Daniele Cagnin & Severino Fossati
Generalità
I Confini - Descrizione - La visione
moderna –
L’idrografia – Gli argini – La copertura –
Le attività produttive –La viabilità – I Borghi – I
Comuni della Piana
La Piana del Bisagno1è limitata a levante
dalla collina di Albaro e dalla cresta di San Martino, a
settentrione dalle alture di Marassi e a ponente dalla collina
di Carignano, dalla cresta che da questa collina si staccava verso
l’Acquasola e poi le colline dello Zerbino e di Montesano
nuovamente a nord.
DescrizioneDa Punta Vagno iniziava una cresta
perpendicolare alla linea di costa da cui si staccava il promontorio che da via
San Vito scendeva in via Morin fino quasi in via Cravero: tra questo
promontorio e quello di Punta Vagno vi era la valletta di via Podgora, il cui
rio più o meno scendeva da piazza Merani.
Parallelamente a questa cresta, ne correva
un’altra formando la valletta dell’attuale via Piave. In questo caso si vede
come il livello degli spazi tra i palazzi sia molto basso: via Cesare Battisti,
è tutta più alta dei giardini, a levante, tra il primo palazzo e la vecchia
scuola Diaz, prima del 1950, vi erano orti2che partivano da una altezza di circa tre metri sotto
il livello della via e salivano fino a via Lavinia.
Analogamente via San Nazaro è sulla cresta che
separa a levante la valletta di via Piave dalla successiva sul cui fondo oggi
c’è la via al Forte di San Giuliano: le due vie (Lavinia e San Nazaro) si
uniscono ancora oggi, separatamente, a via Albaro. Il versante occidentale
della collina di Albaro era piuttosto ripido; infatti le vie che salivano dalla
piana a via Lavinia o via Albaro correvano molto parallelamente alla cresta.
Oggi4le strade sono quasi ovunque più alte per motivi
tecnici: nell’attuazione del Piano Regolatore si notò che si doveva arrivare al
mare con delle fognature piuttosto grandi, aventi una pendenza sufficiente
dovendo raccogliere oltre alle acque della nuova area urbana, anche quelle del torrente
Rovare, in caso contrario le strade al primo forte acquazzone si sarebbero
allagate.
Inoltre altri motivi, come il passaggio
delle linee tranviarie, il taglio del promontorio che chiudeva il Borgo della
Foce, hanno consigliato un ulteriore innalzamento e quindi la necessità di
raccordare le vie limitrofe. Così via Morin, nel tratto tra via Rimassa e via
Cravero per collegare via Rimassa con via Casaregis è in salita, lo è meno via
San Pietro della Foce, e per niente via Cecchi.
La piana alluvionale era ed è tuttora
molto ricca d’acque sotterranee, come dimostrano i numerosi pozzi visibili
nelle rappresentazioni iconografiche: vi sono anche numerose sorgenti.
Una piccola sorgente si trovava davanti
all’attuale chiesa di San Pietro e più precisamente tra il capo ove si trova la
chiesa stessa ed il promontorio che scendeva su via Casaregis. L’acqua, almeno
una parte, arrivava in corso Italia all’inizio del muraglione di contenimento
della salita Fogliensi; sotto la chiesa era presente una “fonte perenne”, ma
ultimamente, dopo la costruzione del parcheggio sotterraneo di via Nizza,
l’acqua non è più comparsa: probabilmente scendeva in corso Italia.
Altra piccola sorgente doveva trovarsi in
salita Vignola: infatti nell’angolo ove via Casaregis inizia ad essere alberata
vi era una fontanella, segno che l’acqua della fonte pubblica era stata
incanalata e in sostituzione si era posto la fontanella collegata
all’acquedotto.
Altra sorgente importante era presso via
Saluzzo: oggi è ricordata da una lapide posta presso la scalinata, copia di una
precedente del 1437, epoca in cui quell’acqua divenne pubblica. Questa
sorgente dava luogo ad un piccolo rio che era detto Aqualonga che
raggiungeva il mare.
Dalla collina dei Camaldoli scende
il rio delle Rovare e da quella di Santa Tecla il rio Noce
che si univano nella zona di Terralba, per gettarsi nel Bisagno. In passato
questo rio si doveva gettare nel Bisagno all’altezza di Borgo Pila, nell’ansa
dell’argine creato nel Cinquecento. In seguito ad una alluvione (forse), il rio
cambiò il corso, gettandosi nel Bisagno più a monte, poco a valle del ponte di
Sant’Agata: così appare in un carta del Settecento5. Nella piana posta a
destra del Bisagno, il più importante era il rio Gropallo che scendeva dalla
valletta della villa omonima, gettandosi nel Bisagno, pare nella zona
dell’attuale Questura, dopo aver raccolto le acque di altri piccoli rii, tra
cui quello che scende dal Cavalletto.
