lunedì 3 dicembre 2018

BREVI CENNI PERSONALI SU LUIGI TENCO


Edoardo Maraglino

È necessario, per quanto attiene a ciò di cui voglio parlare, che mi presenti: mi chiamo Edoardo Maragliano e sono nato a Genova il 26 aprile 1938. Ho quindi ottant’anni e naturalmente ho molti ricordi, soprattutto della giovinezza, tra cui quelli legati alla mia frequentazione con i cantautori della Foce, in particolare Luigi Tenco.
Per parlare di questi episodi devo far risalire i ricordi ad almeno settant’anni fa, quando frequentavo le scuole medie, presso l’allora Istituto Parini di Corso Torino. Ho avuto la “ventura” d’essere capitato non solo nella stessa classe di Tenco, ma addirittura d’essergli stato compagno di banco.
La professoressa di Lettere, tal Cesarina Mariconti, era terribile: dico terribile perché quando le nostre mamme le andavano a parlare, ritornavano deluse del nostro profitto e molte volte ci castigavano.
Una delle cose che più faceva arrabbiare Luigi era il “metodo” con cui l’insegnante correggeva i temi: quasi ad ogni frase poneva dei “numerini” a cui corrispondevano delle note; ogni nota rappresentava un suggerimento critico su come si sarebbe potuto cambiare la frase: ma molte volte la correzione stessa stravolgeva quello che in realtà si voleva dire. Il carattere di Luigi, così determinato in ciò che voleva e così versato (?) al risentimento, l’ho potuto valutare proprio dalle sue reazioni nel momento in cui la docente ci consegnava i temi corretti con tutti quei numerini, di cui soprattutto Luigi non riusciva a comprendere le ragioni.
Luigi, già allora, rivelava un carattere che mal tollerava le critiche su qualcosa che per lui era invece molto importante e che non avrebbe dovuto essere corretto.
Ma prima di proseguire nei ricordi, devo prendere in esame un’immagine a cui per ovvi motivi io non avevo mai pensato, mentre per molti è tutto ciò che riguarda il mito su Tenco. Non mi sono mai reso conto di quanto sia stato importante essere stato suo compagno di banco, fino a quando non mi è capitato un avvenimento che voglio raccontare perché emblematico. Mi trovavo a Bari per un congresso medico: tra i partecipanti era presente una dottoressa, che avendo saputo che ero di Genova, mi domandò se le potevo fornire notizie inedite sui cantautori. Quando le dissi che non solo avevo conosciuto Tenco, ma che ero stato il suo compagno di classe, mi guardò tutta sorpresa e poi con le lacrime agli occhi mi abbracciò dicendo che tramite la mia persona poteva in qualche modo abbracciare Tenco.
Dopo questa “digressione”, che getta una luce diversa su Tenco, perché lo fa apparire come uno dei miti della Canzone Italiana, torno ai miei ricordi. La mamma di Luigi aveva un negozio di vini all’angolo tra via Rimassa e via Cecchi che si chiamava ENOS. Questo negozio, avendo un soffitto molto alto, era stato soppalcato e, proprio su quel soppalco, quando uscivamo da scuola, Luigi mi invitava a fare i compiti. È necessario che chi legge queste righe, provi a immaginarsi Genova settant’anni fa: automobili ve n’erano pochissime, le strade erano quasi vuote da automobili in parcheggio, mentre si potevano incontrare tanti ragazzi che vi giocavano. come se fossero state dei cortili privati.
S’inventavano tanti giochi e ci si divertiva con pochissimo: bastava avere un gessetto ed allora si disegnavano le piste per giocare alle grette, il nome genovese dei tappini della birra.
A questo proposito mi ricordo che Luigi ne aveva una molto speciale di cui andava orgogliosissimo, in quanto, secondo lui, gli consentiva di arrivare sempre primo: in caso contrario s’inalberava subito, adducendo scuse. Ecco un altro aspetto che delinea il carattere di Luigi e cioè di uno che voleva sempre vincere!
Gli anni passarono e ovviamente anche i nostri giochi si modificavano. Era il periodo in cui nei bar apparirono i primi flipper e noi ne andavamo matti. All’angolo tra via Casaregis e via Cecchi v’era un bar il cui nome era IGEA.
In quel tempo, e cioè intorno agli anni Cinquanta – Sessanta, questo bar era frequentato dai cantautori genovesi e tra questi coloro che lo frequentavano più assiduamente era Bruno Lauzi e Luigi Tenco.
Lauzi me lo ricordo sempre con la chitarra a tracolla; intorno a lui si formavano gruppetti di ragazzi che gli chiedevano di cantare qualche canzone in voga, e lui era contentissimo di cantare con loro.
Gli anni dell’adolescenza sono passati così. Le scuole medie erano terminate e noi alunni della sezione legata alla Professoressa Mariconti ci separammo: chi ai Licei, chi al Nautico, chi agli Istituti Tecnici.
Per molto tempo persi di vista Tenco: solo una volta lo incontrai in via Casaregis in compagnia d’una bellissima ragazza: ci salutammo cordialmente e lui me la presentò… era Stefania Sandrelli.


