lunedì 17 novembre 2014

STORIA DELLA LEGGENDA DEI SANTI MARTIRI NAZARIO E CELSO

Daniele Cagnin

«La Tradizione relativa ai Santi Nazario e Celso
ha importanza perché rivela le origini del Cristianesimo in Liguria»
Giuseppe Cardinale Siri
Arcivescovo di Genova (2 febbraio 1967)
I Santi Nazario e Celso, chi sono costoro?
La domanda di “manzoniana memoria”, potrebbe causare nel lettore, la stessa “reazione emotiva” che ebbe il curato dei Promessi Sposi.
Per venire in aiuto a coloro che non sono a conoscenza degli “eventi storici” di questi missionari della fede cristiana, fornirò una “definizione da enciclopedia”, elaborata per l’occasione: i Santi Nazario e Celso, martiri della Chiesa Cristiana del I secolo, furono i “propagatori della nuova religione” in Genova, “partendo” dalla zona della Foce (!).
Questa brevissima spiegazione è stata fornita per “far saltare dalla sedia” il lettore attento, il quale si starà domandando con che modalità è avvenuto questo “episodio storico”. Mio malgrado sono costretto a ridimensionare l’affermazione effettuata poc'anzi, dicendo che la narrazione storica sui santi Nazario e Celso è da ricondurre ad una sorta di leggenda (cose da leggersi), che di storico ha ben poco: l’origine della cronaca (che non appartiene al presunto periodo citato) è molto posteriore alla vita dei martiri.
Cerchiamo, comunque, di ricostruire tramite le “fonti storiche” a nostra disposizione, la cronaca e le vicende che portarono i due “coapostoli” nella “nostra Foce”.
Breve ricostruzione biografica
Il testo1più antico a nostra disposizione, sviluppatosi localmente, è del XIII secolo scritto da Jacopo da Varagine: Nazario nasce a Roma da Africano2(probabilmente di “nazionalità africana” e di fede ebraica3) e da Perpetua (convertita al cristianesimo), fu discepolo di san Pietro e ricevette il battessimo dal futuro papa Lino4. Inviato come missionario nel nord Italia (tra cui Milano e Piacenza) si spinse fino alla Provenza (dove conobbe un giovinetto di appena nove5anni a cui fu dato il nome di Celso). Fece ritorno a Roma durante le persecuzioni dell’imperatore Nerone, non accettando la fede pagana fu imbarcato in una nave, insieme con il compagno Celso, per essere poi gettato nel mare. I due tuttavia scamparono alla morte a causa di un nubifragio: dopo aver evangelizzato la terra genovese per un pò di tempo si trasferiscono a Milano dove trovano il martirio.
Il racconto sopra esposto (il “cronista vescovo” fa cenno a racconti precedenti ma senza nominarli6: alcuni testi, probabilmente, andarono perduti nel tempo), potrebbe avvicinarsi alla verità storica, ma essendo stato elaborato in epoca successiva, “appare” come una “rivisitazione” sulla scorta di basi culturali, spiccatamente medioevali (come riferiscono i critici), che rispecchiano l’epoca dell’autore e non quella del protagonista dell’episodio.
La data del martirio
Le prime notizie su Nazario e Celso sono fornite dal biografo di sant’Ambrogio, Paolino da Nola (primo decennio del V secolo), il quale riferisce che fu proprio il Vescovo milanese a scoprire il luogo della sepoltura, nel 395 (o 396 o 397), tramite una “rivelazione divina”, in una zona fuori dalla Porta Romana: nell’arco temporale di circa un secolo (fino al VI secolo) inizia a delinearsi in maniera concreta il racconto7 - leggenda del martirio, che avvenne in quale anno?
Non esiste una data univoca, è precisato che la “sentenza” fu eseguita dal governatore Anolino8: il già citato Paolino da Nola ci riferisce che il “tempo del suo martirio ancor oggi ignoriamo” (qui quando sit passus usque in hodiernum scire non possit).
Per “dovere di cronaca” riporterò le varie date citate analizzandole in sequenza:
-molti dei critici9consultati sono portati a considerare che il martirio ebbe luogo nel penultimo o nell’ultimo anno dell’imperatore Nerone, quindi tra l’anno 67 e l’anno 68.
