Daniele Cagnin
Riprendiamo il nostro viaggio, nelle vicende
storiche della Foce Antica, rivolgendo nuovamente il nostro sguardo verso
levante: sostiamo nella piazzetta che serviva da sagrato alla cappella del
Borgo della Foce (precedentemente descritta), e ci troviamo alle pendici di un’erta
salita che ci porterà a visitare l’antico cenobio dell’Ordine Monastico dei
Bernardoni.
Prima di addentrarci nel racconto storico la
nostra vista è attratta dalla “lapide” che indica il nome della salita: via dei Fogliensi. Il toponimo (presente
ancora tutt’oggi e attribuito nel 1880), usato per indicare la prima parte
della collina di Albaro (la zona di Foce Alta), considerando anche la sua traduzione
latina (Phocensis), secondo alcuni, deriverebbe
dal dialetto genovese Fuxensi: quindi
“abitanti della Foce”.
Ma il
complesso monastico che andremo a descrivere, apparteneva all’ordine cenobitico
detto dei Fogliensi1(o per meglio dire
Foglianti) i quali erano monaci appartenenti all’Ordine sorto dalla riforma
introdotta da Jean Baptiste de la Barrière nell’abbazia cistercense di Notre-Dame de Feuillant, presso Tolosa: resisi indipendenti dal capitolo di Cîteaux nel 1592, si diffusero rapidamente in Francia e in Italia, dove erano noti come Bernardoni.
Esisteva pure il ramo femminile delle Fogliantine.
Esiste un ulteriore ipotesi sull’origine di
questo toponimo, già trattato in un precedente articolo, che farebbe derivare
anche l’etimologia del borgo della Foce dall’antico popolo dei Focesi, coloro
che “fondarono” Marsiglia intorno al 600 a.C. La notizia è estrapolata da
Giulio Miscosi: nella sua trattazione2ci
racconta che tale la notizia è presente anche in altri “storici” tra cui
Girolamo Serra3. Ma leggiamo quanto
riferisce: «...il suo nome proviene, non
già dal trascurabile sbocco a mare del torrente, ma dall’antichissima residenza
dei Focesi. Questa tesi sarebbe avvalorata dalla collina di Fogliensi (Phocensis) dove ora sorge la chiesa di San Pietro e
la regione di Foce Alta. Infatti più tardi, verso il Mille, si creò in questo
ameno colle, l’ordine dei Fogliensi, che presero il nome dal luogo dove fu
eretto il monastero». Che l’antico Borgo della Foce possa essere stato, in
epoca preromana, la “residenza” (probabilmente occasionale, visto i presunti
traffici commerciali4con la popolazione
autoctona), non ci sentiamo di escluderlo a priori, ma nello stesso tempo
possiamo escludere che siano stati i “fondatori” di un antico nucleo abitativo.
Da
quanto detto possiamo quindi prendere in considerazione questa tesi, come
“tradizione popolare”, forse consolidata negli anni Sessanta del secolo
precedente, e di cui anche il Miscosi, probabilmente, non è certo, questo
perché non approfondisce la fonte, tanto è vero che conclude tale argomento in
maniera sbrigativa, dicendo: «Tralasciamo
quest’epoca che chiameremo eroica, dove il lettore può pensarla come meglio gli
aggrada»5.
Conclusa
questa breve digressione riprendiamo il nostro itinerario storico.
Giunti al culmine della
salita veniamo “assaliti” da un ulteriore dubbio: nel 1461 esisteva una
cappella dedicata già al santo abate? La notizia è tratta da una pubblicazione
di fine Ottocento di Francesco Podestà: dopo aver consultato la “fonte storica”6da cui è stata ricavata la notizia in questione,
il mio pensiero in merito è molto diverso rispetto all’autore del volumetto.
Nel manoscritto sopra
citato si fa cenno ad una “supplica”, datata 5 gennaio 1461, degli ortolani del
Bisagno circa le multe per gli affiliati dell’Arte che non avessero ottemperato
alla prescrizione di assistere, nei giorni stabiliti, agli Uffizi Divini nella
chiesa di San Bernardo.
La chiesa in questione
difficilmente può essere considerata una “precedente cappella” sita nello
stesso luogo dove all’inizio del XVII secolo verrà edificato il complesso
monastico dell’Ordine dei Bernardoni, in quanto nel XV secolo, nella zona della
Foce, era presente solo la cappella dedicata a San Pietro, di proprietà della
famiglia Credenza, la stessa a cui appartiene il redattore del manoscritto in
oggetto: quindi mi sento di poter escludere una possibile “confusione” di nomi
fatta dall’autore, perciò la chiesa di san Bernardo (forse di “patronato” degli
ortolani del Bisagno nel XV secolo), è da ricercare in un altro contesto
cittadino.
