«La Tradizione
relativa ai Santi Nazario e Celso
ha importanza
perché rivela le origini del Cristianesimo in Liguria»
Giuseppe Cardinale Siri
Arcivescovo di Genova (2 febbraio 1967)
I
Santi Nazario e Celso, chi sono costoro?
La domanda di “manzoniana memoria”, potrebbe
causare nel lettore, la stessa “reazione emotiva” che ebbe il curato dei
Promessi Sposi.
Per venire in aiuto a coloro che non sono a
conoscenza degli “eventi storici” di questi missionari della fede cristiana,
fornirò una “definizione da enciclopedia”, elaborata per l’occasione: i Santi
Nazario e Celso, martiri della Chiesa Cristiana del I secolo, furono i
“propagatori della nuova religione” in Genova, “partendo” dalla zona della Foce
(!).
Questa brevissima spiegazione è stata fornita
per “far saltare dalla sedia” il lettore attento, il quale si starà domandando
con che modalità è avvenuto questo “episodio storico”. Mio malgrado sono
costretto a ridimensionare l’affermazione effettuata poc'anzi, dicendo che la
narrazione storica sui santi Nazario e Celso è da ricondurre ad una sorta di leggenda (cose da leggersi), che di
storico ha ben poco: l’origine della cronaca (che non appartiene al presunto
periodo citato) è molto posteriore alla vita dei martiri.
Cerchiamo, comunque, di ricostruire tramite le
“fonti storiche” a nostra disposizione, la cronaca e le vicende che portarono i
due “coapostoli” nella “nostra Foce”.
Breve ricostruzione biografica
Il testo1più antico a nostra disposizione, sviluppatosi
localmente, è del XIII secolo scritto da Jacopo da Varagine: Nazario nasce a
Roma da Africano2(probabilmente
di “nazionalità africana” e di fede ebraica3) e da Perpetua (convertita al cristianesimo),
fu discepolo di san Pietro e ricevette il battessimo dal futuro papa Lino4. Inviato come
missionario nel nord Italia (tra cui Milano e Piacenza) si spinse fino alla
Provenza (dove conobbe un giovinetto di appena nove5anni a cui fu dato il
nome di Celso). Fece ritorno a Roma durante le persecuzioni dell’imperatore
Nerone, non accettando la fede pagana fu imbarcato in una nave, insieme con il
compagno Celso, per essere poi gettato nel mare. I due tuttavia scamparono alla
morte a causa di un nubifragio: dopo aver evangelizzato la terra genovese per
un pò di tempo si trasferiscono a Milano dove trovano il martirio.
Il racconto sopra esposto (il “cronista
vescovo” fa cenno a racconti precedenti ma senza nominarli6: alcuni testi,
probabilmente, andarono perduti nel tempo), potrebbe avvicinarsi alla verità
storica, ma essendo stato elaborato in epoca successiva, “appare” come una
“rivisitazione” sulla scorta di basi culturali, spiccatamente medioevali (come
riferiscono i critici), che rispecchiano l’epoca dell’autore e non quella del
protagonista dell’episodio.
La data del martirio
Le prime notizie su Nazario e Celso sono
fornite dal biografo di sant’Ambrogio, Paolino da Nola (primo decennio del V
secolo), il quale riferisce che fu proprio il Vescovo milanese a scoprire il
luogo della sepoltura, nel 395 (o 396 o 397), tramite una “rivelazione divina”,
in una zona fuori dalla Porta Romana: nell’arco temporale di circa un secolo
(fino al VI secolo) inizia a delinearsi in maniera concreta il racconto7 - leggenda del martirio, che avvenne in quale
anno?
Non esiste una data univoca, è precisato che la
“sentenza” fu eseguita dal governatore Anolino8: il già citato Paolino da Nola ci riferisce
che il “tempo del suo martirio ancor oggi ignoriamo” (qui quando sit passus usque in hodiernum scire non possit).
Per “dovere di cronaca” riporterò le varie date
citate analizzandole in sequenza:
-molti dei critici9consultati sono portati
a considerare che il martirio ebbe luogo nel penultimo o nell’ultimo anno
dell’imperatore Nerone, quindi tra l’anno 67 e l’anno 68.
