sabato 8 novembre 2014

INTRODUZIONE - SULLE TRACCE DELLA VECCHIA FOCE

   



 SULLE TRACCE DELLA VECCHIA FOCE


Edoardo Maragliano




Oggi la Foce è un quartiere i cui confini vanno ben oltre quelli dell'antico Borgo che nel 1874 venne aggregato a Genova.
Di questo Borgo non sono rimaste che pochissime tracce a cui del resto non si dà peso in quanto quasi mai viene considerata come traccia una cosa che abbiamo sempre sotto gli occhi, che la si dà per scontata e che quindi non è degna né d'interesse né di studio.
Partendo da questa riflessione dovremo, diventando un po' dei detectives, andare a caccia di queste tracce.
Per trovare, per esempio, una delle tracce cosi importanti tanto da ricavarne l'aspetto più caratteristico della vecchia Foce, basterebbe porsi nella mezzeria di Via Casaregis all'altezza dell'incrocio con Via Morin: ciò che dovremo prendere in considerazione l'abbiamo sempre visto ma non l'abbiamo mai considerata una traccia. Questa consiste nel fatto che a levante, dietro una fila di palazzi, vedremo un muraglione e al disopra di esso, via Nizza.
Questa constatazione ci permette di dedurre che parte dell'ultimo tratto di via Casaregis doveva essere occupato dallo scoscendimento della collina da via Nizza nel raggiungere il piano.
Di conseguenza dovremo altresì dedurre che questo tratto della via è stato il frutto di grossi lavori di sbancamento con conseguente erezione del muraglione di contenimento. E ciò potrà essere anche confortato dal fatto che in quest'ultima parte della via gli alberi non ci sono in quanto non potrebbero crescere per la ragione che subito sotto l'asfalto c'è quella stessa roccia che nella parte superiore è stata sbancata.
Dovremo poi prendere in considerazione il fatto che, presentando il muraglione sporgenze e rientranze, il piano regolatore ha dovuto prevedere edifici con sedimi diversi a seconda dello spazio a cui essi si dovevano adattare.
Tenendo presente questa realtà dovremo allora concludere che dove il muraglione presenta il massimo della sporgenza e dove quindi il palazzo presenta il massimo della strettezza, proprio a questo livello, doveva scendere dalle alture una propaggine che attraversava l'attuale via Casaregis e che di conseguenza separava il territorio in due parti: una parte rivolta verso il mare e l'altra verso il monte.
A questo punto possiamo essere in grado d'immaginare quale fosse, a grandi linee, il paesaggio dell'antico borgo: un anfratto tra il mare e lo scoscendimento della collina al cui ridosso i pescatori avevano le loro case.




