Daniele CAGNIN
PREFAZIONE
A
completamento delle mie ricerche, inerenti la storia degli edifici religiosi
presenti nella Foce Antica, ho deciso di elencare le “imprecisioni storiche”
rilevate sul nostro quartiere. Molte notizie risulteranno una ripetizione di
quanto già affermato negli articoli relativi, ma credo sia ugualmente utile
rinfrescare la memoria dei lettori.
La Foce in una cartolina spedita nel 1912 |
1- Etimologia del toponimo Foce
L’ipotesi che primeggia
sulla rete informatica, e che nel corso degli anni è diventata di “dominio
pubblico, fa derivare l’origine del toponimo FOCE dall’antico popolo dei Focesi, coloro che “fondarono” Marsiglia
intorno al 600 a.C.
La notizia è stata
estrapolata da Giulio Miscosi: nella sua trattazione (1)(degli anni Sessanta)
ci racconta che tale la notizia è presente anche in altri “storici” tra cui
Girolamo Serra (2).
Ma leggiamo quanto riferisce: «...il suo
nome proviene, non già dal trascurabile sbocco a mare del torrente, ma
dall’antichissima residenza dei Focesi. Questa tesi sarebbe avvalorata dalla
collina di Fogliensi (Phocensis) dove
ora sorge la chiesa di San Pietro e la regione di Foce Alta. Infatti più tardi,
verso il Mille, si creò in questo ameno colle, l’ordine dei Fogliensi, che
presero il nome dal luogo dove fu eretto il monastero». Che l’antico Borgo
della Foce possa essere stato, in epoca preromana, la “residenza”
(probabilmente occasionale, visto i presunti traffici commerciali con la
popolazione autoctona), non ci sentiamo di escluderlo a priori, ma nello stesso
tempo possiamo escludere che siano stati i “fondatori” di un antico nucleo
abitativo.
Da
quanto detto possiamo quindi prendere in considerazione questa tesi, come
“tradizione popolare”, forse consolidata negli anni Sessanta del secolo
precedente, e di cui anche il Miscosi, probabilmente, non è certo, questo
perché non approfondisce la fonte, tanto è vero che conclude tale argomento in
maniera sbrigativa, dicendo: «Tralasciamo
quest’epoca che chiameremo eroica, dove il lettore può pensarla come meglio gli
aggrada».
La
“tesi scientifica” più accreditata farebbe derivare il toponimo Foce dalla
parola latina Faucem, da intendersi
come “passaggio angusto”.
2- La Leggenda dei Santi Martiri
Come accennato nel mio
articolo relativo (3),
la leggenda dei santi martiri Nazario e Celso si è “consolidata” nella nostra
città a cavallo dei secoli VI e VII quando dimoravano i Vescovi di Milano, i
quali erano già devoti a questi precursori del Cristianesimo fin dall’inizio
del V secolo.
Nella storia della
Chiesa è vissuto un altro Santo di nome Nazario: si tratta di San Nazario
Vescovo di Giustinopoli, vissuto tra V e VI secolo. Nel 1379, durante la guerra
di Chioggia fra la Serenissima repubblica di Venezia e la Superba repubblica di
Genova, i genovesi saccheggiarono la città istriana (che nel frattempo aveva
preso il nome di Capodistria), trafugando le reliquie di San Nazario e
Sant’Alessandro; dopo circa quarant’anni, nel 1422, l’Arcivescovo di Genova
restituì le preziose spoglie sacre alla sua legittima sede.
Il racconto appena
descritto ha sicuramente tratto in errore l’autore di un articolo apparso nella
rivista Liguria – Rivista mensile di
attualità e cultura del 1991 (citato anche nella rete informatica), il
quale attribuisce la dedicazione della chiesa a questo santo vescovo. Sempre
nello stesso articoletto si fa cenno alle scorrerie saracene che subì la nostra
città: ancora una volta la citazione del periodo di riferimento (secolo XII) è
inesatto, l’episodio avvenne verosimilmente nel ventennio compreso tra il 920 e
il 940.
3- La Torre Saracena
La
torre quadrata posta a guardia contro gli attacchi saraceni, che divenne in
seguito il campanile della chiesa dei Santi Nazario e Celso, è collocabile nella
prima metà del X secolo.