-dagli Annali del Giustiniani10veniamo a sapere che è
citato l’anno 78: in questo caso “l’imperatore persecutore” dovrebbe essere
Vespasiano, ma essendo citato Nerone è ovvio che si tratta di un errore
cronologico (la tradizione fissa in quest’anno la morte del papa Lino).
L’inesattezza cronologica evidenziata potrebbe essere ricondotta alla
comparazione tra il computo degli anni detti dell’era cristiana o volgare
(introdotta dal monaco Dionigi detto il Piccolo o l’Esiguo, nel VI secolo), e
quella precedente in uso nel mondo romano.
-è richiamato l’anno 30411, quindi sotto
l’imperatore Diocleziano: forse la persecuzione più sanguinaria. Possiamo
considerare la data indicata poco credibile in quanto essendo relativamente
vicino al tempo del “ritrovamento” non si comprende come in così poco tempo si
sia potuta perdere la “tradizione orale”. Per comprendere in maniera
approfondita come è stata elaborata la data, bisogna richiamare alla nostra
memoria le varie vicende del IV secolo che interessarono la cristianità di quel
tempo: dalle persecuzioni di inizio secolo si passa a “religione lecita”
(Editto di Milano nel 313), poi abbiamo la serie dei Concili Ecumenici (con la
“partecipazione attiva” dell’imperatore) per diventare definitivamente
“religione di stato” con l’Editto di Tessalonica nell’anno 380; è da questo
momento che i Padri della Chiesa (tra cui anche sant’Ambrogio), si trovano
nella necessità di dover organizzare la nuova “struttura amministrativa”,
compreso il culto dei santi: il ricordo del martirio più vicino nel tempo era
quello di Diocleziano.
-l’ultima possibilità è stata “ipotizzata” in
un periodo compreso tra il 161 e il 16912(imperatore Marco Aurelio) una data intermedia?
E’ doveroso chiederci, a seguito di queste
incongruenze cronologiche, e soprattutto per l’incertezza dei dati storici a
nostra disposizione, quale esigenza spingeva alla venerazione di queste figure,
forse leggendarie13(o
inventate)? In primo luogo dobbiamo soffermarci sul “luogo delle sepolture”
vere o presunte: furono il centro del culto dei martiri, su di esse vennero
eretti monumenti di tipo diverso, dalla semplice stele commemorativa al
santuario sontuoso (esigenza economica ?).
A questi sepolcri i fedeli accorrevano in
massa, si prostravano dinanzi alle sacre spoglie, rivolgevano preghiere,
intonavano canti e inni. Un secondo motivo è da ricondurre ad un aspetto più
umano: «dal martire i fedeli non attendevano unicamente grazie spirituali, ma
anche favori terreni e interventi taumaturgici: egli era l’intercessore presso
Dio sia delle une che degli altri, nonché il patrono della comunità»14.
I Vescovi Milanesi “ospiti della città di
Genova”
Per comprendere al meglio come si è potuto
“sviluppare” il culto di questi martiri nella nostra città è doveroso
richiamare alla nostra mente le vicende italiane, ma soprattutto genovesi tra
VI e VII secolo. Dopo la guerra greco – gotica la nostra penisola è dominata
dagli imperatori di Bisanzio e tale rimane fino alla conquista longobarda del
568: Genova si sottrae all’occupazione rimanendo sotto la giurisdizione
dell’Impero d’Oriente fino al 650. In questo arco temporale la nostra città
ospitò i Vescovi milanesi fuggiti dalla dominazione longobarda, i quali
professavano una religione eretica: l’arianesimo.
E’ molto probabile che durante questo
“contatto” la tradizione del culto di Nazario e Celso (già viva a Milano da
oltre un secolo) sia stata adattata alle “esigenze locali” 15.
Lo “sbarco alla Foce” (prope Ripa Maris in locum que dicitur Albario)
Se le “notizie” lette fin ora non hanno
appassionato il lettore, il quale si starà domandando se esiste una verità
storica degli eventi, probabilmente aumenterò la delusione perché con i
prossimi “dati” ci caleremo all’interno della ideazione della leggenda, ma per venire in soccorso di chi ha
scelto questa lettura cercherò di incuriosirli parlando solo della “nostra
Foce”.
