LA FOCE NELL’ETA’
MODERNA
PARTE PRIMA
L’ultimo quarto dell’Ottocento
Inquadramento storico
Dopo i
ben noti episodi storici di inizio Ottocento, culminati per l’antica Repubblica
Aristocratica genovese con l’annessione al novello stato del Regno di Sardegna,
Genova dovette attendere circa sessant’anni per trovare nuovo slancio per
riaffermare la sua grandezza del passato, soprattutto grazie all’unificazione
politica della penisola che portò alla creazione di uno stato italiano.
Le
Autorità comunali prevedevano per Genova un’espansione1 edilizia nella direzione di levante, occupando
con edifici la piana del Bisagno: per fare ciò, occorreva che la zona fosse
annessa al comune genovese, ma i comuni interessati erano contrari, anche
perché la popolazione coinvolta non voleva abbandonare le coltivazioni. Il
problema si presentava difficile in quanto la maggior parte delle abitazioni
della piana erano in affitto, come i terreni coltivabili. L’ampliamento della
città (sancito dal Regio Decreto del 26 ottobre 1873) interessò i comuni della
Foce, Marassi, Staglieno, San Fruttuoso San Martino di Albaro e San Francesco
di Albaro: ciò permise la realizzazione del progetto
di inurbamento della piana.
La prima “grande opera” pubblica
Circa dieci
anni prima dell’episodio descritto nel paragrafo precedente, con progetto di
Francesco Argenti del 1865, fu realizzata una via di comunicazione che doveva
collegare il cantiere navale della Foce con la nuova Via Minerva sita nell’abitato denominato Borgo della Pila ricadente
nel comune di San Francesco d’Albaro: tale “opera pubblica” si rese necessaria,
forse, per l’aumento di operai che lavoravano all’interno del già citato
cantiere e quindi per agevolarne l’accesso. Il progetto, visibile negli atti
del Comune di San Francesco d’Albaro del 21 gennaio 1865, può essere
considerato come antesignano delle opere di sistemazione urbanistica a
scacchiera su maglia viaria ortogonale (un inedito per Genova) e con viali
alberati, realizzate negli anni successivi sulla piana del Bisagno sul “tipo
Torino” 2.
La via
fu chiamata inizialmente via nuova al
Cantiere, per non confonderla con quella del borgo, successivamente prese
il nome della Libertà probabilmente
perché costruita dai galeotti3 presenti in una parte dell’ex edificio del
Lazzaretto.
Fu
costruita a livello della piana stessa, risultando in leggera discesa verso il
mare. Nella parte terminale, all’incrocio con l’attuale via Ruspoli, è presente
il punto più basso di tutte le sedi stradali della Foce odierna, dove è più
facile il formarsi di allagamenti in caso di alluvioni. Nel progetto, la strada
terminava simmetricamente con due piazze.
Livello stradale
Quasi
tutti i giardini posti tra le case di via Casaregis e corso Torino, nella loro
parte più vecchia, sono ad un livello più basso delle strade presso i
marciapiedi. Ciò è dovuto al fatto che le strade furono costruite più in alto
rispetto al livello del terreno perché non si inondassero troppo facilmente con
le frequenti esondazioni del Bisagno. I costruttori lasciarono i giardini più
bassi, ottenendo un piano in più talvolta abbassandone anche un po’ il livello.
Vi
sono poi particolari condizioni che hanno causato dislivelli tra le strade: via
Casaregis, già nella parte alberata, è in leggera salita perché il tratto tra
via Cecchi ed il civico 4 di via Casaregis, è stato ottenuto tagliando il
promontorio che scendeva da via Nizza e quindi, forse per risparmio, si è
lasciato che il livello della strada risultasse più alto, raccordando però con
piccole discese il suolo con via Rimassa, vedi via Cecchi quasi in piano, via
Morin in discesa e via San Pietro alla Foce in decisa discesa.