-dagli Annali del Giustiniani10veniamo a sapere che è citato l’anno 78: in questo caso “l’imperatore persecutore” dovrebbe essere Vespasiano, ma essendo citato Nerone è ovvio che si tratta di un errore cronologico (la tradizione fissa in quest’anno la morte del papa Lino). L’inesattezza cronologica evidenziata potrebbe essere ricondotta alla comparazione tra il computo degli anni detti dell’era cristiana o volgare (introdotta dal monaco Dionigi detto il Piccolo o l’Esiguo, nel VI secolo), e quella precedente in uso nel mondo romano.
-è richiamato l’anno 30411, quindi sotto l’imperatore Diocleziano: forse la persecuzione più sanguinaria. Possiamo considerare la data indicata poco credibile in quanto essendo relativamente vicino al tempo del “ritrovamento” non si comprende come in così poco tempo si sia potuta perdere la “tradizione orale”. Per comprendere in maniera approfondita come è stata elaborata la data, bisogna richiamare alla nostra memoria le varie vicende del IV secolo che interessarono la cristianità di quel tempo: dalle persecuzioni di inizio secolo si passa a “religione lecita” (Editto di Milano nel 313), poi abbiamo la serie dei Concili Ecumenici (con la “partecipazione attiva” dell’imperatore) per diventare definitivamente “religione di stato” con l’Editto di Tessalonica nell’anno 380; è da questo momento che i Padri della Chiesa (tra cui anche sant’Ambrogio), si trovano nella necessità di dover organizzare la nuova “struttura amministrativa”, compreso il culto dei santi: il ricordo del martirio più vicino nel tempo era quello di Diocleziano.
-l’ultima possibilità è stata “ipotizzata” in un periodo compreso tra il 161 e il 16912(imperatore Marco Aurelio) una data intermedia?
E’ doveroso chiederci, a seguito di queste incongruenze cronologiche, e soprattutto per l’incertezza dei dati storici a nostra disposizione, quale esigenza spingeva alla venerazione di queste figure, forse leggendarie13(o inventate)? In primo luogo dobbiamo soffermarci sul “luogo delle sepolture” vere o presunte: furono il centro del culto dei martiri, su di esse vennero eretti monumenti di tipo diverso, dalla semplice stele commemorativa al santuario sontuoso (esigenza economica ?).
A questi sepolcri i fedeli accorrevano in massa, si prostravano dinanzi alle sacre spoglie, rivolgevano preghiere, intonavano canti e inni. Un secondo motivo è da ricondurre ad un aspetto più umano: «dal martire i fedeli non attendevano unicamente grazie spirituali, ma anche favori terreni e interventi taumaturgici: egli era l’intercessore presso Dio sia delle une che degli altri, nonché il patrono della comunità»14.
I Vescovi Milanesi “ospiti della città di Genova”
Per comprendere al meglio come si è potuto “sviluppare” il culto di questi martiri nella nostra città è doveroso richiamare alla nostra mente le vicende italiane, ma soprattutto genovesi tra VI e VII secolo. Dopo la guerra greco – gotica la nostra penisola è dominata dagli imperatori di Bisanzio e tale rimane fino alla conquista longobarda del 568: Genova si sottrae all’occupazione rimanendo sotto la giurisdizione dell’Impero d’Oriente fino al 650. In questo arco temporale la nostra città ospitò i Vescovi milanesi fuggiti dalla dominazione longobarda, i quali professavano una religione eretica: l’arianesimo.
E’ molto probabile che durante questo “contatto” la tradizione del culto di Nazario e Celso (già viva a Milano da oltre un secolo) sia stata adattata alle “esigenze locali” 15.
Lo “sbarco alla Foce” (prope Ripa Maris in locum que dicitur Albario)
Se le “notizie” lette fin ora non hanno appassionato il lettore, il quale si starà domandando se esiste una verità storica degli eventi, probabilmente aumenterò la delusione perché con i prossimi “dati” ci caleremo all’interno della ideazione della leggenda, ma per venire in soccorso di chi ha scelto questa lettura cercherò di incuriosirli parlando solo della “nostra Foce”.
