistemazione urbanistica a scacchiera, realizzate negli anni successivi sulla piana del Bisagno.
Durante la presenza dei galeotti nei locali del Lazzaretto, fu ideato il progetto per la nuova via che doveva collegare il cantiere navale con la nuova Via Minerva: questa strada, che fu chiamata della Libertà probabilmente perché costruita dai galeotti, determinerà in seguito l’orientamento delle altre vie e delle perpendicolari nel progetto urbanistico della piana. Fu costruita a livello della piana stessa, risultando in leggera discesa verso il mare. Nella parte terminale, all’incrocio con l’attuale via Ruspoli, è presente il punto più basso di tutte le sedi stradali della Foce odierna, dove è più facile il formarsi di allagamenti in caso di alluvioni. Nel progetto, la strada terminava simmetricamente con due piazze.

Figura 9: Progetto di strada tra l’abitato della Pila e il Regio Cantiere di costruzioni navali, (CTCG, inv. 1122/55)




TAVOLA 3

L’ULTIMO QUARTO DEL SECOLO                                     TAV. 3



1873 – 1891
1-Introduzione
Trascorsi circa sessant’anni dall’annessione allo “stato piemontese”, Genova sembra trovare nuovo slancio, soprattutto grazie all’unificazione politica della penisola che porterà alla creazione di uno stato italiano, per riaffermare il suo desiderio di rinascita.
Le Autorità comunali prevedevano per Genova un’espansione edilizia nella direzione di levante, occupando con edifici la piana del Bisagno: per fare ciò, occorreva che la zona fosse annessa al comune genovese, ma i comuni interessati erano contrari, anche perché la popolazione coinvolta non voleva abbandonare le coltivazioni. Il problema si presentava difficile in quanto la maggior parte delle abitazioni della piana erano in affitto, come i terreni coltivabili. L’annessione (Regio Decreto del 26 ottobre 1873) interessò i comuni31della Foce, Marassi, Staglieno, San Fruttuoso San Martino di Albaro e San Francesco di Albaro: ciò permise la realizzazione del progetto di inurbamento della piana.
Gli eventi elencati in questo capitolo, descriveranno le trasformazioni edilizie dell’antico borgo, scaturite principalmente dal “progetto urbanistico” del 1877, integrato dalle due successive “varianti” del 1888 e 1891; un breve paragrafo sarà riservato alle ultime “vestigia” degli antichi edifici religiosi.
2-Urbanistica
1873 Progetto di Massima dell’ampliamento della città
Con Regio Decreto del 26 ottobre si prevedeva di spostare a levante il corso del torrente Bisagno: il piano non ebbe attuazione. Tale “pianificazione urbanistica” fu perfezionata nel 1875 con il “Progetto per l’ampliamento della città nella parte piana dei comuni annessi” (vedi figura 10) 
Figura 10: Progetto di massima dell’ampliamento della città, Archivio Storico Comune di Genova

Figura 11: Progetto per l’ampliamento della città (1875)



1877 Approvazione Piano Regolatore e di Ampliamento
Il Piano Regolatore del 1877 prevedeva una sistemazione simile a quella realizzata nel Novecento, ma con alcune differenze importanti: nel progetto si mantenevano i borghi Pila, Rivale e Foce; anche il cantiere navale e il lazzaretto venivano conservati, quest’ultimo, a seguito della ristrutturazione, risulta come una costruzione rettangolare. In questo progetto, prevedendo un eventuale insediamento industriale, si pianificava una linea ferroviaria, che iniziando dall’angolo nord-est della cinta del cantiere, e costeggiando la collina di Albaro, si collegava con lo Scalo di Terralba.
Nella prevista Piazza Palermo doveva essere costruita una chiesa. Via Casaregis terminava fino all’attuale zona alberata, cioè limitata all’odierna via Ruspoli.
Lo spazio comprendente oggi via Cecchi e via Ruspoli costituiva la Piazza del Popolo: la piazza, nel lato verso il Bisagno, era chiusa da una grossa costruzione, chiamata il Casone, spostandosi ancora era presente un vicolo con il toponimo Via della Cappelletta, retaggio dell’antica presenza della Cappella del Rivale. Dalla parte opposta sono presenti i due palazzi di cinque piani in Vico del Delfino che si trovavano a cavallo tra le attuali via Cecchi e via Ruspoli: si può dedurre che le case in questione siano state edificate tra il 1874 e il 1877, costruzioni “favorite” dall’incremento di lavoro del Cantiere.
Questo piano è molto interessante perché vi sono riprodotte le strade32e le case allora presenti e possono così essere posizionate nell’attuale sistemazione urbanistica: rispetto al progetto del 1873 erano già stati costruiti i quattro palazzi, lato di ponente, della “nuova” Via della Libertà. Erano espressamente dichiarate le distanze minime tra un palazzo e l’altro: non meno di quindici metri e l’altezza di venticinque. Fu un piano che potremmo considerare “speculativo” apparentemente poco studiato che dispose l’edificazione in una “piana alluvionale” che non valutava con cognizione di causa delle frequenti inondazioni.
 