Tutto ciò che abbiamo dedotto dalla traccia finora presa in considerazione deve venir però completato dall'esame di un'altra traccia i cui rilievi sono altrettanto indispensabili per ricostruire l'immagine della Foce dei secoli scorsi.
Questa traccia consiste nel fatto che, mentre via Rimassa e via Casaregis sono tra loro parallele, via Cravero, che a loro sta nel mezzo, ha invece un andamento obliquo. Da questo fatto è facile pertanto arguire che via Cravero doveva preesistere tanto a via Casaregis che a via Rimassa e di tutto ciò anche i successivi piani regolatori hanno dovuto tenerne conto tanto è vero i palazzi edificandi si son dovuti adattare al suo tracciato. Infatti mentre i palazzi che s'affacciano su via Rimassa, a partire dal lato mare fino a via Cecchi s'allargano sempre più, quelli rivolti verso via Casaregis invece si stringono sempre più. Dobbiamo quindi concludere che, anche se oggi su via Cravero s'affacciano palazzi moderni, il suo tracciato è rimasto tale quale a quello dei tempi antichi e che ciò quindi rappresenta una traccia della vecchia Foce.
Siamo così arrivati alla conclusione che via Cravero è antichissima e proprio per questo dobbiamo sorprenderci per il suo tracciato per quei tempi stranamente rettilineo, cosa questa che ci fa sospettare che non appartenesse ad una strada come le altre, ma che fosse proprio così per una ragione ben precisa.
Per sciogliere i nostri dubbi e per soddisfare le nostre legittime curiosità dovremo ricorrere ad una mappa antica.
Di tutte le mappe quella che ci offre il maggior numero di informazioni è la mappa catastale napoleonica del 1808 in quanto in essa il Borgo della Foce appare completamente edificato. Sulla mappa noteremo che, fra tutte le strade, l'unica perfettamente rettilinea denominata "via del Lazzaretto" e corrispondente all'attuale via Cravero, è quella che corre lungo una linea che nella realtà corrisponde ad un muro.
Possiamo allora renderci pienamente conto della ragione dell'andamento rettilineo di via Cravero che è così proprio in quanto correva lungo uno dei muri (muro orientale) che circoscrivevano una
grande superficie quadrata entro la quale la Repubblica di Genova già alla fine del 1400 aveva realizzato il cosiddetto "Lazzaretto" trasformatosi in seguito, ma solo in parte, in cantiere navale.
Per coloro che volessero sapere qualcosa di più sugli spazi occupati dal Lazzaretto ne elenchiamo i confini. A levante come già detto, via Cravero; a ponente la sponda destra del Bisagno; a nord via Cecchi; a sud il litorale marino.
Pertanto per completare l'immagine del Borgo della Foce dobbiamo pensarlo come un lembo di litorale racchiuso entro un anfratto posto tra lo sperone collinare ed il muro del Lazzaretto su cui andavano a morire le ultime propaggini di questo sperone.




Abbiamo così delineato gli spazi del vecchio borgo che pertanto risultavano non solo angusti e non espansibili, ma anche non raggiungibili da chi arrivava dalla piana retrostante, coltivata dai "bisagnini", se non per mezzo della via del Lazzaretto.
Arrivati a questo punto della nostra indagine per andare ancora più a fondo e cioè per ricostruire nei dettagli la vecchia Foce, dovremo servirci ancora della mappa napoleonica: dovremo, tenendola sotto gli occhi, immergerci in essa con l'intenzione di percorrerne idealmente le vie. Poiché abbiamo sulla mappa già individuato via del Lazzaretto, cominciamo dal suo sbocco a mare per fare il nostro giro immaginario tra le strade del vecchio Borgo.
Intanto notiamo da subito che mentre "via del Lazzaretto" ha lo sbocco sulla spiaggia, via Cravero oggi non l'ha più in quanto sia il suo sbocco a mare, che parte dei sedimi delle tre case poste alla sua destra, nonché quelli della via del Gambero sono stati tutti utilizzati per edificare un palazzo di forma singolare e che presenta gli ingressi su tre diverse vie: via Casaregis, Corso Marconi e via Rimassa.
Prima ancora di imboccare via del Lazzaretto, vediamo sulla destra, praticamente edificata sulla spiaggia, una casa che presenta sul davanti una terrazza su cui v'è un traliccio fatto con pali di legno (durante la nostra gita nelle vie della mappa ci avvarremo anche di fotografie dell'epoca).
I nostri pensieri allora andranno a quando, nelle belle giornate di qualche secolo fa, questo traliccio veniva coperto da frasche alla cui ombra si poteva gustare dell'ottima frittura di pesce.
Inoltre dovremo riflettere a come questo luogo abbia potuto mantenere nel tempo la propria originaria destinazione: infatti più o meno nel medesimo luogo di questa vecchia osteria si sono succeduti molti altri ristoranti: il Giglio Rosso, il Mentana e l'attuale pizzeria Moro Mare.
Addentrandoci ora finalmente lungo via del Lazzaretto, dopo pochi passi, osserviamo che sulla destra si apre una breve via denominata "via del Gambero" il cui tracciato oggi è stato completamente occupato, come già ricordato, dal palazzo dai tre ingressi.
Le case che si affacciano sulla via del Gambero sono tre. Quella di cui abbiamo già parlato a proposito della sua terrazza sul mare colla sua facciata posteriore s'affaccia sulla parte destra della via; delle altre due affiancate sul lato sinistro della via del Gambero, una, detta "Casun" è piuttosto grossa, quadrata e dotata di cortile interno, l'altra è un po' più piccola e di forma rettangolare.
Abbandonata via del Gambero e tornati sui nostri passi, proseguendo lungo la via del Cantiere, incontriamo una seconda traversa. Questa via, sulla mappa del catasto napoleonico viene denominata "Rue du Village" e ciò perché è in realtà la via maestra del borgo.
Questa via, è formata da un primo tratto che sbocca nella "Piazza/spiaggia del Villaggio" su cui vengono stese le reti e tirate le barche in secca e da un secondo tratto che dalla Piazza, prima proseguendo in piano sull'arenile ed inerpicandosi poi su una salita, si dirige verso la chiesa di San Pietro e Bernardo. 

