Severino FOSSATI (Presidente ISCUM
– Istituto di Storia della Cultura Materiale)
&
Daniele
CAGNIN
![]() |
La Foce vista dalla Madonna del Monte in un quadro del 1841 (Milano, UBI Banca) |
La chiesa dei SS. Nazario e Celso e il
Borgo della Foce
Una notizia che
riguarda l’antico borgo della Foce è
quella che riporta il Giustiniani1nei suoi Annali: riferisce che la chiesa2dei santi Nazario e
Celso, stando all’opinione diffusa ai suoi tempi, era quella in cui fu
celebrata la prima messa pubblica in tutta Italia. Ovviamente la notizia è poco
credibile, sta di fatto però che nel 1535 la Rettoria di SS. Nazario e Celso
comprendeva Albaro e la piana del Bisagno e quindi anche il borgo dei pescatori
della Foce con otto o dieci case, probabilmente separate come appare nell’iconografia
di Alessandro Baratta (secolo XVII).
La chiesa di San Pietro
Nel XVI secolo vi era una cappella3dedicata a san Pietro, protettore dei pescatori, e come le altre costruzioni era edificata praticamente sulla spiaggia che era un po’ sopraelevata rispetto al bagnasciuga a causa dello scalino naturale che compare nelle spiagge sassose, dovuto all’azione delle onde del mare in burrasca che accumulano le pietre. Questo scalino è raramente superato dal mare, solo con l’azione del vento l’acqua riesce a salirvi ed è forse la ragione per cui su questa spiaggia, nonostante fosse ridotta, si sono costruite navi, in quanto si riteneva che il cantiere fosse al sicuro dai marosi.
Nel XVI secolo vi era una cappella3dedicata a san Pietro, protettore dei pescatori, e come le altre costruzioni era edificata praticamente sulla spiaggia che era un po’ sopraelevata rispetto al bagnasciuga a causa dello scalino naturale che compare nelle spiagge sassose, dovuto all’azione delle onde del mare in burrasca che accumulano le pietre. Questo scalino è raramente superato dal mare, solo con l’azione del vento l’acqua riesce a salirvi ed è forse la ragione per cui su questa spiaggia, nonostante fosse ridotta, si sono costruite navi, in quanto si riteneva che il cantiere fosse al sicuro dai marosi.
Nel 1604 la Diocesi di Genova acconsentì ai
pescatori della Foce di vendere4a G. M. Massucci fu Bartolomeo per 560 lire la chiesetta
di san Pietro ormai vecchia, indecente e pericolante con il terreno pertinente,
perché potessero completare la costruzione di una nuova chiesa, sempre sulla
spiaggia. Evidentemente la “vecchia chiesetta” esisteva già al tempo del
Giustiniani anche se non è presa in “seria considerazione” perché troppo
piccola e considerata una cappella.
La nuova chiesa di
san Pietro era ubicata in quella costruzione che nelle vecchie mappe catastali chiude la piazza della Foce
con il numero catastale 30915. Nella mappa catastale del 1808, in piena epoca
napoleonica, sopra il mappale è scritto esplicitamente Eglise de Saint Pierre. Questo fatto è importante perché secondo
taluni, la piccola chiesa fu “distrutta” da una mareggiata nel 1821 (tra il 25 e il 27 dicembre),
mentre l’edificio (successivamente trasformato in abitazioni e a cui nel 18926furono aggiunti due
piani), in questione fu demolito circa cento anni dopo. Vi sono varie conferme
relative a questo edificio: esaminando la fotografia della facciata dei primi
del Novecento, si vede come la distanza verticale tra le finestre non
corrisponde tra il piano terra ed il primo; inoltre, da fonte orale, si sa che
all’interno vi era un salone, forse una “palestra”.
Nel
1604 la salita oggi chiamata dei
Fogliensi non esisteva, e la chiesa di San Bernardo fu costruita subito a
ponente della salita che dalla spiaggia conduceva alla via di san Vito e del
Pino. Forse poteva esistere al posto della salita un sentiero che portava alla sommità
del capo, dove al posto del convento di san Bernardo ancora da costruire, secondo
il Podestà7, esisteva una
cappella almeno dal 1461 dedicata già al santo abate.
Ai primi del Seicento
padre Antonio Boasi fece erigere il convento di San Bernardo disegnato dal
milanese Francesco da Novo e nel 1615
venne consegnato ai padri Fogliensi o Bernardoni dei Cistercensi.