Secondo
il critico Federico Alizieri (4) l’aspetto
del monumento è indizio di remota
antichità, ma nutre dei dubbi su chi possa essere stato il suo effettivo
autore: forse la famiglia Del Giudice (nel secolo XI), secondo il manoscritto del
secolo XVIII della Biblioteca Universitaria.
Oltre
al periodo risulta discordante anche il nome: il cronista settecentesco Nicolò Perasso (5) la cita come Torre d’Albaro, mentre Lazzaro De Simoni (6) la nomina come Torre di San Nazaro (del promontorio
omonimo).
A
breve distanza dal luogo di questa costruzione è tutt’ora presente una torre
del Quattrocento chiamata Torre
dell’Amore(7):
ancora una volta, nella rete informatica, sono presenti notizie errate, che
portano il “lettore” a confondere le due strutture.
4- La Chiesa Paleocristiana dei Santi Nazario e Celso
Le
prime notizie storiche certe sull’edificio risalgono alla fine dell'Vsecolo (8).
Secondo
il Perasso( 9) una
prima costruzione, forse una piccolissima cappelletta, (angusta come era nel suo primo essere) era già presente fin dalla
remota antichità, sorta per commemorare in modo dignitoso il ricordo della
“celebrazione della prima messa”: i
Genovesi […] eressero a loro onore un
tempio in distanza di 60 passi dalla prememorata Torre. Questo fu coltivato, e
venerato dalla pietà de fedeli circa 800 anni e fin tanto che con la spiaggia
circonvicina non fù divorato dalli impetuosi flutti del Mare.
Questa
“tesi” è sostenuta anche dal Novella (10), il quale ci riferisce che trae questa notizia
(coincidente parola per parola con quella del Perasso) da un manoscritto
presente nella biblioteca del convento dei Padri Minori Conventuali della
chiesa di San Francesco d’Albaro.
Dal De Simoni(11)abbiamo un ulteriore
ipotesi: Nessun documento vi accenna, e
questo per la durata di non meno di otto secoli, fino a quando la chiesa dei
santi Nazario e Celso scomparve silenziosamente, come silenziosamente era
sorta, tra i gorghi del mare.
Commento
storico
Analizzando
in maniera più approfondita il testo del Perasso si viene “assaliti” da
“comprensibili” dubbi: è discutibile fissare in otto secoli il periodo di culto
di questi martiri, considerando che la leggenda dei martiri, come già riferito,
è da fissare in un periodo compreso tra il VI e VII secolo; anche la distanza
di sessanta passi (circa cento metri) appare poco accettabile: la costruzione
sarebbe da collocare nella piccolissima spiaggia (12), quindi poteva trattarsi di una semplice
edicola votiva.
5- Il Palazzo della famiglia Zaccaria
Nella notte fra il 13 e
il 14 dicembre 1311 muore nella nostra città, colpita da un’epidemia di peste,
un’importante “figura politica” dell’Europa di quel tempo: Margherita di
Brabante, coniuge dell’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo.
Questa notizia, forse
poco pubblicizzata negli ambienti scolastici cittadini, è stata oggetto di
numerose interpretazioni storiche, in primo luogo sulla data, esistono almeno
sette versioni diverse, e in seconda analisi sul luogo: l’imperatrice muore
nella “residenza”, fuori dalle mura cittadine, della famiglia Zaccaria: Palatio Heredum Benedicti Zachariae et in
urbis appendicibus ubi Bisagnum ad partem Orientalem juxta mare (13).
Da quanto detto alcuni
studiosi del secolo scorso, tra cui il Ferretto e il Mazzotti, ritennero che
tale residenza poteva essere collocata alla Foce, interpretando, forse in
maniera “frettolosa”, le parole dello storico di corte juxta mare, come una vicinanza alla costa.
Nel XIV secolo il
“nostro quartiere” non aveva sviluppo residenziale, quindi la “prossimità al
mare” delineata da Alberto Mussato (considerando che è un padovano) deve essere
ricercata in un altro contesto cittadino.
Secondo Pietro Barozzi1 (14), l’aerea localizzabile
nel borgo chiamato di San Vincenzo è l’unica “teoria valida”.