Consultando altre
“fonti locali” (Syndicatus del 1311 e
Tassa Straordinaria di Urbano VI del
1387) si evince che la chiesa citata nel manoscritto del 1461, è quella
posizionata sul “monte del Peralto”, vicino alla porta di San Bernardino.
E’ evidente che la
conclusione a cui giunge il Podestà non è stata approfondita, conducendo
all’errore anche gli autori di una pubblicazione del 1973 (Immagini di Vita tra terra e mare – la Foce in età moderna e contemporanea
1500 – 1900): l’elaborato “appare” come una “rivisitazione” sulla scorta di
basi culturali, che rispecchiano l’epoca dell’autore e non quella del
Quattrocento.
LA VENUTA IN GENOVA
DELL’ORDINE DEI BERNARDONI
L’episodio descritto in questo paragrafo è
riferito dalle “fonti storiche cittadine”, e in particolar modo dai cronisti
ecclesiastici del Settecento, i quali fissano ai primi del Seicento il periodo
in cui i Padri Bernardoni, nelle persone del Padre Claudio da San Giovanni
Battista Borgognone (deceduto nel 1630) e del Padre Antonio Boasi, fecero
istanza (16107) al Serenissimo Senato
per ottenere la licenza necessaria ad erigere un proprio convento nella nostra
città.
Il luogo scelto per la costruzione del
complesso monastico fu il borgo della Foce (in
positura deliziosa8), ottenendo il terreno
in dono (su cui era eretta una villa) dai fratelli Bernardo e Raffaele
Garbarino (ad honorem Dei, et in remedium
animarum suorum9), i quali versarono
ulteriormente una somma di mille genovini. La costruzione fu iniziata nel 1615, su progetto del milanese
Francesco Da Novi: la data è confermata da tutti gli storici dell’Ottocento10.
La devozione cittadina per
san Bernardo Abate deve essere messa in connessione con un importante fatto di
cronaca cittadina: la guerra con il ducato dei Savoia, capitanato da Carlo
Emanuele. Dal Casalis leggiamo quanto segue: «Questo santo abbate di Chiaravalle molto amorevole de’ genovesi venne
eletto protettore di Genova nel 1625, e due anni appresso si cominciò ad
eseguire il voto del senato innalzandogli a spese pubbliche una chiesa [non
è quella della Foce ma quella del centro storico] offerta a’ cistercensi riformati detti fogliesi, ed anche bernardoni,
con parte de’ 7 maggio 1628 accetta in Roma da’ superiori dell’Ordine il dì 4
ottobre dell’anno medesimo»11.
DESCRIZIONE DELLA
CHIESA
La costruzione dell’antica chiesa di San
Bernardo alla Foce fu verosimilmente ultimata entro il 1625. Lo stile del
tempio era a croce greca con cupola (ben visibile da coloro che giungevano da
ponente) ad una sola navata con quattro altari laterali, era di dimensioni
limitate12e ricca di marmi
specialmente nei due precipui altari di
fianco con belle colonne, non che di nobili tele e statue13.
L’esterno mostrava un avancorpo14con tre scalinate coperte che “guardavano la
salita”15; quella centrale fu
chiamata Scala Santa16: nelle pareti erano presenti, pur se
“rovinate” dall’umidità e dalla salsedine alcuni affreschi di Giovan Bernardo
Carbone (1614 – 1683) raffiguranti ventotto episodi della Passione di Gesù
Cristo. Secondo l’Alizieri17, il Carbone ebbe come
collaboratore Bartolomeo Passano; tale notizia è ripresa dal Remondini18il quale aggiunge che il Ratti attribuisce
l’intera opera direttamente all’allievo, sempre lo stesso autore riporta come
nome Giovan Battista: tale notizia non è stata verificata nella pubblicazione
citata.
Nel Coro (forse dopo il 1811, se appartenevano
all’antica chiesa di San Pietro) era presente un quadro di Castellino Castello (1579 - 1649) con la Vocazione di San Pietro, ed altre opere, con alcuni episodi della
vita del santo, di Carlo Giuseppe Ratti (1737 – 1795).
La prima cappella a destra era dedicata a Santa
Cristina, il Novella19erroneamente riporta
Santa Caterina; era presente un quadro con il martirio della santa di Giovanni
Andrea De Ferrari (1598 – 1669), ed uno di Domenico Piola (1627 – 1703),
raffigurante Ognissanti e San Bernardo, nel tempo furono rimossi perché rovinati,
e sistemati in una parete della sacrestia.