L’Epoca Napoleonica
Nell’anno 1797 cadde la Repubblica Aristocratica sostituita da quella Democratica che adottò le nuove leggi proposte dalla Rivoluzione d’oltralpe. Probabilmente in vista del diverso atteggiamento del nuovo regime nei confronti della Chiesa, nello stesso anno, l’oratorio di san Pietro fu trasformato in parrocchia. Nel 1811, essendo ormai la Liguria da tempo annessa alla Francia, per decreto imperiale la parrocchialità del borgo della Foce fu trasferita nella chiesa di san Bernardo, che nella stessa occasione fu chiuso perché su sessantatre celle disponibili ve ne erano solo undici occupate dai religiosi.
La chiesa di San Vito
Anche se il Giustiniani non ne parla, l’Alizieri afferma che nel 1475 fu portata a termine la ricostruzione della chiesa di san Vito, in cima all’attuale via omonima, alla confluenza con l’attuale via Trento; in precedenza esisteva un’altra chiesa8, precedente al 1146 (e forse anteriore al 1079), che apparteneva agli abati di santo Stefano. Con la già citata ricostruzione portata a termine dal frate Ribaldo da Genova, passò all’ordine dei Predicatori. Dal disegno del Torricelli del 1782, essa appare con un campanile a cuspide e con le pareti a strisce bianche e nere, come le costruzioni annesse. Non si hanno altre notizie sulla chiesa di san Vito, ma sempre dall’Alizieri apprendiamo che, verso la metà dell’Ottocento era già sconsacrata e l’insieme degli edifici annessi, compresa la chiesa, erano diventati da tempo di proprietà privata. L’ex convento di san Vito, ormai semidistrutto, infatti, fu acquistato verso la metà dello stesso secolo dall’armatore genovese Raffaele Rubattino che lo trasformò in villa neoclassica, la villa di san Vito. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1881, passò al suo banchiere svizzero Hofer, e divenne quindi la villa Hofer.
Anche se il Giustiniani non ne parla, l’Alizieri afferma che nel 1475 fu portata a termine la ricostruzione della chiesa di san Vito, in cima all’attuale via omonima, alla confluenza con l’attuale via Trento; in precedenza esisteva un’altra chiesa8, precedente al 1146 (e forse anteriore al 1079), che apparteneva agli abati di santo Stefano. Con la già citata ricostruzione portata a termine dal frate Ribaldo da Genova, passò all’ordine dei Predicatori. Dal disegno del Torricelli del 1782, essa appare con un campanile a cuspide e con le pareti a strisce bianche e nere, come le costruzioni annesse. Non si hanno altre notizie sulla chiesa di san Vito, ma sempre dall’Alizieri apprendiamo che, verso la metà dell’Ottocento era già sconsacrata e l’insieme degli edifici annessi, compresa la chiesa, erano diventati da tempo di proprietà privata. L’ex convento di san Vito, ormai semidistrutto, infatti, fu acquistato verso la metà dello stesso secolo dall’armatore genovese Raffaele Rubattino che lo trasformò in villa neoclassica, la villa di san Vito. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1881, passò al suo banchiere svizzero Hofer, e divenne quindi la villa Hofer.
La Spedizione dei Mille
Il borgo della Foce fu coinvolto nella storia del Risorgimento Italiano: la sera del 5 maggio 1860, parte del contingente della spedizione dei Mille, si imbarcò sulle barche messe a disposizione dai pescatori locali, per raggiungere nella notte con il resto dei volontari partiti da Quarto, le due navi Piemonte e Lombardo, che, requisite in porto la sera stessa, la mattina del 6 partirono alla volta di Telamone. Questo fatto fu ricordato cinquant’anni dopo dai pescatori tramite una lapide affissa nella sede della loro Società che era nella casa più a mare e presso il Cantiere. Questa lapide, con la demolizione dell’edificio dopo il 1935, fu affissa nella Casa dei Pescatori, presso la foce del Bisagno, ove si trova tutt’ora.