5- La “nascita” del Borgo della Foce
Come
da “tradizione consolidata” sappiamo che il “nostro quartiere” rimase
disabitato fino agli inizi del secolo XV, consultando le fonti storiche tale “dato”
è confermato pur se mi sembra preferibile fissare questo “episodio” nella
seconda metà del XIV secolo. Fino a quest’epoca la proprietà di questa “vastità
terriera”(15) apparteneva all’abbazia
di Santo Stefano. Prima di questo periodo, le uniche notizie riscontrate non ci
forniscono un quadro completo degli edifici presenti e soprattutto non indicano
la presenza di un insediamento abitativo tale da poter essere considerato
“borgo”.
E’ doveroso effettuare
una piccola digressione: nel Trecento Genova, nonché tutta l’Europa, fu vittima
di varie epidemie, da non dimenticare la peste
nera che dimezzò la popolazione nel biennio 1348 – 1349. Per assistere
questi malati furono allestite delle strutture, forse anche in tempi successivi
e fuori dai centri abitati, per non trovarsi “impreparati” ad ulteriori episodi
che si potessero verificare nel futuro. E’ molto probabile che l’allestimento o
la costruzione del Lazzaretto della Foce possa essere avvenuta in un intervallo
di tempo (16) compreso tra il 1350 e
il 1372 (o forse 1383: anno dell’ultima epidemia del secolo): quest’ipotesi è
suffragata dal fatto che nel 1467 risulta antico e in rovina.
Provando
a formulare delle ipotesi, possiamo credere che attorno a questa struttura
assistenziale si possa essere formata una piccola “comunità di collaboratori”
che abbia dato vita ad un primissimo nucleo abitativo: se diamo credito alla
descrizione cinquecentesca del Giustiniani dobbiamo credere che la presenza di
abitazioni, riferita al XV secolo, non doveva superare le otto case.
La
prima “notizia storica” sulla zona della Foce è stata reperita in un atto
notarile del 1448, riguardante la vendita di una casa vicino alla spiaggia
nella villa Faucis Bisannij (17).
6- La Cappella Medioevale di San Bernardo
Nel 1461 esisteva
una cappella dedicata al santo abate?
La
notizia è tratta da una pubblicazione di fine Ottocento di Francesco Podestà: dopo
aver consultato la “fonte storica” (18) da
cui è stata ricavata la notizia in questione, il mio pensiero in merito è molto
diverso rispetto all’autore del volumetto.
Nel
manoscritto sopra citato si fa cenno ad una “supplica”, datata 5 gennaio 1461,
degli ortolani del Bisagno circa le multe per gli affiliati dell’Arte che non
avessero ottemperato alla prescrizione di assistere, nei giorni stabiliti, agli
Uffizi Divini nella chiesa di San
Bernardo.
La chiesa
in questione difficilmente può essere considerata una “precedente cappella”
sita nello stesso luogo dove all’inizio del XVII secolo verrà edificato il
complesso monastico dell’Ordine dei Bernardoni, in quanto nel XV secolo, nella
zona della Foce, era presente solo la cappella dedicata a San Pietro, di
proprietà della famiglia Credenza, la stessa a cui appartiene il redattore del
manoscritto in oggetto: quindi mi sento di poter escludere una possibile
“confusione” di nomi fatta dall’autore, perciò la chiesa di san Bernardo (forse
di “patronato” degli ortolani del Bisagno nel XV secolo), è da ricercare in un
altro contesto cittadino.
Consultando
altre “fonti locali” (Syndicatus del
1311 e Tassa Straordinaria di Urbano VI
del 1387) si evince che la chiesa citata nel manoscritto del 1461, è quella
posizionata sul “monte del Peralto”, vicino alla porta di San Bernardino.
E’
evidente che la conclusione a cui giunge il Podestà non è stata approfondita,
conducendo all’errore anche gli autori di una pubblicazione del 1973 (Immagini di Vita tra terra e mare – la Foce
in età moderna e contemporanea 1500 – 1900): l’elaborato “appare” come una
“rivisitazione” sulla scorta di basi culturali, che rispecchiano l’epoca
dell’autore e non quella del Quattrocento.
7- La distruzione della chiesa di San Pietro
L’antica chiesa di San
Pietro, dopo il 1811, fu trasformata in oratorio: il giorno di Natale del 1821
subì gravissimi danni a seguito di una grandissima “catastrofe naturale”, rendendola inutile agli usi del culto,
che in molti riferiscono come “furiosa mareggiata” (19), mentre altri riferiscono di un “maremoto” (20): ma non fu distrutta completamente!