Avevamo lasciato i nostri due santi imbarcati (da Ostia) per essere gettati in mare: grazie all’intervento divino presero a camminare sulle acque, ma nel frattempo si scatenò una tempesta che terrorizzò i marinai, i quali chiesero aiuto a Nazario. Le acque si calmarono immediatamente e la nave approdò in un luogo vicino a Genova.



Ma qual è il “luogo genovese” di approdo? Per avere a disposizione un quadro completo e preciso è bene consultare le fonti genovesi.
Dal testo più antico, del Duecento, apprendiamo che la zona dello sbarco è da collocare a meno di un miglio da Genova, in loco ab urbe Ianuae ad passus fere sexcentos16, in un luogo che la tradizione popolare chiamò ad Sanctos Peregrinos17; in conclusione l’autore in questione, ritiene verosimilmente di poter situare lo sbarco nei pressi della zona detta della “Marina”, istum locum credimus esse illum ubi modo est ecclesia Sancti Nazarij del Albario18.
Il Quattrocentista Stella (vedi nota 13), trae la notizia dell’arrivo dei santi direttamente da Jacopo da Varagine (vedi citazioni precedenti) e riporta quanto segue: «ad locum per passus fere secentos ad urbem Genuensem […] Eum locum  fuisse creditur ubi Sancti Nazarij de Albario basilica modo est».
L’annalista Cinquecentesco della Repubblica di Genova, Agostino Giustiniani, fornisce una sua “versione originale” ponendo l’accento sulla devozione popolare che esiste in un oratorio nei pressi dell’antica Porta degli Archi: «il luogo dove prima arrivarono i santi secondo alcuni e vicino alla porta degli archi, ove soleva esser un oratorio nominato ad Sanctos Peregrinos, e al presente ancor vi è una certa divotione, secondo alcuni altri questo luogo e dove e costrutta la chiesa di S. Nazaro nella villa d’Albaro».19
Dal cronista del Seicento, Agostino Schiaffino, abbiamo per la prima volta la citazione della Foce, notizia tratta, a suo dire, da una pergamena molto antica (Monumento ecclesiae Cathedralis Genuensis): «il luogo, ove questi santi col naviglio approdassero Genova fu 600 passi distante dalla città verso la parte d’Oriente, appunto ove il fiume Bisagno si scarica in Mare»20.
In seguito commenta l’elaborato del Giustiniani approfondendo il ragionamento sulla zona della Porta degli Archi: «e vicino alla porta della Città detta delli Archi fu un piccolo Oratorio fabbricato nel luogo stesso, ove li Santi suddetti ebbero il primo ospizio [albergo o riparo notturno], prima che entrassero nella Città (come per antica tradizione si crede) dopo che furono sbarcati nella spiaggia accennata, il quale Oratorio essendo ancora in piedi né tempi che il Vescovo Giustiniani scrisse i suoi Annali, che fu intorno al 1530 [quindi dopo duecento anni questo edificio sacro non è più esistente], o poco più, riferisce che egli che vi si continua a venerare i suddetti Santi, e che si chiamava ad Sanctos Peregrinos; come che col nome di Santi»21.
Dall’elaborato del XVIII secolo a cura dell’Accinelli abbiamo, tratto integralmente dallo Stella, quanto segue:«ad locum per passus fere 600 iuxta urbem Genuam»22.
L’ultima citazione, di epoca moderna, è tratta da Domenico Cambiaso, il quale analizzando in maniera superficiale il trattato del Giustiniani, “confonde” la fondazione dell’antico oratorio della Porta degli Archi con la chiesa di Albaro: «AD SANCTOS PEREGRINOS è da riferire solo alla Porta degli Archi, fondata nel 987»23.
Dopo aver elencato tutte queste tesi rimangono molteplici perplessità. Per provare a “diradare le nebbie del sapere” proviamo a prendere in esame nuovamente il testo del Giustiniani, il quale dichiara che Genova fu la prima o una delle prime città in Italia che si convertì al Cristianesimo e dove fu celebrata la prima Messa: «commune opinione che questa sia la prima chiesa, in la qual sia stata celebrata pubblicamente la messa non solamente in la Diocesi Genovese ma in tutta Italia»24.