Le numerose alluvioni con gli apporti di
limo hanno arricchito il terreno della piana, contemporaneamente però il
Bisagno rappresentava un pericolo continuo, proprio per le numerose
esondazioni, in quanto non esistevano gli argini; per porvi rimedio nella
seconda metà del Cinquecento, la famiglia Doria costruì gli argini a partire
dalla zona della Foce, anche perché a loro serviva una strada agevole, in
piano, per raggiungere la villa posta nella località oggi detta della Doria,
villa costruita nel 1557. Lungo questi argini nasce la via Rivale, che dal
mare arrivava al Borgo Pila.
Tali argini hanno funzionato fino alla
fine dell’Ottocento.
Nel 1808 un progetto del cartografo
Giacomo Agostino Brusco (deceduto nel 1817) prevedeva un raddrizzamento del
corso del torrente, nella parte riguardante la piana: tale progetto prevedeva
il taglio di buona parte del Borgo Pila (vedi figura 1).
Nel 1908 gli argini furono
raddrizzati parzialmente nella parte terminale, cioè nella zona della piana: da
tempo si ipotizzava la copertura del torrente. Solo tra il 1928 ed il 1933 fu
realizzato il progetto della copertura, dalla ferrovia all’altezza di via Cecchi
(allora ancora piazza del Popolo). Nel 1934 si decise di completare l’opera di
copertura che fu ultimata nel 1935, con due pennelli a mare che ne proteggevano
lateralmente lo sbocco.
Negli ultimi anni, dal 2008 sono iniziati
i lavori di rifacimento della copertura, con l’abbassamento del fondo per
aumentarne la capacità di flusso delle acque: a tutt’oggi, sono terminati i
lavori di rifacimento della prima parte, quella dal mare fino all’altezza di
via Carlo Barabino.
Tutte queste acque rendevano la piana
molto fertile e adatta alle colture di ortaggi.
Fra le attività nella piana che
sfruttavano l’abbondante acqua, vi era quella molitoria: non sembra che si
producessero cereali, ma verdure, frutta e olive. È accertata la presenza nel XVIII secolo di un mulino
ad acqua, che si trovava nella zona compresa tra i due ultimi palazzi di corso
Torino verso il mare. Questo mulino utilizzava le acque del rio Acqualonga che
poi si dividevano in due canali, di cui uno andava verso il Lazzaretto e
l’altro verso il Borgo di Rivale (vedi figura 2 e figura 3).
Nell’area del lazzaretto confluiva un
canale proveniente da un mulino posto all’esterno: esiste un documento, un
contratto6del
1630, in cui si fa cenno alla costruzione di un canale che dal centro
del “muro a monte”, va a finire nel Bisagno passando nei pressi del centro del
“muro di ponente”. Nella mappa catastale del 1808 (vedi figura 3), vi è un
canale che proviene da una costruzione complessa che si trovava nei pressi
dell’attuale Asilo infantile della Foce, e che si dirige verso il centro del
muro di cinta del lazzaretto con una angolazione di circa quarantacinque gradi.
All’interno della cinta è segnato un percorso come descritto nel documento del
1630, ma, all’entrata, secondo la mappa, il percorso si sdoppia ed un ramo si
dirige verso il mare; su questo percorso si prolunga la scritta in francese, Canal
des mulins.
Riferendosi alla rappresentazione del
Torricelli (Figura 4), all’interno del Lazzaretto si vedono tre pozzi a
bilanciere posti sul percorso diretto a mare, perfettamente allineati. Ciò vuol
dire che in origine l’acqua di scarico del mulino andava a mare direttamente,
ma nel 1630 si vuol deviare il corso dell’acqua per prosciugare il Lazzaretto,
e si da ordine di costruire il letto del nuovo canale a regola d’arte.
L’area era in ogni tempo necessariamente
attraversata da strade che collegavano la città di Genova con la Riviera di
Levante: la più antica è forse l’Aurelia che è stata trovata in via san
Vincenzo, ma che nel Medioevo e in età Moderna è stata frequentata, con le
opportune varianti attraversando il Bisagno con il ponte di Sant’Agata. Una
seconda strada, partendo dalla stessa origine, attraversava il Bisagno
utilizzando il ponte Pila, più a valle per salire in Albaro. Era già utilizzata
nel XIII secolo, come si è saputo dallo scavo archeologico7di piazza della
Vittoria. Oltre a queste due, vi era una serie di stradine ad uso locale, come
quelle fatte sugli argini. A causa delle frequenti esondazioni del torrente, il
ponte Pila veniva spesso distrutto, finché verso la metà dell’Ottocento, fu
costruito un ponte8parzialmente
in ferro e la via Minerva9(oggi
corso Buenos Aires), facente parte della via Nazionale per la Toscana,
sopraelevata su un terrapieno alto cinque metri rispetto alla piana, per
preservarla dalle alluvioni.