Sappiamo che era in
possesso di Monsignor Filippo Oneto: morto nel 1887 il fabbricato fu venduto
alla “pubblica asta”: la chiesa fu trasformata in magazzino e poi in
un’osteria, rimase solo una campana che per molti anni servì come “orologio
pubblico” (21) del borgo.
8- L’Oratorio delle Anime Purganti
Tutte le pubblicazioni consultate relative all’Oratorio
della Foce, fissano al 1602 la costruzione dell’edificio.
Ciò avvenne grazie
all’opera del Venerabile Bartolomeo da Salutio, coadiuvato da Giovan Battista
Senarega (deceduto nel 1609) e da Giovan Battista Castello. Consultando la
biografia di Bartolomeo Cambi esistono due periodi in cui lo troviamo presente
nella nostra città, vale a dire alcuni mesi del 1593 e il periodo dell’Avvento
del 1602 (per predicare nella Cattedrale): il Novella riporta un diverso
periodo in cui il frate francescano “insegnava” nella chiesa Metropolitana di
Genova, vale a dire la Quaresima dell’anno 1602.
In base
agli elementi a nostra disposizione è plausibile pensare che la costruzione
dell’oratorio possa essere collocata in un arco di tempo che va dal 1593 al
1602.
NOTE
1 GIULIO
MISCOSI, I Quartieri di Genova Antica,
Genova 2004, p. 257.
2 GIROLAMO
SERRA, Storia dell’Antica Liguria e di
Genova, Genova 1834, p. 17: «… e il
medesimo [popolo dei Focesi] forse o
un simile popolo al sinistro lato di Genova l’amenissimo poggio di Calignano»;
da quanto affermato non si ha nessun riferimento esplicito a probabili
“fondatori” del nucleo abitativo della Foce.
3 DANIELE
CAGNIN, Storia della Leggenda dei Santi
Martiri Nazario e Celso, novembre 2014 (http/anticafoce.blogspot.it).
4 FEDERICO
ALIZIERI, Guida artistica per la città di
Genova, vol. 1, Genova 1846, p. 583.
5 NICOLO’
PERASSO, Memorie e notizie di chiese ed opere pie di
Genova”, manoscritto
1770 ca., c. 246r.
6 LAZZARO
DE SIMONI, Le Chiese di Genova,
Genova 1948, p. 129.
7 GIULIO OTTONELLI, Vedute e descrizioni della vecchia Genova, Genova 1973, p. 12.
8 LUIGI TOMMASO BELGRANO, Atti Società Ligure di Storia Patria, VOL. II, p. 27, Genova 1871.
Atto redatto nel maggio dell’anno 987 dal
Notaio Fulconio, nel quale è documentato che il Vescovo Giovanni II
avvallò la donazione (inter vives),
fatta dalla famiglia Del Giudice ai monaci benedettini di Santo Stefano (nella
persona dell’abate Eriberto), per ufficiare la Basilica Sancti Nazarii que fundata est prope ripa maris in loco qui
dicitur Albario ubi ad Sanctos Peregrinos
9 N.
PERASSO, Memorie e Notizie, c. 246v.
10 PAOLO
NOVELLA, Memorie dei SS Nazario e Celso,
p. 365.
11 L.
DE SIMONI, Le Chiese di Genova, p.
130.
12 DOMENICO
CAMBIASO, L’anno ecclesiastico e le feste
dei Santi in Genova.
13 ALBERTO
MUSSATO, Historia augusta de gestis
Heinrici VII Caesaris
14 PIETRO
BAROZZI, Momenti di Geografia Storica
Genovese, Genova 2000, pp. 103 – 112
15 CF. LUIGI TOMMASO BELGRANO, Atti Società Ligure di Storia Patria:
«Cum decimis et primiciis ad supradictam
Ecclesiam pertinentibus, per fines et spacia locorum a flusio Vesano usque rivo
Vernazola et a via publica usque in mare».
CF. Manoscritto Biblioteca Universitaria, N° 255, Miscellaneo di scritture ecclesiastiche:
«Domenicalij, quae ipsi qui abitavi, et
habitaverint in Civitate Januae et in Burgo, et in Castro, in praesentibus quod
in futuris temporibus a flumine Besagni usque flumen Sturlae».
16 Sembra poco probabile (o comunque non
verificata), una notizia (tratta dalla rete telematica) che pone la costruzione
del Lazzaretto nel XIII secolo.