Per quanto l’affermazione fatta non è supportata da “prove storiche”, una sorta di “testimonianza” potrebbe essere l’origine del toponimo Albaro: «il nome suonò vaticinio del fausto avvenimento che la tradizione dice essersi qui verificato, quando con la predicazione dei primi evangelizzatori Nazario e Celso spuntò per Genova l’alba del Cristianesimo?»25.
Un commento storico26
Da quanto detto è opportuno ricordare che la più antica propagazione del Cristianesimo è avvenuta lungo gli itinerari dei grandi commerci mediterranei ed ha utilizzato le strade romane. Alla luce di questa tesi perde attendibilità l’ipotesi di un approdo genovese dei santi oggetto del presente studio, perché durante l’età di Nerone dovremmo piuttosto supporre che la strada per arrivare a Milano doveva passare per la vie consolari (Flaminia o Emilia), mentre gli itinerari di Genova e del Tirreno sono più verosimili nell’età di Teodosio.
Il complesso di queste tradizioni e memorie ci consente dunque soltanto di confermare il fatto che una comunità cristiana in Genova fu formata in tempi molto remoti, forse prima del periodo in cui viene attestato dall’archeologia. Rimane incerta la via di questo primo apostolato: quella “navale” o quella “terrestre”? Non si può escludere che entrambe le vie abbiano esercitato la loro funzione in questo senso, con una convergenza di influssi che avrà favorito il precoce costituirsi della comunità dei fedeli.
Conclusioni
E’ bello pensare, comunque siano andate realmente le cose, e un po’ per senso “patriottico focese”, sostenuto dalla citata tradizione popolare, che nella storia questa zona possa aver avuto vari “primati”: essere a conoscenza di questo “bagaglio culturale” ci permette di capire alcuni aspetti della modernità, primo fra tutti la toponomastica ma ci impegna anche nel “dovere della memoria”. Non siamo interessati a conoscere in maniera minuziosa le vicende del passato lontane, da noi uomini del Duemila, svariati secoli, ma analizzando i “tempi andati” possiamo meglio comprendere come si è sviluppata la nostra quotidianità.
Curiosità
            Nella storia della Chiesa è vissuto un altro Santo di nome Nazario: si tratta di San Nazario Vescovo di Giustinopoli, vissuto tra V e VI secolo. Nel 1379, durante la guerra di Chioggia fra la Serenissima repubblica di Venezia e la Superba repubblica di Genova, i genovesi saccheggiarono la città istriana (che nel frattempo aveva preso il nome di Capodistria), trafugando le reliquie di San Nazario e Sant’Alessandro; dopo circa quarant’anni, nel 1422, l’Arcivescovo di Genova restituì le preziose spoglie sacre alla sua legittima sede.
            Il racconto appena descritto ha sicuramente tratto in errore l’autore di un articolo apparso nella rivista Liguria – Rivista mensile di attualità e cultura del 1991 (citato anche nella rete informatica), il quale attribuisce la dedicazione della chiesa che sto analizzando a questo santo vescovo: diffondere in un mezzo di comunicazione quale il WEB, notizie non approfondite e non verificate dalle fonti storiche originarie, è un operazione “poco professionale”. Sempre nello stesso articoletto si fa cenno alle scorrerie saracene (vedi capitolo successivo) che subì la nostra città: ancora una volta la citazione del periodo di riferimento (secolo XII) è inesatto, l’episodio avvenne verosimilmente nel ventennio compreso tra il 920 e il 940.
Un’ultima notizia curiosa: nella cattedrale di Trivento (nel Molise), dedicata ai Santi Nazario e Celso è presente una riproduzione pittorica che raffigura lo sbarco dei due martiri nel genovese.
Vorrei concludere questo capitolo con le parole di un’iscrizione presente nel palazzo ducale: Structori Genuae multum debere fateniur, sed plus PALMIFERIS, qui docuere fidem.
Trad. Ai costruttori di Genova si deve molta riconoscenza, ma di più ai Palmiferi (coloro che portano la palma) che hanno “insegnato” la fede.