Da
corso Torino a via della Libertà le traverse sono tutte in discesa e tra via
della Libertà e via Brigate Partigiane sono in salita per raccordarsi con la
copertura del Bisagno che ovviamente è stata tenuta più alta.
I primi “piani urbanistici”
In
contemporanea con il “decreto di annessione” ne fu emanato un secondo che può
essere considerato il primo piano regolatore per la zona della Foce: Progetto di massima dell’ampliamento della
città. La stesura del progetto fu elaborato dall’Ufficio dei Lavori
Pubblici del Comune di Genova ma non ebbe attuazione: tale pianificazione
prevedeva lo spostamento4 del corso del torrente Bisagno verso levante a
ridosso delle pendici della collina di Albaro e nello spazio, dove verrà
realizzata l’attuale piazza Palermo, era prevista la costruzione di una chiesa.
La programmazione per l’inurbamento della
piana del Bisagno andò avanti e nell’anno successivo furono emanate due
delibere comunali: quella del 21 aprile si occupò dei finanziamenti da stanziare
per effettuare un’opera di rilievo per il piano di ingrandimento del Bisagno,
nella seconda delibera, del 13 ottobre, il provvedimento riguardò un “piano di
massima” perfezionato con un “regolamento edilizio” del 19 novembre, approvato
dalla Deputazione5 Provinciale.
Nel 1875, durante la seduta del Consiglio
Comunale del 21 e 24 agosto 1875, fu nominata una Commissione Giudicante (composta dagli ingegneri Stefano Grillo,
Francesco Carpineto, Pietro Tortarolo), per perfezionare il piano regolatore
del 1873 (Progetto per l’ampliamento
della città) ma si dovette attendere altri due anni per raggiungere alla
definitiva pianificazione urbanistica. Fu un piano che potremmo considerare
“speculativo” apparentemente poco studiato che dispose l’edificazione in una
“piana alluvionale” che non valutava con cognizione di causa le frequenti
inondazioni.
Le prime “lottizzazioni”
Le aree
fabbricabili, individuate nello spazio compreso tra le attuali via Eugenio
Ruspoli e passo Lorenzo Pareto, poste nella nuova strada (via della Libertà), e
di proprietà di soggetti privati, furono sette. I quattro terreni edificabili,
posti nella parte di tracciato stradale a ponente, furono oggetto di
realizzazione nel biennio 1875 – 1876: nell’attuale via Finocchiaro Aprile
(civico 6) è presente un altro edificio riconducibile al 1875, ma il progetto
non è disponibile alla consultazione in quanto smarrito.
Consultando
l’incartamento6 relativo,
si rilevano tre informazioni importanti: la prima riguarda la
“rappresentazione” della via Lorenzo
Pareto in quanto segnalava il confine dell’antico comune della Foce: tale
strada, nella “relazione di progetto”, è definita via Storta, richiamo all’antica via presente anche nella mappa del
catasto napoleonico del 1808, Crosa
storta della Foce. Il secondo dato significativo riguarda l’indicazione del
regolamento del 1874 già citato: la distanza fra gli edifici è fissata in metri
dieci (aumentato poi a quindici con il piano regolatore del 1877), mentre la
larghezza delle strade è stabilita in metri quindici. L’ultima notizia degna di
essere annotata è il tracciato di una strada che interseca la nuova via al Cantiere, che secondo il
progetto del piano regolatore sarebbe dovuto arrivare fino all’attuale corso
Torino: ciò non avvenne e la realizzazione di questa via di comunicazione si
fermò all’attuale via Maddaloni.
I primi due edifici di civile abitazione (Via della Liberta 15 –
17)
Le prime
due aree edificabili, su cui furono costruiti i primi i due palazzi di quello
che sarebbe diventato con il tempo il nuovo quartiere residenziale di Genova,
erano di proprietà di un tal Luigi Deltorchio il quale realizzò due edifici
uguali di sei piani fuori terra (più un sottotetto) e con un’architettura
lineare.
Le
superfici, su cui ancora oggi insistono i due caseggiati, sono di circa 610 mq.
per il civico 17 e di circa 570 mq. per il civico 15.