Nella seconda cappella erano presenti tre
statue in legno scolpite da Francesco Storace (allievo del Maragliano), le
quali raffiguravano l’Immacolata, San Giuseppe e Sant’Antonio di Padova.
La prima cappella posta nella parte sinistra,
più vicina all’altar maggiore, era quella dedicata a san Bernardo: dopo l’epoca
napoleonica fu consacrato a san Pietro. L’altare fu costruito, nel 165920, grazie all’aiuto economico di Pantaleo
Raggio, canonico della chiesa di san Lorenzo: in quest’anno furono presi accordi
con due scultori, Pietro Mari e Giovan Battista Cappello, con l’intenzione di volerlo
realizzare come quello dedicato a san Domenico nella chiesa di Santa Maria di
Castello e la cappella simile a quella di Santa Teresa a San Carlo. Probabilmente
i lavori terminarono nel 1665 così come attestato da un’epigrafe e da una lapide21posta in chiesa.
Nella seconda cappella della parte sinistra, prima
del 1797, era presente un quadro rappresentante la Decollazione di San Giovanni Battista di Giovan Battista Merani
(1632 ca. – 1698), in seguito trasferito nella chiesa di San Rocco a Granarolo,
forse prima del 1876 visto che l’Alizieri non lo riporta nella sua trattazione.
Tale altare, successivamente, fu intitolato a San Bernardo.
In fondo alla chiesa,
dopo il 1797, fu collocata una statua di Nostra Signora del Rosario proveniente
dalla soppressa chiesa di San Vito.
BREVI CENNI STORICI
I monaci Fogliensi fin dall’inizio si trovavano
in gravi ristrettezze economiche per “vitto,
alloggio e vestito”, per cui nel 162622ottenevano
dal Governo il richiamo dal bando di
due esiliati, Antonio da San Vincenzo e Giovan Battista dei Conti di Canale
Astigiano. Per di più la chiesa, benché da poco costruita, si trovava in cattive
condizioni di stabilità, c’erano copiose infiltrazioni d’acqua che nei giorni
di pioggia potevano peggiorare l’integrità strutturale: minacciavano di rovinare23.
Nel 1644
fu convocato nel convento della Foce il Capitolo Generale24dell’Ordine: il Padre Giovan Francesco generale
dei monaci Fogliensi, chiese la necessaria autorizzazione al Senato della
Repubblica.
Durante la peste del biennio 1656 – 1657 fu prescritto25(23 luglio 1656) al priore del convento di
lasciare “sgombere” alcune celle per essere utilizzate come ricovero per i
malati: il vicino Lazzaretto era insufficiente al numero crescente di appestati:
nel pavimento sotto la cupola della chiesa era presente una lapide che
ricordava un certo sacerdote Francesco Birago da Pavia, il quale venne nella
nostra città a servire i malati di peste; morì vittima della sua carità.
Nel 1654
nella chiesa furono esposte in venerazione le reliquie26di San Massimo martire, su interessamento del
Padre Nicolò, provenienti dalla catacomba di Calepodio in Roma.
Durante il bombardamento inflitto a Genova nel 1684 dai Francesi di Luigi XIV, il
Borgo della Foce subiva parecchi danni tra cui anche il campanile della chiesa:
per questo motivo l’abate Oderico supplicò l’intervento del Senato della
Repubblica per le necessarie riparazioni.
Nei primi decenni del Settecento gli stessi
monaci informavano il Senato del pericolo delle mine27per l’estrazione delle pietre che si faceva
vicino alla chiesa col pericolo di mandarla
in rovina assieme all’annesso convento.
I monaci Fogliensi ufficiarono la chiesa fino
al 1798, quando il “Corpo
Legislativo” del Governo Democratico della Repubblica Ligure (legge del 4
ottobre) né decretò l’espulsione, perché il numero di frati era inferiore a
dodici: il Remondini28riferisce che i monaci perdurarono sino alle rivolture successe nel
declinare del secolo, alle quali avendo preso parte qualcheduno tra essi con
scritti e concioni, non altro direi raccolsero che l’esserne cacciati.
Ai primi dell’Ottocento
il convento fu venduto e trasformato in abitazioni, la chiesa fu chiusa al
culto: fu riaperta nel 1811 quando fu trasferito il titolo parrocchiale di San
Pietro della Foce29.