Per orientare il lettore, diciamo che il primo tratto della "Rue du Village" potrebbe oggi essere, mutatis mutandis, via di San Pietro alla Foce mentre la Piazza/spiaggia potrebbe essere identificata nell'ultimo tratto di via Casaregis dove, fino a non molto tempo fa, v'era un distributore di benzina. La parte del secondo tratto in piano sull'arenile, dove è stata edificata la prima Chiesa di San Pietro, oggi non c'è più perché è stata demolita per la realizzazione di Corso Italia, mentre oggi esiste sempre il tratto in salita che porta alla Chiesa e che si chiama via Fogliensi. Ma in quei tempi, non esistendo ancora la scalinata "Don Giacomo Massa" e al suo posto essendoci dei lavatoi, per salire ancora più in alto bisognava utilizzare le scale, poste all'interno degli arconi posti alla base della chiesa. Al contrario però dei giorni nostri in cui via Fogliensi è affiancata da una sola schiera di case (ovviamente tutte rifatte ma riproducenti in senso moderno, quelle vecchie) essa, prima della realizzazione dei piani regolatori relativi a corso Italia, veniva affiancata anche a mare da una parallela schiera di case.
Per quanto riguarda il toponimo di "Fogliensi" occorre fare una breve digressione, in quanto da esso alcuni scrittori hanno tratto congetture alquanto fantasiose. Intanto diciamo subito che "Fogliensi" è la traduzione italiana di Foxensi, parola questa che in genovese significa "Focesi". Pertanto, essendo "Focesi" tutti gli abitanti della Foce, si son chiamati così anche i frati che abitavano il convento di san Bernardo la cui confraternita era perciò detta "dei Fogliensi" o dei Bernardoni. Questa è la spiegazione più plausibile del toponimo, mentre ve ne è una molto suggestiva, ma assai improbabile, che sostiene che i Focesi, si chiamassero così in quanto coloni greci provenienti dalla Focide.
Ma tornando alla descrizione della vecchia Foce, tutto ciò che è stato detto finora non credo sia sufficiente per dare un'idea di come fosse veramente. Infatti, per completare nella nostra ricostruzione ideale quale fosse la suggestione del luogo, bisognerebbe immaginare tutte queste case, poste praticamente sulla spiaggia tra reti e barche, incastonate alla base del pendio della collina e, subito dietro ad esse, le fasce coltivate ad orto e ad uliveto.
Alzando gli occhi poi si poteva vedere, a mezza costa del declivio circondata da muretti, una crosa che s'inerpicava fino alla parrocchia di san Pietro e Bernardo.
Aiutandoci sempre con la nostra mappa, osserviamo che questa salita prendeva inizio da uno slargo di via del Lazzaretto, oggi incrocio tra via Cravero e via Morin, e dirigendosi verso la chiesa, attraversava per obliquo tutta via Casaregis ed andava ad innestarsi nella futura via Nizza in un punto, oggi a livello dei tre nicchioni del muraglione che si trovano tra il palazzo posto subito dopo quello detto della ,"Vittoria Alata" ed il successivo lungo e stretto costruito molto tempo dopo e