Dai
disegni progettuali dell’epoca si individuano degli “ornamenti architettonici”
collocati nella parte di facciata principale che va dal piano terreno al primo
piano, mentre sono posizionati dei marcapiano tra il primo e il secondo piano,
tra il secondo e terzo e tra il quinto e il sesto; tali “decorazioni”, se
furono realizzate, in un periodo imprecisato furono rimosse (secondo
dopoguerra?). In ognuno dei due caseggiati è presente un cavedio interno.
Nello
stabile civico 15 il marcapiano tra il primo e secondo piano è ancora presente,
mentre le finestre collocate sopra al portone di ingresso non state realizzate;
sono altresì sistemati quattro poggioli (al secondo e quarto piano) non
previsti nel progetto esecutivo.
Sappiamo che per il civico numero 17 nel
1963 fu modificata parzialmente la copertura del tetto, mentre la coloritura
della facciata, interessò il civico 15 nel 1996 e forse anche in epoca
anteriore nel 1969.
PIANO REGOLATORE E DI AMPLIAMENTO
(1875 – 1877)
Descrizione
Nel
1875, come accennato nel precedente capitolo, fu nominata una Commissione che
portasse a termine lo studio di vari progetti per la sistemazione urbanistica
della “zona” da poco annessa a Genova. Per arrivare all’approvazione definitiva7 (giugno 1877) si dovettero attendere due anni
di un iter burocratico e i punti salienti possono essere i seguenti: nella
seduta comunale del 14 giugno 1876 viene richiesta la dichiarazione di
“pubblica utilità”. Nel dicembre del 1876 il Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici diffonde dei suggerimenti di modifiche tra cui un giardino da realizzarsi
tra l’area del Bisagno e le Fronti Basse8.
Il Piano
prevedeva una sistemazione simile a quella realizzata nel Novecento, ma con
alcune differenze importanti: nel progetto si mantenevano i borghi Pila, Rivale
e Foce; anche il cantiere navale e il lazzaretto venivano conservati,
quest’ultimo, a seguito della ristrutturazione, risulta come una costruzione
rettangolare. In questo progetto,
prevedendo un eventuale insediamento industriale, si pianificava una linea ferroviaria, che iniziando
dall’angolo nord-est della cinta del cantiere, e costeggiando la collina di
Albaro, si collegava con lo Scalo di
Terralba.
Nella
prevista Piazza Palermo doveva essere
costruita una chiesa, come per il progetto precedente. Via Casaregis terminava fino all’attuale zona alberata, cioè
limitata all’odierna via Ruspoli.
Lo
spazio comprendente oggi tra via Cecchi e via Ruspoli costituiva la Piazza del Popolo: la piazza, nel lato
verso il Bisagno, era chiusa da una grossa costruzione, chiamata il Casone, spostandosi ancora era presente
un vicolo con il toponimo Via della
Cappelletta, retaggio dell’antica presenza della Cappella9 del Rivale. Dalla parte opposta sono presenti
i due palazzi di cinque piani in Vico del
Delfino che si trovavano a cavallo tra le attuali via Cecchi e via Ruspoli:
si può dedurre che le case in questione siano state edificate tra il 1874 e il
1877, costruzioni “favorite” dall’incremento di lavoro del Cantiere.
Questo
piano è molto interessante perché vi sono riprodotte le strade e le case allora
presenti e possono così essere posizionate nell’attuale sistemazione
urbanistica: rispetto al progetto del 1873 erano già stati costruiti i quattro
palazzi, lato di ponente, della “nuova” Via
della Libertà (vedi paragrafo successivo e precedente capitolo). Erano
espressamente dichiarate le distanze minime tra un palazzo e l’altro: non meno
di quindici metri e l’altezza di venticinque.
Via della Libertà 19 – 21 (1876)10
Durante
la seduta del 21 luglio 1876, il Consiglio d’Arte del Comune di Genova delibera
il progetto di Giacomo Campanella per la realizzazione di un nuovo caseggiato
nell’area di proprietà (mq. 662) presso la “nuova via al cantiere”: palazzo di
sei piani fuori terra (più un sottotetto) e con un’architettura lineare.