Avevamo lasciato i nostri due santi imbarcati
(da Ostia) per essere gettati in mare: grazie all’intervento divino presero a
camminare sulle acque, ma nel frattempo si scatenò una tempesta che terrorizzò
i marinai, i quali chiesero aiuto a Nazario. Le acque si calmarono
immediatamente e la nave approdò in un luogo vicino a Genova.
Ma qual è il “luogo genovese” di approdo? Per
avere a disposizione un quadro completo e preciso è bene consultare le fonti
genovesi.
Dal testo più antico, del Duecento, apprendiamo
che la zona dello sbarco è da collocare a meno di un miglio da Genova, in loco ab urbe Ianuae ad passus fere
sexcentos16,
in un luogo che la tradizione popolare chiamò ad Sanctos Peregrinos17; in conclusione l’autore in questione, ritiene
verosimilmente di poter situare lo
sbarco nei pressi della zona detta della “Marina”, istum locum credimus esse illum ubi modo est ecclesia Sancti Nazarij
del Albario18.
Il Quattrocentista Stella (vedi nota 13), trae
la notizia dell’arrivo dei santi direttamente da Jacopo da Varagine (vedi
citazioni precedenti) e riporta quanto segue: «ad locum per passus fere secentos ad urbem Genuensem […] Eum locum
fuisse creditur ubi Sancti Nazarij de Albario basilica modo est».
L’annalista Cinquecentesco della Repubblica di
Genova, Agostino Giustiniani, fornisce una sua “versione originale” ponendo
l’accento sulla devozione popolare che esiste in un oratorio nei pressi
dell’antica Porta degli Archi: «il luogo
dove prima arrivarono i santi secondo alcuni e vicino alla porta degli archi,
ove soleva esser un oratorio nominato ad Sanctos Peregrinos, e al presente
ancor vi è una certa divotione, secondo alcuni altri questo luogo e dove e
costrutta la chiesa di S. Nazaro nella villa d’Albaro».19
Dal cronista del Seicento, Agostino Schiaffino,
abbiamo per la prima volta la citazione della Foce, notizia tratta, a suo dire,
da una pergamena molto antica (Monumento
ecclesiae Cathedralis Genuensis): «il
luogo, ove questi santi col naviglio approdassero Genova fu 600 passi distante
dalla città verso la parte d’Oriente, appunto ove il fiume Bisagno si scarica
in Mare»20.
In seguito commenta l’elaborato del Giustiniani
approfondendo il ragionamento sulla zona della Porta degli Archi: «e vicino alla porta della Città detta delli
Archi fu un piccolo Oratorio fabbricato nel luogo stesso, ove li Santi suddetti
ebbero il primo ospizio [albergo o riparo notturno], prima che entrassero nella Città (come per antica tradizione si
crede) dopo che furono sbarcati nella spiaggia accennata, il quale Oratorio
essendo ancora in piedi né tempi che il Vescovo Giustiniani scrisse i suoi
Annali, che fu intorno al 1530 [quindi dopo duecento anni questo edificio
sacro non è più esistente], o poco più,
riferisce che egli che vi si continua a venerare i suddetti Santi, e che si
chiamava ad Sanctos Peregrinos; come
che col nome di Santi»21.
Dall’elaborato del XVIII secolo a cura
dell’Accinelli abbiamo, tratto integralmente dallo Stella, quanto segue:«ad locum per passus fere 600 iuxta urbem
Genuam»22.
L’ultima citazione, di epoca moderna, è tratta
da Domenico Cambiaso, il quale analizzando in maniera superficiale il trattato
del Giustiniani, “confonde” la fondazione dell’antico oratorio della Porta
degli Archi con la chiesa di Albaro: «AD
SANCTOS PEREGRINOS è da riferire solo alla Porta degli Archi, fondata nel 987»23.
Dopo aver elencato tutte queste tesi rimangono
molteplici perplessità. Per provare a “diradare le nebbie del sapere” proviamo
a prendere in esame nuovamente il testo del Giustiniani, il quale dichiara che
Genova fu la prima o una delle prime città in Italia che si convertì al
Cristianesimo e dove fu celebrata la prima Messa: «commune opinione che questa sia la prima chiesa, in la qual sia stata
celebrata pubblicamente la messa non solamente in la Diocesi Genovese ma in
tutta Italia»24.