Note
1) JACOPO DA VARAGINE, Chronica Civitatis Ianunensis in Fonti per la Storia d’Italia, Roma 1941.
2) Questo nome risulta in due Codice del X secolo, in quello più antico si può leggere «Beatus igitur genitus extitit a patre nomine Africano». Nell’altro testo, riferito dai Bollandisti moderni, abbiamo quanto segue: «Nazarius genitus patre nomine Africano»; Cf. FEDELE SAVIO, La Leggenda dei SS. Nazario e Celso, Milano 1890, p. 7.
3) Risulta in un Codice del X secolo.
4) «Quod antem dicitur cum a Lino papa baptizatum fore, intelligitur quod non tunc papa erat, sed quod futurus erat». Cf. FEDELE SAVIO, La Leggenda dei SS. Nazario e Celso, p. 9 (2).
5) L’età di questo ragazzo è molto contrastante: varia dai tre anni fino ad un massimo di venti (circa l’età dell’arruolamento alle armi).
6) «…per ipsum non declarata plenius, ne aliter nominata» Cf. GIORGIO STELLA, Storia di Genova, Codice del 1405.
7) All’inizio del VI secolo (forse nel 521) il Vescovo di Pavia Ennodio compone un “carme” su san Nazario.
8) Abbiamo notizia di un certo Anolino, proconsole di Cartagine, persecutore dei Cristiani africani al tempo di Diocleziano (a cavallo tra III e IV secolo).
9) Jacopo da Varagine, Pietro Puriello, Agostino Schiaffino, Pietro Paganetti.
10) AGOSTINO GIUSTINIANI, Annali della Repubblica, c. 46 – 52, Tomo I. CF PIETRO BIZZARRI, Annali Genovesi. Paolo Novella cita l’anno 76, dedotto da un antico manoscritto conservato presso la chiesa di San Francesco di Albaro (CF PAOLO NOVELLA, Memorie dei SS Nazario e Celso e della loro chiesa in Albaro, in La Settimana Religiosa, Genova 1931, pp. 363 – 365).
11) ARTURO FERRETTO, I Primordi e lo sviluppo del Cristianesimo in Liguria, p. 193 – 200, in Atti Società Ligure di Storia Patria.
12) Idem.
13) «Prima del beato Valentino [312 – 325] certamente [Genova] ebbe un Vescovo [nell’Italia Settentrionale l’episcopato sorse nel III secolo e si sviluppò nel IV secolo]; però il primo Vescovo Genovese che io sappia essere stato nominato con scrittura fu il Santo Valentino. E se si leggono nella vita di S. Nazario queste cose che sbarcato ad un approdo per un cammino di circa seicento passi, venne nella città Genovese, tuttavia non si può affermare che questa città fosse Genova, poiché la vita di S. Nazario fu compilata e rimaneggiata molto dopo [circa un secolo dopo] la vita del beato Valentino e di altri presuli Genovesi. Perciò il compositore di questa vita forse nominò la città di Genova non perché la città esistesse al tempo del beato Nazario [questa affermazione non è esatta], ma perché esisteva al tempo in cui egli scriveva le sante memorie di Nazario». Cf. G. STELLA, Storia di Genova.
GAETANO BUGATTI, Memorie storico - critiche intorno alle reliquie ed il culto di San Celso, Milano 1782.
14) SALVATORE PRICOCO, Dal Concilio di Nicea a Gregorio Magno, in Cristianesimo – Origini e diffusione in tutte le sue forme, p. 81.
15) E’ attestato che una delle prime chiese genovesi, del periodo paleocristiano (secolo VI o VII), sia quella intitolata ai Santi Nazario e Celso, la cripta sotto l’attuale chiesa di Nostra Signora delle Grazie al Molo. Cf. AGOSTINO SCHIAFFINO, Annali Ecclesiastici della Liguria, Tomo I, c. 46 -56, manoscritto XVII secolo.
16) J. DA VARAGINE, Chronica, p. 69.
17) Idem.
18) Ibidem.
19) A. GIUSTINIANI, Annali, c. 46 – 52.
20) A. SCHIAFFINO, Annali, c. 46 – 56.