Schegge de arregordi in sce-o Luigi Tenco

Edoardo Maragliano

Se o Luigi Tenco o fïse ancon in vitta, o l’aviéiva a mæ etæ perché semmo da mæxima leva do 1938.                                                                                                                                                 
In sce lê gh’ho di arregordi che çerchïo de contâ.                                                                      
O Luigi e mi stavimo (mi ancon aoa) a-a Foxe, frequentavimo non solo a mæxima scheua de corso Torin, ma ascì a mæxima classe, ä dreittûa eivimo compagni de banco.                                                                                                                                              
A scheua de corso Torin allöa a se ciammava “Giuseppe Parini”, e comme insegnante de Lettere aveivimo ‘na professoressa assæ rigorosa e pigneua. M’arregordo che lê non solo a l’ëa temûa da noiätri scoläi, ma ascì da-e nostre moæ: tanto l’é vëa che segge a mæ che quella do Luigi, dòppo aveighe parlòu, tornavan a casa co-o magon perché aveivan avûo ûn pescimo “giûdizio” in sce-i nostri “profitti”.                                                                                                          
Ûnn-a de-e cöse ch’a ne faxeiva de ciù arraggiâ a l’ëa a manëa co-a quæ a “prof” a ne correzeiva i temi: squæxi  a ogni frase, che segondo lê a l’ëa mâ espressa, a ghe poneiva di nûmerin a-i quæ corrispondeiva de-e annottazioin che de votte cangiavan do tûtto quello che aviescimo vosciûo esprimme. M’arregordo che, propio quande se faxeiva queste correzioin de-e compoxisioin, o Luigi o rivelava a sò vëa natûa, saieiva a dî ch’o mostrava poca o, a dreittûa, nisciûnn-a coæ de cëde, protestando çerte votte con manëe ascì ûn pö troppo aspie.                            
Questo carattere do Luigi l’ho de lungo tegnûo in consciderazion pe spiegâ, insemme a tante ätre circostanze, a sò azion poco sann-a a-o Festival de San Remmo do 1967.                                                                                                                      
De segûo tûtti s’arregordian che in to sò biggetto “d’addio” o dixeiva che o no riusciva a ammette che ve fïsan di giûdiçi coscì ingiûsti da squalificâ a seu canson e de fâ vinçe o pesso cantòu da Iva Zanicchi e Claudio Villa.                                                                                             
Ätri fæti che peuan spiegâ o carattere do Luigi son lighæ a-i zeughi che faxeivimo.                                                                                                                              
L’é ciæo che parlo de squæxi 70 anni fa: allöa i gardetti zûgavan pe-a stradda pe o fæto che no gh’ëa assolûtamente o pericolo do tranxito de-e macchine e in sce-e stradde ghe n’ëa pochiscime ferme.                                                                                                                                                    
Se zûgava a ascondise, a rincorrîse, a-a lippa, a-e figûrinn-e, a-e biglie e a-e grette (nomme che a Zena se da a-i tappi de-e bïre). Propio a propoxito do zeugo a-e grette, m’arregordo che o Luigi o n’aveiva ûnn-a particolâ da lê modificâ, da quæ o l’ëa assæ fëo pe o fæto ch’a s’adattava a-a perfezion a-o tocco de-e sò coscì dïte “bicellæ”, tanto da no sciortî squæxi mai da-o tracciòu da pista ch’a l’ëa stæta disegnâ co-o gessetto in sce-o seu coverto de catran.                                         M’arregordo quant’a l’ëa grande a sò soddisfazion quande o vinçeiva, ma ascì quant’o l’ëa contrariòu quande o perdeiva, diventando fïto fïto scûo e de cattivo ûmô.                                                                 Ätri arregordi se riferiscian a quande çercavimo de fâ i compiti insemme. Quande e lezioin se tegnivan in to depuidisnâ, sciortindo da-a scheua a votte o Luigi o me invitava a fâ i compiti in to “soppalco” da sò bûttega de vin ch’a se ciammava ENOS e ch’a se trovava in sce-o canto tra via Rimassa e via Cecchi.                                                                                                
No ve staggo a contâ quæ o fïse o nostro impegno!  E ciù votte o Luigi o tiava feua l’album de-e figûrinn-e di zûgoei de ballon e o me domandava se pe caxo mi gh’avesse da descangiâ quelle che ghe mancava. M’arregordo che sò moæ, sentindo che no se dedicavimo guæi a-i compiti, a s’arraggiava tanto dixendo che mi o distraeivo e che saieiva stæto mëgio che me n’andesse a casa.                                                                                                                            
Dòppo e scheue medie se semmo persi de vista, e pe tanto tempo do Luigi n’ho avûo ciù neuve.                                                                                                                                                 