Per quanto l’affermazione fatta non è
supportata da “prove storiche”, una sorta di “testimonianza” potrebbe essere
l’origine del toponimo Albaro: «il nome
suonò vaticinio del fausto avvenimento che la tradizione dice essersi qui
verificato, quando con la predicazione dei primi evangelizzatori Nazario e
Celso spuntò per Genova l’alba del Cristianesimo?»25.
Un commento storico26
Da quanto detto è opportuno ricordare che la
più antica propagazione del Cristianesimo è avvenuta lungo gli itinerari dei
grandi commerci mediterranei ed ha utilizzato le strade romane. Alla luce di
questa tesi perde attendibilità l’ipotesi di un approdo genovese dei santi
oggetto del presente studio, perché durante l’età di Nerone dovremmo piuttosto
supporre che la strada per arrivare a Milano doveva passare per la vie
consolari (Flaminia o Emilia), mentre gli itinerari di Genova e del Tirreno
sono più verosimili nell’età di Teodosio.
Il complesso di queste tradizioni e memorie ci
consente dunque soltanto di confermare il fatto che una comunità cristiana in
Genova fu formata in tempi molto remoti, forse prima del periodo in cui viene
attestato dall’archeologia. Rimane incerta la via di questo primo apostolato:
quella “navale” o quella “terrestre”? Non si può escludere che entrambe le vie
abbiano esercitato la loro funzione in questo senso, con una convergenza di
influssi che avrà favorito il precoce costituirsi della comunità dei fedeli.
Conclusioni
E’ bello pensare, comunque siano andate
realmente le cose, e un po’ per senso “patriottico focese”, sostenuto dalla
citata tradizione popolare, che nella storia questa zona possa aver avuto vari
“primati”: essere a conoscenza di questo “bagaglio culturale” ci permette di
capire alcuni aspetti della modernità, primo fra tutti la toponomastica ma ci
impegna anche nel “dovere della memoria”. Non siamo interessati a conoscere in
maniera minuziosa le vicende del passato lontane, da noi uomini del Duemila,
svariati secoli, ma analizzando i “tempi andati” possiamo meglio comprendere
come si è sviluppata la nostra quotidianità.
Curiosità
Nella
storia della Chiesa è vissuto un altro Santo di nome Nazario: si tratta di San
Nazario Vescovo di Giustinopoli, vissuto tra V e VI secolo. Nel 1379, durante
la guerra di Chioggia fra la Serenissima repubblica di Venezia e la Superba
repubblica di Genova, i genovesi saccheggiarono la città istriana (che nel
frattempo aveva preso il nome di Capodistria), trafugando le reliquie di San
Nazario e Sant’Alessandro; dopo circa quarant’anni, nel 1422, l’Arcivescovo di
Genova restituì le preziose spoglie sacre alla sua legittima sede.
Il
racconto appena descritto ha sicuramente tratto in errore l’autore di un
articolo apparso nella rivista Liguria –
Rivista mensile di attualità e cultura del 1991 (citato anche nella rete
informatica), il quale attribuisce la dedicazione della chiesa che sto
analizzando a questo santo vescovo: diffondere in un mezzo di comunicazione
quale il WEB, notizie non approfondite e non verificate dalle fonti storiche
originarie, è un operazione “poco professionale”. Sempre nello stesso
articoletto si fa cenno alle scorrerie saracene (vedi capitolo successivo) che
subì la nostra città: ancora una volta la citazione del periodo di riferimento
(secolo XII) è inesatto, l’episodio avvenne verosimilmente nel ventennio
compreso tra il 920 e il 940.
Un’ultima notizia curiosa: nella cattedrale di
Trivento (nel Molise), dedicata ai Santi Nazario e Celso è presente una
riproduzione pittorica che raffigura lo sbarco dei due martiri nel genovese.
Vorrei concludere
questo capitolo con le parole di un’iscrizione presente nel palazzo ducale: Structori Genuae multum debere fateniur, sed
plus PALMIFERIS, qui docuere fidem.
Trad. Ai costruttori di Genova si deve molta
riconoscenza, ma di più ai Palmiferi
(coloro che portano la palma) che hanno “insegnato” la fede.
Note
1) JACOPO DA VARAGINE, Chronica
Civitatis Ianunensis in Fonti per la Storia d’Italia, Roma 1941.