L’altezza del tetto del fabbricato era conforme al regolamento11 del 1874 già citato, fatta eccezione per la
realizzazione di abbaini. Dai disegni progettuali dell’epoca si individuano
degli “ornamenti architettonici” collocati nella parte di facciata principale
che va dal piano terreno al primo piano, mentre sono posizionati dei marcapiano
tra il primo e il secondo piano e tra il terzo e tra il quarto. Essendo
composto da due entrate principali sono presenti due cavedii interni.
PROGETTO DI MODIFICAZIONE E DI
AMPLIAMENTO (1888 – 1894)
Inquadramento storico
L’estensione
della città nella zona di levante, un abitato concepito come «residenziale di
alto livello»12, fu accelerata da un “evento speciale” che
avvenne nel 1892: le celebrazioni del 400° anniversario della scoperta del
continente americano. Fu una manifestazione, per quei tempi, un po’ sulla
falsariga delle esposizioni universali
ormai in voga in quel periodo, «coraggiosa e solenne»13 che probabilmente fece uscire definitivamente
dalla crisi di inizio Ottocento l’intera città. La manifestazione attirò
turisti da tutto il mondo, ribadendo la centralità dello scalo italiano nel
Mediterraneo: sfruttando questo avvenimento alcuni intellettuali fondarono il
partito socialista italiano.
Descrizione
A distanza di circa dieci anni,
dal piano regolatore del 1877, ci si trovò nella condizione (dato che erano
state realizzate poche abitazioni – cinque caseggiati – rispetto a quelle
previste dal piano stesso) di dover valutare un nuovo “progetto urbanistico”:
la “prima” approvazione, da parte del Consiglio Comunale, avvenne il 25 agosto
1888, quella definitiva14 il 27 maggio 1891; in questi tre anni furono
esaminate varie osservazioni inoltrate da vari soggetti privati, le quali
furono rigettate dalla Deputazione Provinciale di Genova (riunione del febbraio
1889).
In questo piano regolatore
furono previste le prime “demolizioni”, ma l’abbattimento avvenne in tempi
successivi.
1) casa sita nei pressi della
foce del Bisagno e presente fin dal secolo XVII, visibile anche nella
rappresentazione del Baratta;
2) case site in via del Gambero
e via del Lazzaretto costruite tra il 1747 e il 1808;
3) case site in vico del Delfino
costruite tra il 1874 e il 1877;
4) Casa Comunale e Scuole Elementari dei
primi dell’Ottocento;
5) Oratorio: l’antico edificio religioso,
posto nella riva destra del Bisagno e riferibile al XVII secolo, fu demolito
nel 1891;
Risultano
in progetto i primi quattro caseggiati dell’attuale via Casaregis nella zona a
mare, anche se furono realizzati nel primo decennio del Novecento.
Fu
avanzata la proposta15 di riduzione della larghezza stradale, da 40
mt. a 20 mt., dell’ultimo tratto lungo l’argine sinistro del Bisagno al fine di
uniformare tutta la sezione stradale.
All’interno
del Cantiere Navale è presente ancora una costruzione che un tempo era adibita
ai responsabili dell’attività agricola.
Non sono
presenti gli edifici di tipo industriale: nella zona adiacente al Bisagno erano
presenti due ciminiere ed una terza si trovava nell’area dell’attuale rimessa
degli autobus “AMT”.
Un nuovo asse viario (Corso Torino)
L’unica
via di comunicazione per “uscire” dal Borgo della Foce, anche in questi anni,
era quella di seguire la cinta muraria del cantiere fino alla piazza del Popolo
e successivamente, per giungere alle porte della città era più agevole
percorrere la nuova via della Libertà. Per lo sviluppo economico del “nuovo
quartiere”, derivanti dalle sistemazioni urbanistiche sopra descritte, era
necessario migliorare la viabilità tracciando nuove strade, espropriando i
terreni ancora coltivati di proprietà dei privati. Dal 1890 al 1905 furono
progettati (e/o realizzati) cinque palazzi.