dove, al suo posto, c'erano ancora, come ulteriori resti dello sperone di collina sbancato, contrafforti rocciosi su cui i ragazzi s'esercitavano a fare gli alpinisti. Sulla mappa questa salita è denominata "chemin de st Bernard de la Foce" in quanto, in questo periodo (1808), la chiesa era solo di san Bernardo e non di san Pietro e Bernardo, nome che acquisì solo nel 1811. In altre mappe questa salita viene denominata "via del Cigno" ed in altre ancora "via degli Olivi". È interessante sapere che il toponimo "Cigno" riveste per Genova una valenza particolare in quanto fa parte della sua mitologia. Si racconta infatti che Cicno figlio di Stenelo, re dei Liguri, alla notizia della tragica morte dell'amico Fetonte fulminato da Giove per essersi avvicinato troppo alla terra col carro del Sole, si disperasse a tal punto che gli dei, impietositi, decisero di trasformarlo in cigno. La via del Cigno, prima di giungere alla chiesa, confluiva con la via di San Vito, in gran parte esistente ancora e che pochi sanno dov'è in quanto, dopo aver percorso tutta via Trento, difficilmente continuano ad andare avanti: se lo facessero incontrerebbero allora via San Vito che
è la sua naturale continuazione.
Tornando ora allo slargo da dove iniziava via del Cigno, in corrispondenza ad esso v'era il cancello per accedere al cantiere navale. Come conseguenza di questo fatto, il luogo assunse un'importanza tale da ripercuotersi sul successivo piano regolatore. Infatti, proprio di fronte al cancello del cantiere, fu previsto che via Cravero s'incrociasse con via Morin costituendo in tal modo la zona più frequentata della nuova Foce. 
Poniamoci ora il seguente interrogativo: "i negozi del vecchio borgo, dopo la sua demolizione, dove avrebbero potuto essere traslocati?".
La risposta ovviamente non può essere altro che in questo incrocio di fronte al cancello del cantiere, rimasto in attività fino al 1923. Notiamo infatti che ancor oggi in questo crocevia possiamo ritrovare le ultime tracce del fervore di vita della parte più antica della Foce moderna: agli angoli vi sono ancora bar e ristorante, inoltre, come ultimo resto della frequentazione del luogo, il negozio del parrucchiere e di tanti altri esercizi, soprattutto di generi alimentari.
Un'ultima riflessione, quasi una congettura, relativa ai negozi del vecchio borgo. A questo proposito, sempre nell'ambito della caccia alle tracce, il fatto che all'angolo del palazzo situato tra via Casaregis e via San Pietro alla Foce e che ha preso il posto delle tre case di via del Gambero vi sia una tabaccheria, munita della licenza di vendita d'articoli di caccia e pesca ed esistente fin dal 1937, ci fa pensare che circa in quel luogo ci fosse stato un vecchio negozio dalle medesime
caratteristiche.












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INTRODUZIONE

   Questo blog vuole rendere disponibile agli interessati l’ampio e ricco materiale storico, documentario, archivistico e fotografico sul quartiere genovese della FOCE che negli anni è stato raccolto e conservato presso la Biblioteca Servitana di via Baroni, per iniziativa ed impegno di Matilde Arduino Olivari
e, dopo la sua scomparsa, grazie a Giorgio Olivari e ad altri volontari che hanno continuato con passione questa ricerca fino alla costituzione di un gruppo di lavoro stabile che da due anni si ritrova periodicamente in biblioteca per sistemare e incrementare il materiale raccolto, grazie anche al patrocinio e all’intervento economico del Municipio VII Medio-Levante di Genova.


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