2) Questo nome risulta in due Codice del X secolo, in quello più antico
si può leggere «Beatus igitur genitus
extitit a patre nomine Africano». Nell’altro testo, riferito dai
Bollandisti moderni, abbiamo quanto segue: «Nazarius
genitus patre nomine Africano»; Cf. FEDELE SAVIO, La Leggenda dei SS. Nazario e Celso, Milano 1890, p. 7.
3) Risulta in
un Codice del X secolo.
4) «Quod antem dicitur cum a Lino papa baptizatum fore,
intelligitur quod non tunc papa erat, sed quod futurus erat». Cf. FEDELE
SAVIO, La Leggenda dei SS. Nazario e
Celso, p. 9 (2).
5) L’età di questo ragazzo è molto contrastante: varia dai tre anni fino
ad un massimo di venti (circa l’età dell’arruolamento alle armi).
6) «…per ipsum non declarata plenius, ne aliter nominata» Cf. GIORGIO STELLA, Storia di Genova, Codice del 1405.
7) All’inizio del VI secolo (forse nel 521) il Vescovo di Pavia Ennodio
compone un “carme” su san Nazario.
8) Abbiamo notizia di un certo Anolino, proconsole di Cartagine,
persecutore dei Cristiani africani al tempo di Diocleziano (a cavallo tra III e
IV secolo).
9) Jacopo da Varagine, Pietro Puriello, Agostino Schiaffino, Pietro
Paganetti.
10) AGOSTINO GIUSTINIANI, Annali
della Repubblica, c. 46 – 52, Tomo I. CF PIETRO BIZZARRI, Annali Genovesi. Paolo Novella cita
l’anno 76, dedotto da un antico manoscritto conservato presso la chiesa di San
Francesco di Albaro (CF PAOLO NOVELLA, Memorie
dei SS Nazario e Celso e della loro chiesa in Albaro, in La Settimana Religiosa,
Genova 1931, pp. 363 – 365).
11) ARTURO FERRETTO, I Primordi e
lo sviluppo del Cristianesimo in Liguria, p. 193 – 200, in Atti Società
Ligure di Storia Patria.
12) Idem.
13) «Prima del beato Valentino [312
– 325] certamente [Genova] ebbe un Vescovo [nell’Italia
Settentrionale l’episcopato sorse nel III secolo e si sviluppò nel IV secolo]; però il primo Vescovo Genovese che io
sappia essere stato nominato con scrittura fu il Santo Valentino. E se si
leggono nella vita di S. Nazario queste cose che sbarcato ad un approdo per un
cammino di circa seicento passi, venne nella città Genovese, tuttavia non si
può affermare che questa città fosse Genova, poiché la vita di S. Nazario fu
compilata e rimaneggiata molto dopo [circa un secolo dopo] la vita del beato Valentino e di altri
presuli Genovesi. Perciò il compositore di questa vita forse nominò la città di
Genova non perché la città esistesse al tempo del beato Nazario [questa
affermazione non è esatta], ma perché
esisteva al tempo in cui egli scriveva le sante memorie di Nazario». Cf. G.
STELLA, Storia di Genova.
GAETANO BUGATTI, Memorie storico -
critiche intorno alle reliquie ed il culto di San Celso, Milano 1782.
14) SALVATORE PRICOCO, Dal Concilio
di Nicea a Gregorio Magno, in Cristianesimo – Origini e diffusione in tutte le
sue forme, p. 81.
15) E’ attestato che una delle prime chiese genovesi, del periodo
paleocristiano (secolo VI o VII), sia quella intitolata ai Santi Nazario e
Celso, la cripta sotto l’attuale chiesa di Nostra Signora delle Grazie al Molo.
Cf. AGOSTINO SCHIAFFINO, Annali
Ecclesiastici della Liguria, Tomo I, c. 46 -56, manoscritto XVII secolo.
16) J. DA VARAGINE, Chronica,
p. 69.
17) Idem.
18) Ibidem.
19) A. GIUSTINIANI, Annali, c.
46 – 52.
20) A. SCHIAFFINO, Annali, c.
46 – 56.
21) Idem
22) FRANCESCO MARIA ACCINELLI, Liguria
Sacra, Tomo I, c. 4 - 8.
23) DOMENICO CAMBIASO, L’anno
Ecclesiastico e le Feste dei Santi in Genova, in Atti Società Ligure di
Storia Patria, Vol. XLVII, Genova 1917.
24) A. GIUSTINIANI, Annali, c.