21) Idem
22) FRANCESCO MARIA ACCINELLI, Liguria Sacra, Tomo I, c. 4 - 8.
23) DOMENICO CAMBIASO, L’anno Ecclesiastico e le Feste dei Santi in Genova, in Atti Società Ligure di Storia Patria, Vol. XLVII, Genova 1917.
24) A. GIUSTINIANI, Annali, c. 46 – 52.
25) LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di Genova, Genova 1948, p. 129.
26)TEOFILO OSSIAN DE NEGRI, Storia di Genova, Genova 1967, p. 105.



AUTORE
SECOLO
EPOCA DEL MARTIRIO
LUOGO DELLO SBARCO
CONCLUSIONE STORICA
Jacopo da Varagine
XIII
68 d.C.
600 passi da Genova
Riferisce che trae le notizie da precedenti scritti, ma non ne cita le fonti.
Giorgio Stella
XV
68 d.C.
600 passi da Genova
Trae la notizia direttamente dal Da Varagine.
Agostino Giustiniani
XVI
78 d.C.
Porta degli Archi
E’ l’annalista per eccellenza, ma alcune imprecisioni ne fanno perdere l’attendibilità.
Agostino Schiaffino
XVII
68 d.C.
600 passi da Genova vicino Foce Bisagno
Esegue un attento lavoro di ricerca, consultando le fonti storiche del suo tempo.
Giacomo Giscardi
XVIII
non citato
Marina di Albaro
Il suo studio è da riferire soltanto alla descrizione della chiesa.
Francesco Maria Accinelli
XVIII
68 d.C.
Non precisato
Espone in maniera sintetica la leggenda.
Pietro Paganetti
XVIII
68 d.C.
Non precisato
Trae la notizia dal Giscardi.
Nicolò Perasso
XVIII
78 d.C.
Marina di Albaro
Probabilmente trae la notizia dai monaci Bollandisti.
Federico Alizieri
XIX
70 d.C. ca.
Albaro
Il suo approfondimento è relativo alla descrizione dell’edificio sacro.
Domenico Cambiaso
XX
70 d.C.
Porta degli Archi
Trae la notizia direttamente dal Giustiniani.
Paolo Novella
XX
76 d.C.
Albaro
E’ da considerare un grande appassionato di storia locale.
Lazzaro De Simoni
XX
70 d.C.
Albaro
Poco possibilista.
Giulio Miscosi
XX
70 d.C.
Albaro
Trae la notizia direttamente dal Giustiniani.



Bibliografia
Acta Sanctorum, a cura dei Padri Bollandisti, Anversa 1643 (in formato elettronico)
BIZZARRI PIETRO, “Annali Genovesi
BELGRANO LUIGI TOMMASO, “Cartario genovese ed illustrazione del Registro Arcivescovile, in atti Società
Ligure di Storia Patria”, Volume II, Genova 1870.
BUGATTI GAETANO, “Memorie storico – critiche intorno alle reliquie ed il culto di San Celso”, Milano 1782.
(in formato digitalizzato)
DA VARAGINE JACOPO, “Chronaca Civitatis Januensis”, edizione a cura di G. Meloni, Roma 1941.
DE NEGRI TEOFILO OSSIAN, “Storia di Genova”, Genova 1967.
D’ORIA JACOPO, “Annali
FERRETTO ARTURO, “I primordi e lo sviluppo del Cristianesimo in Liguria, in atti Società Ligure di Storia
Patria”, Volume XXXIX, Genova 1907.
GAGGERO AGOSTINO GIUSEPPE, “Nazario e Celso antesignani della fede in Liguria”, Genova 1967.
MISCOSI GIULIO, “Quartieri di Genova antica”, Genova 1967.
PRICOCO SALVATORE, “Dal concilio di Nicea a Gregorio Magno” in Cristianesimo.
SAVIO FEDELE, “La Leggenda dei SS. Nazario e Celso”, Milano 1887.
STELLA GIORGIO, “Annales Genuenses”, manoscritto XV secolo.
VIGNA RAIMONDO AMEDEO, “Illustrazione storica, artistica ed epigrafica”, Genova 1864.
ã Cagnin Daniele

Aprile – Giugno 2014

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