In
questo nuovo tracciato viario, realizzato a “schiena d’asino” (per poter
costruire la rete fognaria chiamata “fognone”) intorno al 1890, e previsto dal
piano urbanistico del 1888, furono ricavate delle aiuole, delimitate da cordoli
di pietra a becco di civetta e protette spesso da basse ringhiere in ferro,
nelle quali furono impiantati dei platani16.
Via della Libertà 20 (1888) 17
Il progetto per la costruzione di un edificio,
relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 480) della già citata via della Libertà
(parte di levante), fu presentato dall’ingegnere18 Giovanni Ciceri il 27 luglio 1888: il
“decreto” del Sindaco fu approvato il 29 agosto successivo con la pubblicazione
di sei articoli (riconducibili ad una sorta di “regolamento edilizio”)
riguardante principalmente l’argomento delle “acque nere”19.
Fu inoltre precisato che i singoli
appartamenti realizzati, sarebbero stati dichiarati abitabili solo dopo la
stesura del decreto di abitabilità emesso dalla Giunta Comunale, provvedimento
che sarebbe stato redatto dopo che il proprietario (Giovanni Dondero) avesse
presentato l’avviso di fine lavori all’Ufficio dei Lavori Pubblici.
Rispetto
ai palazzi precedentemente descritti il progetto, relativo alla facciata
principale, contiene ornati architettonici di estrema rilevanza con “cornici”20 in ogni finestra e diversi per ogni piano: ai
nostri giorni la facciata principale è il risultato di decorazioni eseguiti con
la tecnica della “tempera”. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50, ed è
composto da sei piani fuori terra: al piano strada fu previsto la realizzazione
di sei locali da destinare ad “attività commerciali”.
Via Giuseppe Casaregis
Il
classico schema di sezione con il piano viario al centro, i due filari di
alberi sui bordi ed i due marciapiedi all’esterno è quello adottato per la Via Giuseppe Casaregis: le due fasce
alberate avevano pavimentazione in ciottoli di dimensione piuttosto grosso con
la CUNETTA lungo il marciapiede; in corrispondenza dei tronchi, un quadrato o
un cerchio rimaneva scoperto per lasciare “respirare” la pianta e permetteva
l’assorbimento della pioggia. La realizzazione di questa strada rese necessario
anche la progettazione della rete fognaria pubblica: in ogni progetto degli
edifici, che saranno costruiti ad inizio Novecento, alcuni disegni prevedevano
l’esame delle varie condotte.
Via della Libertà 22 – 24 (1889)21
Il
progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa
mq. 520 e di proprietà dei fratelli Piceni e Augusti) della via della Libertà
(parte di levante), fu presentato dall’ingegnere Giovanni Ciceri (lo stesso del
caseggiato civico 20) il 21 novembre 1889: il progetto fu esaminato nella
seduta della Commissione Edilizia del 13 dicembre successivo, con l’avvertenza
che il «pozzo di luce interno»22 fosse di metri quattro di larghezza. Il
“decreto” del Sindaco fu emanato l’8 gennaio 1890 dopo il parere dell’Ufficio
di Igiene (7 gennaio 1890). Il tempo di realizzazione fu di circa un anno. Nei
disegni progettuali erano previsti, per la facciata principale, ornati
architettonici di estrema rilevanza con “cornici” in ogni finestra (di diversa
altezza per ogni piano) e diversi per ogni piano: ai nostri giorni tale accorgimento
è stato utilizzato fino al primo piano per la restante parte è stata scelto un
prospetto lineare con l’inserimento di marcapiani. L’altezza dell’edificio è di
mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra e con due ingressi distinti.