46 – 52.
25) LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di
Genova, Genova 1948, p. 129.
26)TEOFILO OSSIAN DE NEGRI, Storia
di Genova, Genova 1967, p. 105.
AUTORE
|
SECOLO
|
EPOCA
DEL MARTIRIO
|
LUOGO
DELLO SBARCO
|
CONCLUSIONE
STORICA
|
Jacopo da Varagine
|
XIII
|
68 d.C.
|
600 passi da Genova
|
Riferisce che trae le notizie da
precedenti scritti, ma non ne cita le fonti.
|
Giorgio Stella
|
XV
|
68 d.C.
|
600 passi da Genova
|
Trae la notizia direttamente dal Da
Varagine.
|
Agostino Giustiniani
|
XVI
|
78 d.C.
|
Porta degli Archi
|
E’ l’annalista per eccellenza, ma
alcune imprecisioni ne fanno perdere l’attendibilità.
|
Agostino Schiaffino
|
XVII
|
68 d.C.
|
600 passi da Genova vicino Foce
Bisagno
|
Esegue un attento lavoro di ricerca,
consultando le fonti storiche del suo tempo.
|
Giacomo Giscardi
|
XVIII
|
non citato
|
Marina di Albaro
|
Il suo studio è da riferire soltanto
alla descrizione della chiesa.
|
Francesco Maria Accinelli
|
XVIII
|
68 d.C.
|
Non precisato
|
Espone in maniera sintetica la
leggenda.
|
Pietro Paganetti
|
XVIII
|
68 d.C.
|
Non precisato
|
Trae la notizia dal Giscardi.
|
Nicolò Perasso
|
XVIII
|
78 d.C.
|
Marina di Albaro
|
Probabilmente trae la notizia dai
monaci Bollandisti.
|
Federico Alizieri
|
XIX
|
70 d.C. ca.
|
Albaro
|
Il suo approfondimento è relativo alla
descrizione dell’edificio sacro.
|
Domenico Cambiaso
|
XX
|
70 d.C.
|
Porta degli Archi
|
Trae la notizia direttamente dal
Giustiniani.
|
Paolo Novella
|
XX
|
76 d.C.
|
Albaro
|
E’ da considerare un grande
appassionato di storia locale.
|
Lazzaro De Simoni
|
XX
|
70 d.C.
|
Albaro
|
Poco possibilista.
|
Giulio Miscosi
|
XX
|
70 d.C.
|
Albaro
|
Trae la notizia direttamente dal
Giustiniani.
|
Bibliografia
Acta Sanctorum,
a cura dei Padri Bollandisti, Anversa 1643 (in formato elettronico)
BIZZARRI
PIETRO, “Annali Genovesi”
BELGRANO
LUIGI TOMMASO, “Cartario genovese ed
illustrazione del Registro Arcivescovile, in atti Società
Ligure
di Storia Patria”, Volume II, Genova 1870.
BUGATTI
GAETANO, “Memorie storico – critiche
intorno alle reliquie ed il culto di San Celso”, Milano 1782.
(in formato digitalizzato)
DA
VARAGINE JACOPO, “Chronaca Civitatis
Januensis”, edizione a cura di G. Meloni, Roma 1941.
DE
NEGRI TEOFILO OSSIAN, “Storia di Genova”,
Genova 1967.
D’ORIA
JACOPO, “Annali”
FERRETTO
ARTURO, “I primordi e lo sviluppo del
Cristianesimo in Liguria, in atti Società Ligure di Storia
Patria”,
Volume XXXIX, Genova 1907.
GAGGERO
AGOSTINO GIUSEPPE, “Nazario e Celso
antesignani della fede in Liguria”, Genova 1967.
MISCOSI
GIULIO, “Quartieri di Genova antica”,
Genova 1967.
PRICOCO
SALVATORE, “Dal concilio di Nicea a
Gregorio Magno” in Cristianesimo.
SAVIO
FEDELE, “La Leggenda dei SS. Nazario e
Celso”, Milano 1887.
STELLA
GIORGIO, “Annales Genuenses”, manoscritto
XV secolo.
VIGNA
RAIMONDO AMEDEO, “Illustrazione storica,
artistica ed epigrafica”, Genova 1864.
ã Cagnin Daniele
Aprile
– Giugno 2014
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