Il borgo della Foce fu coinvolto nella storia del Risorgimento Italiano: la sera del 5 maggio 1860, parte del contingente della spedizione dei Mille, si imbarcò sulle barche messe a disposizione dai pescatori locali, per raggiungere nella notte con il resto dei volontari partiti da Quarto, le due navi Piemonte e Lombardo, che, requisite in porto la sera stessa, la mattina del 6 partirono alla volta di Telamone. Questo fatto fu ricordato cinquant’anni dopo dai pescatori tramite una lapide affissa nella sede della loro Società che era nella casa più a mare e presso il Cantiere. Questa lapide, con la demolizione dell’edificio dopo il 1935, fu affissa nella Casa dei Pescatori, presso la foce del Bisagno, ove si trova tutt’ora.
La popolazione del Cinquecento
Per quanto riguarda la popolazione, alla fine del Cinquecento il Borgo contava, come già accennato, otto o dieci case, mentre sappiamo da un manoscritto che si trova nell’Archivio di Stato di Genova9, che tra il 1610 ed il 1630 la popolazione della Foce Marina era costituita da 10 fuochi con 70 anime, mentre quella della Piana di Bisagno era di 126 fuochi con 678 anime. Ambedue le circoscrizioni dipendevano dalla rettoria di San Nazario e Celso10.
Per quanto riguarda la popolazione, alla fine del Cinquecento il Borgo contava, come già accennato, otto o dieci case, mentre sappiamo da un manoscritto che si trova nell’Archivio di Stato di Genova9, che tra il 1610 ed il 1630 la popolazione della Foce Marina era costituita da 10 fuochi con 70 anime, mentre quella della Piana di Bisagno era di 126 fuochi con 678 anime. Ambedue le circoscrizioni dipendevano dalla rettoria di San Nazario e Celso10.
La popolazione dell’Ottocento
Per la parrocchia della Foce, che oltre al Borgo della Foce comprendeva anche il Borgo Rivale e altre case della piana, abbiamo dei dati demografici abbastanza sicuri relativi all’anno 1803 e 1809: erano 759 prima e divennero 1246 dopo, quando nel cantiere navale l’attività era fiorente.
Per la parrocchia della Foce, che oltre al Borgo della Foce comprendeva anche il Borgo Rivale e altre case della piana, abbiamo dei dati demografici abbastanza sicuri relativi all’anno 1803 e 1809: erano 759 prima e divennero 1246 dopo, quando nel cantiere navale l’attività era fiorente.
I dati del 1803
sono ancora gli stessi del già citato manoscritto dell’archivio di Stato,
relativi ai primi decenni del 1600, cui corrispondevano 10 fuochi per il borgo
della marina.
Probabilmente in
questi primi anni del XIX secolo si è iniziato ad alzare le abitazioni. Già nel
1747 la Foce era già quasi tutta edificata: sembra mancare l’edificio più
vicino al mare e quindi manca via del Gambero, e le case lungo l’attuale salita
Fogliensi: probabilmente manca proprio la salita11, in quanto la chiesa di san Pietro è ancora presso le
case, sulla spiaggia. Sono pure presenti due case del borgo di Rivale, presso
l’angolo di nord-ovest del Lazzaretto.
L’urbanizzazione dell’Ottocento
Nella mappa catastale del 1808 il Borgo diventa completamente edificato: questa mappa è importante perché ci informa sulla viabilità in modo chiaro. La strada principale è quella che dal centro del muro del Cantiere, all’altezza della porta, attualmente via Costantino Morin, saliva verso la chiesa di san Bernardo: è chiamata Chemin de st. Bernard de la Foce. Questa via permetteva ai parrocchiani della piana di accedere alla chiesa evitando di attraversare il Borgo. Prima di arrivare alla chiesa, veniva raggiunta da una breve salita che iniziava in fondo alla salita al confine tra la palazzata ed il palazzo distinto con il numero 1 di via Giuseppe Casaregis: tuttora è presente un passaggio normalmente chiuso da un cancello che protegge un posteggio. In un’altra mappa catastale, della fine dell’Ottocento è detta Discesa della Costa. Prima di arrivare alla chiesa, è raggiunta dalla via di San Vito, di cui un tratto è presente tutt’oggi. La strada dopo la chiesa rientrava, scendendo nella valletta ove era una scuola di suore e poi risaliva fino ad incontrare via Lavinia poco prima del ponte di via Cocito, passando in mezzo agli attuali palazzi. In una mappa catastale dei primi del Novecento, la via di San Bernardo, è segnata come Via degli Olivi ora del Cigno.