Via Finocchiaro Aprile 8 – 10 – 12 – 14 (1889)23
Il
progetto per la costruzione di due edifici, relativo ad un’area fabbricabile
posta «sulla spianata del Bisagno, aderente alla via del Rivale24 [confinante sul lato di levante con] il
grandioso stabilimento della Compagnia Generale Francese di Tramway»25 (di circa mq. 1200 e di proprietà di Francesco
Podestà) fu presentato il 5 dicembre 1888, e secondo le intenzioni dello stesso
proprietario erano destinati «ad uso della classe media della cittadinanza
Genovese e pare che di simili costruzioni ve ne sia nel Bisagno»26.
L’istanza fu esaminata nella seduta della Commissione Edilizia del 19 gennaio
1889 (e forse anche in un’ulteriore riunione del 26 gennaio) ma la domanda fu
rigettata (principalmente perché un lato dell’area fabbricabile era superiore
rispetto a quella prevista dal Piano Regolatore) e conseguentemente il
proprietario ritirò i disegni. Il 23 marzo successivo fu ripresentata una nuova
domanda (con ulteriori elaborati grafici) e fu dibattuta nella seduta della
Commissione Edilizia del 16 aprile e il progetto fu approvato definitivamente
il 16 maggio 1889. L’altezza degli edifici è di mt. 22,50 e sono composti da
sei piani fuori terra più un sottotetto: al piano strada fu prevista la
realizzazione di quattro locali, per ogni caseggiato, da destinare ad “attività
commerciali”. Ai nostri giorni i due palazzi non sono speculari ma mostrano
degli ornamenti architettonici differenti: per i civici 8 e 10 sono state
seguite le indicazioni progettuali, ma con l’aggiunta di balconi.
Via della Libertà 26 (1890)27
Il progetto per la costruzione di un
edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 1000 e di proprietà di Piceni
Gaspare, dei fratelli Augusti, di Grondona Gaetano e di Malerba Emanuele) della
via della Libertà (parte di levante), fu presentato il 20 agosto 1890.
Successivamente, con lettera del 6 settembre, uno dei proprietari (Piceni
Gaspare) inoltra all’ufficio competente, con lo stesso iter28, un
“sollecito” per l’approvazione del progetto stesso, evidenziando che con il
consenso favorevole si poteva dare inizio ai lavori «ed occupare un forte
numero di operai»29: la richiesta fu esaminata nella seduta della
Commissione Edilizia del 12 settembre, benché la “motivazione del rigetto”30 porti la data dell’11 settembre.
Il 19
settembre, dopo un ulteriore lettera31 del giorno precedente redatta dal già citato
Piceni Gaspare, il progetto fu riesaminato nella seduta della Commissione
Edilizia, questa volta con parere favorevole, e dopo un ulteriore consulenza dell’Ufficio
di Igiene (25 settembre 1890), fu approvato definitivamente. La facciata
principale, contiene ornati architettonici di estrema rilevanza con “cornici”
in ogni finestra (di diversa altezza per ogni piano) e diversi per ogni piano:
ai nostri giorni gli ornamenti architettonici sono presenti fino al primo
piano, poi risulta lineare per la restante parte con l’aggiunta di marcapiani
tra il primo e il secondo e tra il terzo e quarto piano. L’altezza
dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sei piani fuori terra più un
sottotetto: al piano strada fu previsto la realizzazione di sei locali da
destinare ad “attività commerciali”.
Via Giuseppe Casaregis 16 – 18 (1892)32
Il
progetto per la costruzione di un edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa
mq. 600) della zona di levante del vecchio Comune della Foce (divenuto frazione
di San Francesco d’Albaro) di proprietà della Società33 Cooperativa per la costruzione di case
economiche ed operaie, nella persona del presidente Carlo Dotto, fu presentato
il 14 aprile 1892. Il “decreto” del Sindaco fu emanato il 12 maggio 1892 dopo
la valutazione della Commissione Edilizia (9 maggio 1892) e il parere
dell’Ufficio di Igiene. La sistemazione della rete fognaria prevedeva la
costruzione di un pozzo nero (distante mt. 8 dal caseggiato: da qui il motivo
di realizzare una “passerella” tra sede viaria e il portone d’ingresso) il
quale sarebbe stato collegato al «fognone della via»34 (a quel tempo ancora in via di realizzazione).