Figura 12: Piano Regolatore e di ampliamento (1877)

1888 Progetto di modificazione e di ampliamento della città di Genova dal lato orientale
In questo piano regolatore furono previste le prime “demolizioni”, ma l’abbattimento avvenne in tempi successivi33.
1) casa sita nei pressi della foce del Bisagno e presente fin dal secolo XVII, visibile anche nella rappresentazione del Baratta;
2) case site in via del Gambero e via del Lazzaretto costruite tra il 1747 e il 1808;
3) case site in vico del Delfino costruite tra il 1874 e il 1877;
4) Casa Comunale e Scuole Elementari dei primi dell’Ottocento;
Risultano in progetto i primi quattro caseggiati dell’attuale via Casaregis nella zona a mare.
Fu avanzata la proposta di riduzione della larghezza stradale, da 40 mt. a 20 mt., dell’ultimo tratto lungo l’argine sinistro del Bisagno al fine di uniformare tutta la sezione stradale.
All’interno del Lazzaretto è presente ancora una costruzione che un tempo era adibita ai responsabili dell’attività agricola.
Non sono presenti gli edifici di tipo industriale: nella zona adiacente al Bisagno erano presenti due ciminiere ed una terza si trovava nell’area dell’attuale deposito AMT.
Tale progetto fu ulteriormente integrato da una nuova variante del 1891 (vedi figura 14 
Figura 13: Progetto di modificazione ed ampliamento (1888)

Figura 14: Progetto di modificazione parziale del piano regolatore e d’ampliamento (1891)
3-Edifici Religiosi


3-Edifici Religiosi
Ex Chiesa dei Santi Nazario e Celso
Dopo l’epoca napoleonica la chiesa dei Santi Nazario e Celso si trovò nuovamente in stato di abbandono: in una mappa4datata 1860, la chiesa risulta come chiesa rovinata e nel gennaio 1866 è una casa privata, trasformata dalla famiglia Quartara che nei pressi aveva le sue proprietà.
Ex Chiesa di San Vito
Nella seconda metà del secolo (1855) il Vigna35ebbe la possibilità di vedere l’edificio sacro: ci riferisce che era stato destinato a magazzino di legname. Anche il Remondini36si recò (1862), nella chiesa vuota descrivendola con buona precisione.
L’antica struttura fu mantenuta fino al 1879: a quei tempi la proprietà passò ad un personaggio illustre Raffaele Rubattino (“finanziatore” della Spedizione dei Mille) che la trasformò, insieme alla moglie Bianca Rebizzo, in un elegante abitazione secondo il “gusto neogotico” (a guisa di castello con a lato una svelta torre37). Dall’Alizieri38apprendiamo che all’interno furono mantenuti alcuni affreschi eseguiti da Lazzaro Tavarone (1556 – 1641): un’immagine di Sansone tradito da Dalila; nel salotto erano presenti altre figure bibliche. Anche all’esterno furono mantenute alcune caratteristiche dell’antico cenobio tra cui le strisce bianche e nere e due antichi bassorilievi in pietra di promontorio: e vel dichiari un portale ch’ei godette di porsi all’ingresso; preziosa pietra di Promontorio e leggiadro intaglio del cinquecento; vedreste tuttora le arcate leggermente acute, o i cordoni, e le imposte, e le mensole, e fin le patere39scolpite ad immagine sacre, che mostrano qual’ella venisse riedificata nell’epoca che sopra ho scritto.
A seguito della morte di Rubattino (1 novembre 1881) la proprietà passò alla famiglia Hofer e successivamente ai marchesi Ollandini.
Ex Chiesa di San Pietro
Sappiamo che fu in possesso di Monsignor Filippo Oneto: morto nel 1887 il fabbricato fu venduto alla “pubblica asta”. La chiesa fu trasformata in magazzino e poi in un’osteria, rimase solo una campana che per molti anni servì come “orologio pubblico”40del borgo.
Nel 189341la cappella perdette totalmente la sua forma: sopra la stessa chiesa si costruì una casa42e fu incorporata ad un fabbricato che serviva da locanda.
Oratorio
A seguito dell’apertura del cimitero monumentale di Staglieno (1867), la tumulazione in quello della Foce fu abbandonata: il cancello fu “chiuso definitivamente” nel 1875.
L’oratorio fu ulteriormente chiuso, per mala amministrazione43, il 16 gennaio 1889 con ordine governativo e su proposta del Commissario Regio (Commendatore Cravero): il 4 aprile successivo fu riaperto nominando cappellano un certo Antonio Soldà.
La demolizione delle due costruzioni avvenne nel mese di aprile del 1891 per i lavori di riassetto urbanistico della zona.