Nella mappa catastale del 1808 il Borgo diventa completamente edificato: questa mappa è importante perché ci informa sulla viabilità in modo chiaro. La strada principale è quella che dal centro del muro del Cantiere, all’altezza della porta, attualmente via Costantino Morin, saliva verso la chiesa di san Bernardo: è chiamata Chemin de st. Bernard de la Foce. Questa via permetteva ai parrocchiani della piana di accedere alla chiesa evitando di attraversare il Borgo. Prima di arrivare alla chiesa, veniva raggiunta da una breve salita che iniziava in fondo alla salita al confine tra la palazzata ed il palazzo distinto con il numero 1 di via Giuseppe Casaregis: tuttora è presente un passaggio normalmente chiuso da un cancello che protegge un posteggio. In un’altra mappa catastale, della fine dell’Ottocento è detta Discesa della Costa. Prima di arrivare alla chiesa, è raggiunta dalla via di San Vito, di cui un tratto è presente tutt’oggi. La strada dopo la chiesa rientrava, scendendo nella valletta ove era una scuola di suore e poi risaliva fino ad incontrare via Lavinia poco prima del ponte di via Cocito, passando in mezzo agli attuali palazzi. In una mappa catastale dei primi del Novecento, la via di San Bernardo, è segnata come Via degli Olivi ora del Cigno.
In seguito, il
toponimo Via del Cigno passerà per un
certo tempo all’attuale via Costantino Morin. Data la ingombrante presenza del
Cantiere, e prima del Lazzaretto, l’unica via per uscire dal Borgo era quello
di seguire la cinta a partire dalla via del Cigno, l’attuale via Enrico
Cravero, detta Via del Lazzaretto
nella mappa del 1808 e via al Cantiere in quelle di circa un secolo successivo.
Questa via continuava fino al mare ed era collegata alla Piazza della Foce
attraverso la Via alla Foce e la Via del Gambero. In pratica la Via alla
Foce attuale ricalca abbastanza la vecchia.
L’innesto di via
del Cigno con la strada che costeggiava il cantiere formava una piazzetta nella
direzione verso il mare. La strada del Lazzaretto proseguiva fino al mulino e
poi ruotava in direzione del Bisagno: attraverso la Crosa storta de la Foce si arrivava all’attuale vico chiuso Lorenzo
Pareto e quindi in via Rivale che raggiungeva il Borgo Pila e quindi il ponte.
Nel 1874 si ebbe
l’annessione del Comune della Foce al Comune di Genova assieme ad altri comuni
del levante, quelli di Marassi, Staglieno, San Fruttuoso, San Martino e Albaro.
Il Comune di Genova, come da tempo si pensava, programmava di edificare la
piana e quindi nel 1877 pubblicò il Piano Regolatore, che lasciava intatti i
Borghi di Rivale, della Pila e della Foce, nonché il cantiere navale, lasciando
libero un ampio spazio a monte del cantiere, la Piazza del Popolo, ma
costruendo i palazzi della via Enrico Cravero sul lato di levante, perché ciò
non richiedeva molto lavoro di sbancamento.
L’urbanizzazione del Novecento
In seguito però, al
piano regolatore originale, furono apportate varianti inclusa l’apertura di via
Casaregis fino al mare, nel 1900.
Quest’ultima operazione
comportava la demolizione parziale del borgo della Foce, oltre al taglio del
promontorio che chiudeva il borgo.
La demolizione
della palazzata del Borgo,
costringeva molte persone ad abbandonare la vecchie case, per lo più in
affitto: a questo scopo ai primi del Novecento, venne costruito il palazzo
popolare nell’attuale via Nizza le cui abitazioni vennero assegnate agli
sfrattati. Ancora nell’estate del 1914 persone entravano nella nuova abitazione
popolare. Altri abitanti sfrattati o espropriati, avendone i mezzi si portarono
nei nuovi palazzi di via Enrico Cravero. Molti, trattandosi di un borgo di
pescatori, avevano le attrezzature per la pesca nei magazzini delle vecchie
case: furono costretti ad utilizzare i negozi dei nuovi edifici, come ancora
negli anni Quaranta del secolo scorso avveniva nel civico 2 di via Costantino Morin
lato via Enrico Cravero.
Entro l’inizio
della Prima Guerra Mondiale furono costruiti a seguire quelli di via Giuseppe Casaregis
dal civico 4, lato ponente, ed alcuni del lato di levante.