L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto da sette piani fuori terra
con due ingressi distinti. La facciata principale rispecchia l’elaborato
grafico progettuale.
Corso Torino 46 – 48 – 50 – 52 (1893)35
Il primo edificio costruito nella nuova via
alberata fu realizzato dalla Società Cooperativa per la costruzione di case
economiche ed operaie, la stessa che costruì il caseggiato di via Casaregis
civici 16 – 18 e che nelle immediate vicinanze possedeva un ulteriore lotto
fabbricabile diventato in seguito l’attuale palazzo posizionato all’angolo tra
via Barabino e corso Torino lato di levante.
Il progetto, relativo all’area di circa mq.
1400, fu presentato il 20 ottobre 1893 e fu esaminato in due sedute della
Commissione Edilizia (7 dicembre36 e 16 dicembre1893); fu anche vagliato dall’Ufficio
di Igiene (5 dicembre37 e 13 dicembre) il quale prescriveva,
escludendolo, che «il piano sotterraneo venga in alcun modo adibito per
abitazioni»38. L’approvazione avvenne il 18 dicembre 1893. Durante
la “giunta” della Commissione Edilizia del 14 luglio 1894 e il parere
dell’Ufficio di Igiene del 25 luglio fu approvata una variante39 di progetto. Il Decreto del Sindaco fu emesso il 28 luglio 1894 (N° 44), fermo
stando tutte le altre condizioni nel precedente decreto del 18 dicembre 1893
(N° 433).
L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è
composto da sei piani fuori terra con quattro ingressi distinti. Nella facciata
principale, prospiciente sul viale alberato, sono stati realizzati degli
ornamenti su ogni finestra e in alcuni piani le decorazioni sono a forma di
timpani.
Corso Torino 35 (1895 – 1897 – 1905)
L’Edificio in questione può essere
considerato come il “precursore” dello Stile
Coppedè (di chiara ispirazione allo Stile Liberty) utilizzato a Genova ad
inizio del Novecento, ma per arrivare all’aspetto attuale (soprattutto nella
facciata principale) si dovettero attendere ben dieci anni e la realizzazione
di tre progetti, l’ultimo proprio del 1905.
L’idea iniziale del proprietario del lotto
edificabile (di circa mq. 1120), un certo Giuseppe Geddo, era quella di
realizzare una “casa da pigione”, così come per i palazzi della zona, ma
anziché essere destinati ad una classe sociale meno abbiente, le abitazione
erano rivolte ad un pubblico benestante.
Il primo progetto fu presentato in data 23
marzo 189540 ed
elaborato dall’Ingegnere Cesare Cerruti: il parere favorevole della Commissione
Edilizia avvenne durante la seduta del 27 marzo 1895, mentre quello
dell’Ufficio di Igiene l’8 aprile: il Decreto del Sindaco fu emanato il 9
aprile 1895 (N° 101), con queste prescrizioni: «1° Siano alquanto adeguate le
logge laterali della facciata; 2° Sia tolta la forte scarpa data ai muri
perimetrali; 3° Siano alquanto ingrandite le finestre circolari del 6° piano;
4° Ultimati i lavori il proprietario ne dia avviso all’Ufficio di Edilità; 5°
La casa costrutta non venga abitata se prima non è dichiarata abitabile da
Sindaco»41.
Nell’elaborato grafico erano state
progettate delle decorazioni alle finestre, soprattutto nella facciata
principale, quali cornici e timpani; erano previsti solo due balconi;
all’ultimo piano il progettista presentava una soluzione con “attico”42. I
marcapiano dovevano essere realizzati in evidenza anche con ornamenti a
“grecale”.