17 ANDREA DE CAIRO, Venditio 23 ottobre 1448, filza 4 (A.S.G., Notai Antichi, filza – n° generale d’ordine 784, atto n° 272). In un successivo atto del 1449 è nuovamente citata villa
Faucis Bisannij, ulteriormente in altro atto dell’11 maggio 1474, risulta
come villae Fucis Bisannae: è curioso sottolineare come nell’arco di
venticinque anni il nome “cambia”.
18 DIVERSORUM – Officium Monete, N° 1006, Registro
Cancelliere Nicola di Credenza, 1460 - 1461, c. 58 (A.S.G, Archivio Segreto, N° 570).
19 CASALIS GOFFREDO, Dizionario Geografico Statistico Commerciale degli Stati di S. M. il Re
di Sardegna, p. 480.
ANGELO REMONDINI, Le Parrocchie
suburbane, Genova 1882, p. 89.
OTTONELLI
GIULIO, Vedute e descrizioni della
vecchia Genova, Genova 1973, p. 40.
20 P. NOVELLA, L’antica chiesa di San Pietro, p. 472.
«La terribile tempesta che durò fino al giorno
27 fu una delle più spaventevoli e dannose ricordate dagli annalisti. Le onde –
dicono costoro – salivano fin sui tetti delle case anche le più alte, poste in
vicinanza della ripa». (LAZZARO DE SIMONI, Le Chiese di Genova, p.
167).
21 Nel corpo principale presso l’angolo
nord – ovest havvi una piccola torre con orologio, della quale per concessione
a titolo precario fatto dal fu Monsignor Oneto, ne ha l’accesso e l’uso
l’amministrazione comunale per regolare e mantenere l’orologio che ivi si trova
per comodo del pubblico. (Notaio
Benedetto Bagnasco, Volume 42, atto n° 47 – A.S.G., Notai IIIª sezione Genova, N° 2754)
FOCI – FOCESI – FOCIA
Edoardo Maragliano
Se è vero che il rione Foce non ha niente a che vedere con i focesi, è
pur vero, però, che Genova ha avuto molti rapporti con i focesi di Focea,
colonia greca situata sulle sponde dell’Asia Minore e fondata da Greci
fuorusciti dalla madre patria Focide.
Da Focea molti dei suoi abitanti si dipartirono per fondare altre
colonie sparse sulle coste del Mediterraneo, tra cui, per esempio Massalia (Marsiglia), Reggio (Reggio Calabria), etc.
Dopo il Trattato del Ninfeo (1265) i Genovesi ebbero la possibilità di
stabilire molti contatti commerciali e costituire fondaci in molte località
dell’Impero Bizantino, tra cui anche Focea (l’odierna Foca).
L’interesse che i Genovesi nutrivano per quei posti si basava sul fatto
ch’erano ricchi di una resina, prodotta dal lentisco, utilizzata in quei tempi
per profumare l’alito e che si masticava a lungo, per cui fu detta “mastice”.
Tale resina, soprattutto nelle classi elevate, era richiestissima ed è proprio
per questo motivo che i mercanti genovesi la importavano in gran quantità per
riversarla sui mercati dell’occidente europeo.
Focea, in particolare, fu occupata nel 1275 dagli Zaccaria; nel 1316
passò ai Cattaneo; Simone Viguzzo nel 1346 se ne impossessò, dopo essere stata nelle
mani dei Veneziani.
Michele Duca riferisce che alcuni Genovesi abbiano fondato a pochi
chilometri dalla vecchia Focea, una nuova Focea.
Fin qui la storia dei rapporti di Genova con i focesi di Focea, ma v’è
ancora qualcosa di curioso da raccontare: la storia è questa.
Il Comune di Genova nell’Ottocento, volendo ricordare questi fatti,
cambiò il nome del vicolo detto della Madonna, già “Bertucca”, con quello di Fôxia nova ed il
vicolo dei Gatti con quello di Fôxia vegia (Focea in genovese corrisponde
a Fôxia).
Successivamente gli incaricati del Comune, ignari che Fôxia fosse
Focea ed interpretandolo invece come un’errata genovesizzazione di “foglia”,
mutarono Fôxia
in
Foggia.
Durante il regime fascista in cui vi fu la mania di italianizzare
tutto, Foggia diventò
“Foglia”: da qui i toponimi di “Foglie Nuove” e “Foglie Vecchi”. Questi due
vicoli congiungono via Gramsci con via Pré.
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