A queste due strade vanno aggiunte le
strade minori che collegavano i vari Borghi tra loro e la via principale di
transito, quella del ponte Pila che serviva di collegamento con la città.
Nella piana10esistevano vari “centri abitati”, quasi tutti attorno
alle strade principali: sulla parte della sponda destra, il Borgo Bisagno
sottano che divenne poi il Borgo o Sestiere di San Vincenzo e Bisagno
soprano che comprendeva Borgo Incrociati, nati attorno alla strada
più antica. Sulla sponda sinistra, vi era il Borgo di Santa Agata e poi San
Fruttuoso sulla strada più a monte, mentre su quella a valle in
corrispondenza del ponte il Borgo detto della Pila. A questi borghi
vanno aggiunti quello di Rivale, sulla via omonima e quello della Foce11, unico non collegato ad
una via, chiuso tra il mare, la collina ed il Lazzaretto o cantiere navale,
sorto grazie alla attività della pesca.
Nel 1874 si ebbe l’annessione12al Comune di Genova
assieme ad altri comuni del levante, quelli di Marassi, Staglieno,
San Fruttuoso, San Martino e Albaro: ciò permise la
realizzazione del progetto di inurbanamento della piana. Il piano regolatore
del 1877 prevedeva una sistemazione simile a quella poi realizzata, ma con
alcune differenze importanti: in quel “piano urbanistico” venivano conservati i
borghi Pila, Rivale e Foce; anche il Cantiere Navale e il Lazzaretto venivano
conservati. Nella prevista piazza Palermo doveva essere costruita una chiesa. Via
Casaregis terminava fino alla attuale parte alberata, cioè limitata all’attuale
via Ruspoli. Lo spazio comprendente oggi via Cecchi e via Ruspoli costituiva la
piazza del Popolo In un primo tempo il piano avrebbe dovuto prevedere la
deviazione del torrente Bisagno verso levante, ai piedi della collina di
Albaro, in modo da rendere tutta la piana disponibile ai nuovi insediamenti,
ma, considerando eccessiva la spesa cui avrebbero dovuto concorrere i privati,
si rinunciò, limitandosi alla costruzione di nuovi argini più rettilinei.
NOTE
1 L’etimologia del nome Bisagno: potrebbe derivare da
una nome composto latino bis – amnis: da tradurre in “due fiumi”.
Nell’anno 987 la Piana del Bisagno, nell’area della
Foce, risulta di proprietà dei monaci Bendettini: Cum decimis et primiciis ad supradictam Ecclesiam
pertinentibus, per fines et spacia locorum a flusio Vesano usque rivo Vernazola
et a via publica usque in mare.
2 I “manenti” che avevano l’abitazione in via Lavinia,
sopra gli orti, la domenica vendevano in via Battisti i loro prodotti a chi
usciva dalla messa allora celebrata nella palestra della scuola.
3 Di una crosa denominata “San Nazaro”, si ha notizia
fin dal 1345 (AGOSTINO OLIVIERI, Carte e cronache
manoscritte per la storia Genovese esistenti nella biblioteca della R.
Università Ligure, Genova 1855, p. 40).
4 Per completezza di informazione aggiungiamo che anche
via Caffa, da piazza Tommaseo a piazza Alimonda e quindi verso via Tolemaide è
in salita per il raccordo con corso Gastaldi che in parte è su sede artificiale
per poter raggiungere via San Martino. Sono invece rimaste escluse da questa
sistemazione Via Minerva (Corso Buenos Aires) e via della Libertà perché
costruite prima singolarmente, senza un vero piano regolatore generale.
5 Stato
della Repubblica di Genova, da Genova Voltri a Genova Quarto (A.S.G., Fondo Cartografico, GENOVA 16, busta
7 – nº 318): Carte de Gênes, 1748. Carta dimostrativa di piccola parte dello
Stato della Repubblica di Genova, compresa tra Voltri e nella Riviera di Ponente
e Quinto in quella di Levante, indi sino al Borgo de’ Fornari.
6 LAVAGNINO GIOVANNI FRANCESCO, Promissio pro Fabrica,
5 settembre 1630, filza 63, (A.S.G., Notai Antichi, n° generale d’ordine
5080).