Il terrapieno che
avrebbe coperto il taglio del monte per il prolungamento di via Giuseppe Casaregis,
avrebbe permesso la costruzione sovrastante di via Nizza. Quest’operazione
cancellava la via del Cigno, il cui toponimo rimase per un certo tempo limitato
all’attuale via Costantino Morin.
L’accesso alla
chiesa c’era comunque attraverso le tre scale coperte frontali. L’attuale
scalinata addossata al terrapieno di via Nizza non esisteva ancora e al suo
posto vi erano i lavatoi. Il tracciato di via Nizza cancellò parzialmente nella
sua parte finale via san Vito, lasciando solo il tratto tuttora presente.
Cancellò pure un’altra salita che partiva da via Enrico Cravero, da dietro
l’ultimo palazzo che ha l’ingresso in via Cecchi portava in via San Vito: fu in
parte sostituita da salita Vignola e le scale a destra.
Nel 1897 dalla linea tranviaria Ponte Monumentale – Tommaseo
della Società arrivò alla Foce il tram: in precedenza esistevano quelli a
cavallo su binari arrivati a Genova dal 10 Marzo 1878.
Corso Italia
Tra il 1905 ed il
1914, dopo una lunga trafila di piani relativi all’urbanizzazione di Albaro,
che coinvolgevano il lungomare, venne costruita Corso Italia che cancellò molte
zone caratteristiche della costa. La rampa iniziale, parzialmente artificiale
perché in parte fu costruita sul mare o sugli scogli, in parte distrusse le
vecchie case sul mare, quelle poste a mare della salita verso la chiesa, compresa
quella che un tempo era la vecchia chiesa di san Pietro. Fu necessario il
taglio della Punta Vagno, la costruzione di un ponte per scavalcare la valletta
dell’attuale via Piave che in parte è costruita su riempimento, e la
distruzione della chiesetta dei santi Nazario e Celso ormai trasformata in
abitazioni. Lungo il Corso, sotto il muraglione vi era il Lungomare Lombardo, una
struttura in cemento a difesa terrapieno dal mare, che costituiva anche una
passeggiata tempo permettendo.
Il rio che scendeva
nella valletta che sfociava poco discosto dal vecchio convento, attuale via
Podgora, venne incanalato e le sue acque si immettevano in mare attraverso un
piccolo pennello. Lateralmente vi era ricavata una scaletta che permetteva di
imbarcarsi su vaporetti per giri turistici.
Nel 1935, vennero
demolite le ultime case che ancora impedivano la realizzazione completa di via Giuseppe
Casaregis: per gli abitanti, fu realizzata la Casa dei Pescatori sulla sponda
destra del Bisagno, di cui in quel tempo veniva completata la copertura.
Il completamento di via Casaregis avvenne nel 1938. In
corrispondenza della Piazza dei Pescatori fu costruito un distributore di
benzina dismesso nel 2009.
La Seconda Guerra Mondiale
Lo scoppio della
seconda guerra mondiale interruppe la realizzazione del piano, ma ormai il
Borgo della Foce era stato trasformato.
La guerra con i
suoi bombardamenti, come ovunque, fu causa di varie distruzioni: notevole fu
l’accanimento nella zona dell’ultima parte vecchia rimasta. La chiesa dei SS. Pietro
e Bernardo fu colpita in due occasioni12e distrutta, come le abitazioni di Salita Fogliensi che
in piccola parte rimasero abitabili. Qui caddero anche spezzoni incendiari in
una notte illuminata dai bengala, e le case bruciarono per giorni. Sempre nella
zona, una bomba cadde in via Nizza sopra i lavatoi dove credevano di aver
trovato rifugio dei ragazzini con la governante. Qualcosa di simile capitò
anche in via Lorenzo Pareto.
La guerra causò
numerosi danni alle abitazioni della piana: vi furono zone particolarmente
colpite come via Lorenzo Pareto, come il numero civico 1 di via Costantino Morin
che nella parte posteriore fu colpita due volte. Nel gennaio del 1943
arrivarono i Tedeschi nella spianata dell’attuale piazza Rossetti e vi si
insediarono con armi antisbarco e con il comando nel civico 49 di via Alessandro
Rimassa. La Foce si trovava così tra le batterie di Punta Vagno, ove
costruirono casematte, sia su Corso Italia, sia su via Podgora (attuale
discoteca) e le truppe tedesche in Piazza Rossetti.