NOTE
1) A. REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, p. 89; CF. P. NOVELLA, L’antica chiesa di San Pietro, p. 472.
2) Idem, p. 90.
3) A.S.G., Ordini Religiosi, N° 449.
4) DOMENICO PIAGGIO, filza 5, 1736 – 1737 (A.S.G., Notai Antichi, filza – n° generale d’ordine 10879 Bis, atto n° 11: Convegno, n° 40: Facoltà, n° 43: Locatione).
5) CF. PAOLO NOVELLA, Gli Oratori di Genova, Genova 2003, p. 81.
6) A.S.C.A., Scatola Foce, N° 1119 (ex N° 39).
CF. Pianta schematica della zona compresa tra il “Bastione” detto della “Strega ossia Capo di Carignano” a nord, il mare e il “Fiume Bisagno” a sud. Sono specificate “cinque grandi sepolture” da dividersi e formarne 20, quelle da costruirsi ex novo in numero di venti e il luogo dove riporre le ossa prelevate dalle sepolture indicate con la lettera D. Sulla destra, è ubicato “l’oratorio ossia capella” fiancheggiata, nel lato nord, dalla “strada che conduce alle sepolture”. (A.S.G., Fondo Cartografico, GENOVA 83)
7) Scatola Foce.
8) Il termine Rebocco è un idronimo e si riferisce al fenomeno per cui il mare, sotto la spinta di un forte vento di Scirocco, traboccava la riva sinistra del Bisagno tendendo ad invadere la piana della Foce e quindi andando appunto a lambire la torre (CF. Istituto Internazionale di Studi Liguri).
9) P. NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, attuale parrocchia in La Settimana Religiosa del 1932, p. 472.
10) Nel 1807 il “Geometra Capo” incaricato per il “classamento catastale”, propose l’unione del Comune della Foce a quello di San Francesco d’Albaro, in quanto la popolazione era inferiore ai 1.300 abitanti: il Sindaco (Giacomo Carbone) con una lettera del 3 luglio dello stesso anno si oppose a questa ipotesi. (CF. A.S.G., Prefettura Francese, N° 163 pacco 220 – fascicolo 56).
11) Erano monaci sorti dalla riforma introdotta da Jean Baptiste de la Barrière nell’abbazia cistercense di Notre-Dame de Feuillant, presso Tolosa: resisi indipendenti dal capitolo di Cîteaux nel 1592, si diffusero rapidamente in Francia e in Italia, dove erano noti come Bernardoni. Esisteva pure il ramo femminile delle Fogliantine.
12) ANGELO REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, Genova 1882, p. 88.
13) LAGOMARSINO, Collezione e notizie intorno alle chiese di Genova, manoscritto fine XVIII secolo, c. 369 (A.S.G., Manoscritti - N° 550).
14) La notizia non è stata reperita nei documenti, catalogati come Repubblica Ligure, presenti all’Archivio di Stato.
CF. REMONDINI, Le Parrocchie, p. 90.
15) I confini della nuova parrocchia erano i seguenti: a ponente il Bisagno, a levante la salita del Pino e a nord la piazza Pareto (CF. Breve istoria della chiesa di San Pietro alla Foce in Il Secolo XIX, 10 febbraio 1938).
16) CASALIS GOFFREDO, Dizionario Geografico Statistico Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino 1840, p. 480.
A. REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, p. 89.
OTTONELLI GIULIO, Vedute e descrizioni della vecchia Genova, Genova 1973, p. 40.
17) P. NOVELLA, L’antica chiesa di San Pietro, p. 472.
«La terribile tempesta che durò fino al giorno 27 fu una delle più spaventevoli e dannose ricordate dagli annalisti. Le onde – dicono costoro – salivano fin sui tetti delle case anche le più alte, poste in vicinanza della ripa». (LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di Genova, p. 167).