Nella mappa catastale del 1808 compare anche un altro
canale che parte sempre dalla stessa costruzione, più angolato chiamato Canal
de Rivale, e che giunge presso le case del piccolo borgo posto all’angolo
nord-occidentale del Lazzaretto. Bisogna dire però che questo canale appare più
una strada, anche perché circa dalla metà, parte una strada che si collega con
un’altra posta più a monte. Probabilmente si tratta di un toponimo relativo ad
una fase precedente, ma che è rimasto anche quando l’acqua o è stata deviata in
tubazioni o il mulino ha cessato di funzionare e quindi il corso d’acqua
è diventato una stradina.
7 Tre ritrovamenti collocanti nel XIII secolo per un
tratto di strada larga circa cinque metri, nel XIV secolo per un ponte ad
arcata singola, un piccolo tratto di strada e alcune “prime strutture insediative”,
nel XV secolo per un tratto di strada larga circa sei metri.
La piana era limitata a monte da una strada già
esistente in epoca romana, via san Vincenzo e via san Fruttuoso. Una seconda
strada costruita più a valle era presente dal Medioevo, quella che,
partendo come la precedente dalla chiesa di Santo Stefano attraversava la piana
anziché aggirarla, passava attraverso il ponte Pila, via Santa Zita via
Beverato e poi si dirigeva verso la sella di Albaro, salendo per via Saluzzo e
seguendo l’attuale via Albaro, Pare che nella zona di via Saluzzo ci fosse un
abbeveratoio da cui sarebbe derivato il nome di Beviou, Beverato.
8 CF. Progetto per la realizzazione delle “muraglie”
del Ponte Pila in sostituzione di quello preesistente in legno (28 dicembre
1783) – (A.S.G., Fondo Cartografico, Genova 41).
9 Sotto il governo dei Savoia furono progettate nuove
strade carrozzabili: tra queste la Strada reale di Levante, che dalla
porta Pila doveva portare verso il levante ligure, utilizzando il nuovo ponte
in ferro della Pila, che aveva sostituito il vecchio ponte più volte demolito
dalle piene del Bisagno e che dal Medioevo attraversava il torrente entrando
nel Borgo Pila.
La nuova strada, costruita su progetto di Francesco
Argenti del 1851: terminava come l’attuale nella zona di piazza Tommaseo, area
che allora era detta della Tavola, da cui partiva un’altra via che oggi
è ricalcata dal tracciato di via Montevideo. Il progetto prevedeva anche la
sistemazione della chiesa di Santa Zita che in futuro avrebbe sostituito la
vecchia da demolire. Questa nuova strada forniva un nuovo itinerario per
raggiungere il Levante sostituendo quello che utilizzava il ponte di Sant’Agata
e via San Fruttuoso: esisteva già un itinerario alternativo, che dal ponte Pila
seguiva l’argine del Bisagno verso monte per un centinaio di metri e poi
dirigeva a levante attraverso gli orti e saliva fino a San Martino a mezza
costa. Il percorso era però poco adatto alle grandi comunicazioni, trattandosi
di una strada poco più che d’uso campestre. Verrà utilizzato in parte per la
costruzione della nuova via, nel tratto che oggi, rettificato, corrisponde a
corso Gastaldi.
Il tracciato di corso Buenos Aires risultò in seguito
non coordinato con il grande piano regolatore proposto e poi realizzato, dopo
l’annessione al Comune di Genova, perché era stato un progetto limitato: per
questa ragione il corso non risulta oggi perpendicolare a corso Torino o via
Casaregis, non solo, ma siccome il piano di Argenti prevedeva anche la
costruzione di edifici, le isole, al momento dell’edificazione delle vie
perpendicolari, gli edifici esistenti risultarono non inseriti, come accade in
modo evidente nell’incrocio con corso Torino lato ponente, che sono due delle
prime case costruite. Fra l’altro, va ricordato che il palazzo a sud, che dà su
piazza Savonarola, appare incompleto dal lato della piazza, e che sembra
abbracciare una piccola costruzione che evidentemente era preesistente: si
tratta dello studio dello scultore Santo Saccomanno (1833 – 1914), noto per
lavori eseguiti nel Cimitero di Staglieno. Nello studio, ospitò personalità del
Risorgimento come Mazzini, Garibaldi e Vittorio Emanuele II, come afferma una
lapide posta presso l’uscio, e perciò, il piccolo edificio quindi divenne
monumento nazionale.
10 In un atto del 3 marzo 1465 (Sindicatus Plane
Bisannis) sono citati alcuni “centri abitati” che comprendevano il distretto
(o regione) del Bisagno rappresentati da un certo Benedetto De Cairo:
Sturla, Quezzi, Marassi e Albaro. (ANDREA DE CAIRO, atto n° 59, A.S.G., Notari
Antichi, filza n° 20, n° generale 800).
11 Il Borgo della Foce inizia ad essere abitato tra la fine
del XIV secolo e l’inizio del XV.
12 Regio
Decreto N° 1683 del 26 ottobre 1873.
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