Le strade principali furono chiuse da muraglioni
antisbarco, all’altezza del primo palazzo, lasciando un piccolo passaggio
pedonale ai lati. Inoltre la spiaggia fu interdetta, chiusa con difese anti sbarco
in cemento presso il marciapiede di Corso Marconi e disseminata di mine
anticarro. Sono ancora visibili alcuni segni della guerra: sulla facciata
dell’asilo infantile della Foce, vi sono due cerchi neri molto sbiaditi che
avevano una “I” nera all’interno su campo bianco. Si vedono ancora solo i
cerchi. Stavano ad indicare la prossimità di una presa d’acqua da usare in caso
d’incendio. Un altro segno dell’epoca è quello delle rotture sulla facciata di
via Brigate Partigiane della Questura: sono le tracce delle cannonate sparate
contro subito dopo la fine della guerra per costringere ad arrendersi i
poliziotti asserragliati.
Il Dopo Guerra
Finita la guerra, vi
furono le operazioni di sminamento della spiaggia: due mine anticarro non
furono subito trovate. In seguito, un uomo che aveva raccolto forse una
traversina ferroviaria dal mare, trasportava il peso sulle spalle: per prendere
fiato e riposarsi, fece cadere a terra il peso, proprio sul terreno che
nascondeva la mina che esplose. La seconda fece saltare per aria un camion con
l’autista che probabilmente aveva caricato sabbia sulla spiaggia.
Alla ripresa delle attività,
vi fu la stagione delle corse motociclistiche ed automobilistiche, che si
svolgevano in Corso Italia: ad esse partecipavano anche piloti di un certo
nome, come Alberto Ascari. A causa di gravi incidenti, come quello che vide la
morte del motociclista Cavacciuti nella curva di Punta Vagno, furono soppresse.
Ma ormai i tempi erano
cambiati: le famiglie dei pescatori erano state separate in due gruppi tenuti
lontano dal centro del nuovo quartiere.
Ricordi del Passato
Restava un’area ove un tempo era l’entrata degli operai del cantiere e dove quindi probabilmente avveniva la chiamata: era nella vecchia piazzetta tra Via al Cantiere e la via del Cigno, identificata nell’incrocio di via Costantino Morin con via Enrico Cravero e l’attuale via Alessandro Rimassa.
Restava un’area ove un tempo era l’entrata degli operai del cantiere e dove quindi probabilmente avveniva la chiamata: era nella vecchia piazzetta tra Via al Cantiere e la via del Cigno, identificata nell’incrocio di via Costantino Morin con via Enrico Cravero e l’attuale via Alessandro Rimassa.
Questa si trasformò
in luogo di socializzazione, con la presenza di due osterie di cui una poi si
fregiò del titolo di bar. Ancora nei
primi anni postbellici era il luogo dove si riunivano i giovani, sedendosi su
muretti o scalini, suscitando le proteste di chi di quei sedili vantava la proprietà. In quell’area si assisteva alle
esibizioni di due personaggi caratteristici presenti in ogni comunità, sempre
ubriachi, Madonna e la Geoea, due poveracci che da sobri avevano storie penose alle spalle da raccontare.
Sempre nella stessa zona, in via Cravero, lato a mare, c’era chi costruiva o
riparava barche, anche in mezzo alla strada, mentre nei negozi del tratto
c’erano magazzini dei pescatori. Negli anni Cinquanta però i giovani
incominciavano a motorizzarsi, a sparpagliarsi e quindi, eventualmente a
riunirsi altrove, i pescatori erano sempre meno e la costruzione delle barche
stava diventando una produzione di tipo industriale.
In occasione della
festa del Santo Patrono le manifestazioni duravano tre giorni e comprendevano
la fiera, cioè i banchetti, e venivano effettuate gare sopratutto in
mare, come la caccia all’oca e la gara delle barche; il tutto terminava con i
fuochi artificiali.
Oggi è rimasta la Fiera
e la gara delle barche che chiamano il Palio.
NOTE
1 AGOSTINO GIUSTINIANI, Annali della
Repubblica Genovese, ms. 1537 riveduto dallo Spotorno nel 1846, p. 82
(B.B.G., F.V. Gen B 308/309).
2 DANIELE CAGNIN, La Chiesa dei SS. Nazario e Celso, febbraio 2015,
(http/antifoce.blogspot.it).