ALCUNI PRIORI DEL
SECOLO XVIII
Dalla lettura di un fascio di documenti30, presenti all’Archivio di Stato di Genova, si
può ricomporre, pur se parzialmente, l’elenco di alcuni frati del Settecento
che ricoprirono la “carica” di priore; da uno dei documenti consultati, datato 27 aprile 1758, e relativo ad una
ricevuta per “opere lignee”, si scopre che i monaci di San Bernardo erano
proprietari di una casa nella zona di San Fruttuoso.
1734 Padre
Mancherà: documento del 2 marzo;
1753 Padre
Gianluca: documento del 2 marzo;
1756 Padre
Vincenzo: documento del 30 marzo;
1773 Padre
Zerega: documento del 23 gennaio;
NOTE
INTRODUZIONE
1 SAGGI CRONOLOGICI
1688, c. 217.
GIACOMO
GISCARDI, Origine delle Chiese, Monasteri e luoghi pii
della città e riviere di Genova, manoscritto secolo XVIII, c. 96.
GOFFREDO
CASALIS, Dizionario
Geografico Statistico Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna,
Torino 1840, pp. 494 – 495.
2 GIULIO MISCOSI, I
Quartieri di Genova Antica, Genova 2004, p. 256 – 257.
3 GIROLAMO SERRA, Storia dell’antica Liguria e di Genova, Genova 1834, p. 17: ... e il medesimo [popolo dei Focesi] forse o un simile popolò al sinistro lato
di Genova l’amenissimo poggio di Calignano. Certamente que’ luoghi han nomi,
che derivano dal greco.
4 E’ bene ricordare il ritrovamento, nel
1923 nei pressi di Crocetta d’Orero, di numerose monete di argento, risalenti
al III secolo a.C., nelle quali era presente il tetradramma focese.
5 G. MISCOSI, I Quartieri di Genova Antica, p. 257.
6 DIVERSORUM – Officium Monete, N° 1006, Registro
Cancelliere Nicola di Credenza, 1460 - 1461, c. 58 (A.S.G, Archivio Segreto, N° 570).
LA VENUTA IN GENOVA DELL’ORDINE
DEI BERNARDONI
7 NICOLO’
PERASSO, Memorie e notizie di chiese ed opere pie di
Genova, manoscritto
1770 ca., c. 102 (A.S.G., Manoscritti, N° 844).
8 G. CASALIS, Dizionario
Geografico, p. 495.
N. PERASSO, Memorie e notizie di chiese, c. 102: «quivi gionti doppo l’aver prese le misure
piu’ adatte per conseguire l’Intento fecero istanza al Serenissimo Senato per
l’opportuna e necessaria licenza di potervisi stabilire con l’erezione d’un
nuovo monastero».
In un documento del
1626 (vedi nota 22) si legge quanto segue: monasterij
S. Bernardi posit Bisanne prope et extra muros Genuae.
9 G. GISCARDI,
Origine delle Chiese, c. 96.
10 ANGELO
REMONDINI, Le Parrocchie suburbane,
Genova 1882, p. 87: «Secondo che
leggiamo nel manoscritto del Giscardi la eressero qui nel 1615 i monaci
Fogliensi…».
PAOLO NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, attuale parrocchia
in La Settimana Religiosa del 1932, p. 472: «Venne fondata nel 1615 dai
monaci Cistercensi detti Fogliensi e anche Bernardoni. Per la costruzione il P.
Antonio Boasi ne otteneva in dono il terreno dai nobili fratelli Bernardo e
Raffaele Garbarino».
11 CF. N. PERASSO, Memorie e notizie di chiese, c. 102
verso.
DESCRIZIONE DELLA CHIESA
12 Misura 14 metri di
larghezza, 16 metri di lunghezza e 12 metri la dimensione del presbiterio.
13 A. REMONDINI, Le
Parrocchie suburbane, p. 91.
14 Per “avancorpo” si
intende la parte funzionale di un edificio che sporge dalla facciata.
15 P. NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, p. 473: Attorno al quel tempo [1650], col consenso del Senato, i monaci, aiutati
da benefattori ponevano mano alla costruzione della strada e scalinata che
davano accesso alla chiesa.
16 Fu chiamata con
questo appellativo perché nel 1879 il parroco Cesare Augusto Chighizzola
ottenne dalla Santa Sede per chi la
salisse in ginocchioni le stesse indulgenze della Scala Santa di Roma (Cf.
Novella).
17 FEDERICO ALIZIERI, Guida artistica per la città di Genova,
Genova 1876, p. 576.
18 A. REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, p. 93.
19 P. NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, p. 488.
20 Il Remondini riferisce di
fonti che datano, erroneamente, questo episodio al 1564: forse il tutto è da riferire ad
una non corretta interpretazione della lapide.