Ûn giorno son vegnûo a savéi da ûn commûne amigo ch’o l’aveiva visto o Luigi parlâ con quello grûppo de figgeu che de spesso se riûniva in ti giardin de via Cecchi, de fronte a ûn bar che allöa o se ciammava Bar Igea.                                                                                                   
Quarchedûn de quello grûppo, che dòppo o l’é diventòu assæ famoso, o conosceivo mi ascì: conosceivo pe exempio tanto ben o Bruno Lauzi, ascì lê o l’ha stûdiòu a-a Parini. O Lauzi o l’ëa ben ben piccin, de lungo co-a chittära a “tracolla”, de lungo circondòu da tanti figgeu che quande lê o l’incomensava  ‘na canson, sûbito se ûnivan a lê in coro.                                                                                                                             
Ûn giorno mi ascì a-a fin l’ho incontròu in mëzo a quello grûppo:  se semmo salûæ con grende magnæ in sce-e spalle e o m’ha dïto ch’o stava imparando a sûnnâ, se n’arregordo mâ, o clarinetto.                                                                                                                               
Dòppo, no so dî  pe quante ätro tempo no l’ho ciù rivisto, ma ûn giorno, ëo zà a l’ûniversitæ, l’ho incontròu in via Casaregis insemme a ‘na figgia de straordinaja “bellezza”: se semmo salûæ, lê o s’é accorto che ëo restòu sorpreizo e ‘n pö impacciòu, e allöa o me l’ha presentâ: a l’ëa a Stefania Sandrelli. Non ho mai capïo s’a fïse a sò galante o s’a fïse solo ‘n’amiga. M’arregordo che tûtte e votte che sentivo a canson “Quando il mio amore tornerà da me/nel cielo una stella splenderà”, pensavo sûbito ch’o fïse innamoòu  de quella splendida figgia.                                                                                                                              
L’é passòu torna de l’ätro tempo, e do Luigi non ho sacciûo ciù ninte fin a-o momento de quello “tragico” Festival de San Remmo do 1967.                                                                    
Savemmo tûtti comme a l’é andæta a finî, e tûtti se son domandæ o perché de quella “tragedia”.                                                                                                                             
Dòppo a morte do Luigi ho riçevûo ‘na telefonata da-o Franco Leoncini, ûn commûne compagno de scheua, ch’o me commûnicava che a nostra “prof” a voeiva mette insemme tûtti i compagni do Luigi pe ‘na messa da celebrâ in ta gëxa de San Pê a-a Foxe.                                                                                                                                         
Tra i compagni che son vegnûi gh’ëa ascì o Giorgio Bidone, figgio do giornalista Renzo ch’o l’ëa stæto a-o Festival. O Giorgio o n’ha raccontòu çerti particolæ de comme se sûpponn-e che segge andæto e cöse in te quelli “tragici” momenti.  O n’ha parlòu de pilloe de Pronzac, de ‘na coscì dïta “bomba” fæta de cognac e de bourbon, de ‘na pistolla che o Luigi o tegniva in ta macchina e de ‘n asciûgaman ingheuggeito  a-a sò testa pe “attûtî” i spari.                                                                         De fronte a quello ch’o n’ha contòu coscì pin d’orrô mi pensavo che se quarchedûn in te quelli momenti o l’avesse trattegnûo o Luigi, o giorno dòppo lê o l’avieiva posciûo sûperâ quell’eccesso de raggia e coscì o l’avieiva posciûo vive pe no se sa quante tempo ancon.                                                                                                                                                   
Mi fasso questa riflescion perché segondo mi o Luigi o l’ha compïo quell’insann-a  azion pe ûn scciûppon de violenza che no poendo vortâ in sce di ätri, o l’ha vortâ  contro a sò personn-a.                                                                                                                                           
Pe quante risguarda o “mito” do Tenco, no me son mai reso conto de quante segge stæto importante ëse stæto o seu compagno de banco, fin a quande no m’é capitòu ûn fæto che veuggio contâ perché scimbolico.                                                                                                                                     
Me trovavo a Bari pe ‘n congresso de mëghi: tra quelli ch’han parteçipòu gh’ëa ‘na dottoressa che avendo sacciûo che ëo de Zena, a m’ha domandòu  se ghe poeivo fornî notizie in sce-a lezenda di cantautoî zeneixi.   Quande gh’ho dïto che non solo aveivo conosciûo o Tenco, ma che ëo stæto o sò compagno de banco, lê a m’ha ammiòu tûtta sorpreiza e dòppo, co-e lägrime a-i euggi, a m’ha abbrassòu dixendome che  pe mëzo da mæ personn-a a poeiva in quarche moddo abbrassâ o Tenco.                                                                                                                                                                                              







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