3 D. CAGNIN, La Chiesa di San Pietro nel Borgo della Foce…quattro secoli di storia,
agosto 2015 (http/antifoce.blogspot.it).
4 MARCO ANTONIO MOLFINO, Atto del 22 luglio 1604, (A.S.G., Notai Antichi, filza 4060), atto non
verificato.
5 Catasti - Foglio 75 - Mappale 3091 (A.S.G., Mappe N° 216).
6 Catasti
– Registro delle Partite, N° 4745 (A.S.G., Registro delle Partite, N° 323).
7 FRANCESCO PODESTA’, Escursioni Archeologiche in Bisagno, Genova
1897, p. 40.
Dopo
aver consultato la “fonte storica” (DIVERSORUM
– Officium Monete, N° 1006, Registro
Cancelliere Nicola di Credenza, 1460 - 1461, c. 58 – A.S.G, Archivio Segreto, N° 570), da cui
è stata tratta la notizia in questione, il mio pensiero in merito è molto
diverso rispetto all’autore del volumetto.
Nel
manoscritto sopra citato si fa cenno ad una “supplica”, datata 5 gennaio 1461,
degli ortolani del Bisagno circa le multe per gli affiliati dell’Arte che non
avessero ottemperato alla prescrizione di assistere, nei giorni stabiliti, agli
Uffizi Divini nella chiesa di San
Bernardo.
La
chiesa in questione difficilmente può essere considerata una “precedente
cappella” sita nello stesso luogo dove all’inizio del XVII secolo verrà
edificato il complesso monastico dell’Ordine dei Bernardoni, in quanto nel XV
secolo, nella zona della Foce, era presente solo la cappella dedicata a San
Pietro, di proprietà della famiglia Credenza, la stessa a cui appartiene il
redattore del manoscritto in oggetto: quindi mi sento di poter escludere una
possibile “confusione” di nomi fatta dall’autore, perciò la chiesa di san
Bernardo (forse di “patronato” degli ortolani del Bisagno nel XV secolo), è da
ricercare in un altro contesto cittadino.
Consultando
altre “fonti locali” (Syndicatus del
1311 e Tassa Straordinaria di Urbano VI
del 1387) si evince che la chiesa citata nel manoscritto del 1461, è quella
posizionata sul “monte del Peralto”, vicino alla porta di San Bernardino.
E’
evidente che la conclusione del Podestà non è stata approfondita, conducendo
all’errore anche gli autori di una pubblicazione del 1973 (Immagini di Vita tra terra e mare – la Foce in età moderna e
contemporanea 1500 – 1900): l’elaborato “appare” come una “rivisitazione”
sulla scorta di basi culturali, che rispecchiano l’epoca dell’autore e non
quella del Quattrocento.
8 D. CAGNIN, La chiesa di San Vito, aprile 2015 (http/antifoce.blogspot.it).
9 Descrizione dei Luoghi Terre appartenenti alla
Serenissima Repubblica di Genova con dichiarazione degli introiti ed esiti
spettanti alla medesima – 1629
(A.S.G., Manoscritti - N° 218, c. 114).
10 A. GIUSTINIANI, Annali della
Repubblica, p. 82.
11 PAOLO NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, attuale parrocchia in La Settimana Religiosa
del 1932, p. 473.
12 Nel giorno 7
novembre 1942 e nella notte tra il 7 e l’8 agosto 1943.
Bellissimo articolo studio ricerca. Molto interessante.
RispondiEliminaDavanti alle case dei pescatori, non fu costruito un distibutore di benzina ma un ristorante, il San Pietro che in seguito fu orrendamente riciclato in un distributore della Shell.
RispondiEliminaScusate la precisazione
Il ristorante San Pietro era posto davanti alla Casa del Pescatore in fondo a viale Brigate Partigiane; il distributore della Esso invece era in fondo a via Casaregis, in corrispondenza della Piazza dei Pescatori del vecchio borgo, come si evince dall’articolo.
RispondiEliminaSeverino Fossati
Il ristorante San Pietro era posto davanti alla Casa del Pescatore in fondo a viale Brigate Partigiane; il distributore della Esso invece era in fondo a via Casaregis, in corrispondenza della Piazza dei Pescatori del vecchio borgo, come si evince dall’articolo.
RispondiEliminaSeverino Fossati