21 DOMENICO PIAGGIO, Epitaphia, sepulcra et iscriptiones cum
stemmati bus, marmorea et lapidea existentia in ecclesibus Genuensibus,
TOMO I, manoscritto 1720, c. 188.
In questo manoscritto
sono presenti undici sepolcri tra cui uno da riferire a Tommaso Giustiniani
(del 1657; vedi c. 189) e l’altro a Domenico Lincino (del 1708, con l’obbligo
di celebrare due Sante Messe quotidiane; vedi c. 195), anche in questo il
Novella commette un errore nelle date.
BREVI CENNI STORICI
22 Presso
l’Archivio Storico della Curia Arcivescovile di Genova (scatola n° 1119 ex n°
39) sono presenti due documenti, riferibili al monastero di San Bernardo: uno riferibile
proprio all’anno 1626 (20 novembre: licenza
di elemosina) e un altro del 1682 (20 ottobre: licenza di batizare fuori della parochia).
23 P. NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, p. 473.
24 Per Capitolo
Generale si intende quell’incontro periodico che ogni Ordine religioso svolge
per eleggere i propri “amministratori” e nel quale vengono scelte le linee di
programmazione di vita comunitaria.
25 ROMANO DA CALICE, La Grande Peste, Genova 1999, p. 77.
26 «Queste reliquie nel 1650 erano state consegnate da Monsignor Alessandro
Vetriccio, vescovo di Alatri e vice generale di Roma al Padre Luca Bertolotto,
primo assistente della Congregazione dei monaci Fogliensi» (P. NOVELLA, Chiesa di San Bernardo, p. 473).
27 In un proclama dei
Padri del Comune, datato 13 marzo 1722 (A.S.C.G., collocazione 235/28), si
accenna alle “cave della Foce”, con l’idea di costruire un nuovo scalo in un sito vicino alla chiesa di San Bernardo. Il
Novella cita come data il 1702.
28 A. REMONDINI, Le Parrocchie suburbane, p. 88.
29 CAGNIN DANIELE, La Chiesa di San Pietro nel Borgo della
Foce…quattro secoli di storia, Settembre 2015 (http/anticafoce.blogspot.it).
ALCUNI PRIORI DEL SECOLO XVIII
30 A.S.G., Ordini Religiosi, N° 449.
Consultando la pandetta degli Ordini Religiosi (N° 56), esiste un
manoscritto (registrato al numero 547) relativo alle spese per la fabbrica del monastero di San Bernardo in Genova del 1639:
tale convento non è da confondere con quello oggetto del presente studio.
BIBLIOGRAFIA
ALIZIERI FEDERICO, “Guida
Artistica per la cittá di Genova”, Genova 1846 e 1875.
CAPINI ANITA GINELLA, LUCCHINI ARONICA ENRICA,
BUSCAGLIA MARIA GIULIANA, “Immagini di
Vita tra terra e mare – la Foce in età moderna e contemporanea (1500 – 1900)”,
Genova 1973.
CASALIS GOFFREDO, “Dizionario Geografico Statistico Commerciale
degli Stati di S. M. il Re di Sardegna”, Torino 1840 (anche in formato
digitalizzato)
DA CALICE ROMANO, “La Grande Peste”, Genova 1999.
DE SIMONI LAZZARO, “Le
Chiese di Genova”, Genova 1948.
GISCARDI GIACOMO, “Origine delle Chiese,
Monasteri e luoghi pii della città e riviere di Genova”,
manoscritto secolo
XVIII. (in formato digitalizzato)
NOVELLA PAOLO, “Settimana
Religiosa”, Anni: 1932.
OTTONELLI GIULIO, Vedute e descrizioni della vecchia Genova,
Genova 1973.
PERASSO NICOLO’, “Memorie
e notizie di chiese ed opere pie di Genova”, manoscritto 1770 ca.
PIAGGIO DOMENICO, “Epitaphia, sepulcra et
iscriptiones cum stemmatibus, marmorea et lapidea existentia in
ecclesibus
Genuensibus”, tomo I, manoscritto 1720.
PODESTA’ FRANCESCO, “Escursioni Archeologiche in Bisagno”,
Genova 1897.
RATTI CARLO GIUSEPPE,
“Istruzione di quanto può vedersi di più
bello in Genova”, Genova 1780.
REMONDINI ANGELO, “Parrocchie Suburbane di Genova”, Genova
1882.
Saggi Cronologici o sia Genova nelle sue antichità del 1688.
(in formato digitalizzato)
Saggi Cronologici o sia Genova nelle sue antichità
ristampati nel 1743. (in formato digitalizzato)
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