18) A.S.G., Fondo Cartografico – Carta Topografica dei beni dalla Foce al Forte di Santa Tecla, Genova 172.
19) A.S.C.A., Scatola Foce (N° 1119).
20) Per la zona della Foce Napoleone ebbe un’attenzione tutta particolare.
Nel 1804 egli fece occupare dalla amministrazione della Marina francese tutto l’antico edificio del Lazzaretto e vi stabilì, in una sua parte (vedi pagina 42), un cantiere navale.
Nel 1805, all’epoca della sua visita nella città recentemente annessa, egli si interessò molto del nuovo cantiere imperiale; lo ispezionò, e trovò che c’era «beacoup de bon et de beau bois» (CF. Raccoglitore Ligure 1933).
21) Aperta tra il 1804 e il 1814 come spiegato in segutio
22) CICNO: Figura mitologica, figlio di Stenelo, era re dei Liguri; fu cambiato in cigno da Apollo mentre piangeva la morte dell’amico Fetonte e poi trasformato in costellazione.
23) Vedi paragrafo successivo.
24) Nel 1800, durante il blocco navale inglese, la struttura fu adibita a campo di prigionia per i soldati.
25) A.S.G., Prefettura Francese – fascicolo 235/11.
Jean Jacques Rosseau “dimorò” nel Lazzaretto dal 12 al 25 luglio del 1743.
26) A.S.G., Prefettura Francese – fascicolo 68/89.
27) A.S.G., Prefettura di Genova, Generale n° 5 – fascicolo 129.
28) Cfr. PAOLO STRINGA, La Valbisagno, Genova 1978.
29) Cf. GIANCARLO MORESCO, articolo Secolo XIX – 7 gennaio 2010.
30) A riguardo si consiglia di consultare il capitolo relativo al secolo XVII.
31) In un atto datato 4 maro 1465 (Sindicatus Plane Bisannis) sono citati alcuni “centri abitati” che comprendevano il distretto (o regione) del Bisagno rappresentati da un certo Benedetto De Cairo: Sturla, Quezzi, Marassi e Albaro. (ANDREA DE CAIRO, atto n° 59, A.S.G., Notari Antichi, filza n° 20, n° generale 800).
32) In realtà il “piano stradale” risulta ampiamente più alto di un metro (in alcuni casi due), rispetto al livello della piana, vedasi gli spazi tra i caseggiati e i giardini.
33) Agli inizi del 1900, nel Foglio Catastale relativo alla zona della Foce, le costruzioni indicate nei punti 1 e 3 sono individuate come “demolite” (vedi mappali n° 3048 – 3202 – 3203, A.S.G. Catasto – Fogli N° 76).
34) A.S.G., Tipo di una porzione di spiaggia di San Bernardo alla Foce del Bisagno (1860).
35) RAIMONDO AMEDEO VIGNA, Le chiese rurali di San Luca, San Vito e di Santa Chiara in Albaro in Atti Società Ligure di Storia Patria, Vol. XX, p. 467, Genova 1888 – 1896.
36) ANGELO REMONDINI, Le Parrocchie suburbane di Genova, Genova 1882, p. 31.
37) PAOLO NOVELLA, Chiesa di San Vito in La Settimana Religiosa 1931, p. 488.
38) F. ALIZIERI, Guida Artistica, p. 578.
39) In epoca antica era una coppa per le libagioni, rotonda e piatta, che serviva anche per i sacrifici agli dei. Diventò motivo di decorazione assai frequente nell’architettura del primo Rinascimento.
40) Nel corpo principale presso l’angolo nord – ovest havvi una piccola torre con orologio, della quale per concessione a titolo precario fatto dal fu Monsignor Oneto, ne ha l’accesso e l’uso l’amministrazione comunale per regolare e mantenere l’orologio che ivi si trova per comodo del pubblico. (Notaio Benedetto Bagnasco, Volume 42, atto n° 47 – A.S.G., Notai IIIª sezione Genova, N° 2754).
41) A. REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, p. 93.
42) Catasti – Foglio 75 – Mappale 3091 (A.S.G., Mappe N° 216).
43) A.S.C.A., Scatola Foce, N° 1119 (ex N° 39).