Il 27 agosto 189743 fu presentato un secondo progetto, sempre a
firma dell’ingegnere Cesare Cerruti, ma contrariamente al precedente elaborato
il proprietario risulta un certo Vezzosi. Il giorno successivo l’Ufficio di
Igiene diede il suo parere favorevole, mentre la Commissione Edilizia si riunì
in due sedute (1 e 3 ottobre 1897). L’Ufficio dei Lavori Pubblici, nella
relazione del 4 ottobre, “consigliava” di «modificare la costruzione della
casa». Il 17 novembre 1897 l’intera documentazione progettuale fu ritirata.
L’ultimo progetto fu presentato
dall’ingegnere Carlo Fuselli44 il 24 marzo 1904, il quale nell’unita
relazione progettuale espone la sua idea nel seguente modo: «Progetto di
costruzione di Casa Signorile da
edificarsi in Genova sull’area situata all’estremità di Corso Torino verso
Piazza del Popolo. Intento del sottoscritto si è quello di fare opera la quale,
anche sotto l’aspetto estetico interiore, risponda a’ buoni dettami d’Arte e
conferisca quindi maggiore decoro a quella regione; e per meglio conseguire
codesto intento chiede che gli sia accordata facoltà di costrurre il Piano Mansarda, il quale dovrà assumere
carattere eminentemente decorativo, invece dell’usato ed antiestetico piano del
casotto»45. L’Ufficio di Igiene, nella riunione dell’11
aprile 1904, diede parere favorevole con «riserva per la deroga al primo
paragrafo dell’articolo 9 del Regolamento Edilizio del 20 marzo 1877»46.
L’Ufficio dei Lavori Pubblici, nella relazione del 27 aprile 1904, fornisce il
suo giudizio sul piano mansarda,
esprimendo che per tale “piano” era necessario presentare una «speciale domanda
onde essere autorizzato a costrurlo, ritenendo che per esso l’opera progettata,
anche sotto l’aspetto estetico, conferisca maggior decoro a quella località»47.
La Commissione Edilizia si riunì il 10
maggio 1904. Dalla “notifica”, inviata al progettista, si evince che il parere
fornito dall’ufficio tecnico non fu tenuto in considerazione: «modificare il
disegno rappresentante la costruzione sostituendovi il tetto alla Mansarda con
tetto di altra foggia consentita dai vigenti regolamenti»48.
Il 9 luglio successivo l’Ufficio dei Lavori
Pubblici fu interpellato nuovamente, ma non cambiò il suo precedente giudizio,
la Commissione Edilizia, nella riunione del 12 luglio 1904, fornì il suo parere
favorevole.
L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50,
composto da sei piani fuori terra più il piano mansarda con tre “scale interne”49 e impianto di elevazione per il trasporto di
persone (ascensore).
Furono
progettati dieci balconi, sistemati nel secondo nel quarto piano e nel piano
mansarda, mentre per gli altri “livelli” furono realizzati delle strutture
molte simile ai bovindi50. Al piano strada fu prevista la
realizzazione, per la facciata principale, di otto locali (botteghe) da
destinare ad “attività commerciali”, e sette nella via laterale (che sarà poi
chiamata via Eugenio Ruspoli).
Corso Torino 31 – 33 (1897)51
In data 1 febbraio 1897 fu presentata
domanda, dal proprietario di un lotto di circa mq. 1150 (Costa Francesco
Nazzaro fu Francesco), per il progetto (sviluppato dall’Ingegnere Bagnasco
Carlo) di un caseggiato con due ingressi distinti. L’elaborato fu esaminato
nella seduta della Commissione Edilizia del 4 marzo 1897 e approvato con Decreto del Sindaco del 9 marzo (N° 283)52, dopo
il parere dell’Ufficio di Igiene del 20 febbraio 1897.
Per derogare alla disposizione, che non
prevedeva abitazioni al piano terreno, il 13 dicembre 1897 il proprietario
decise di inserire delle modifiche al progetto stesso, redigendo la seguente
istanza: «Secondo le varianti proposte, le parti del piano terreno prospicienti
i distacchi vengono ad avere il pavimento sopraelevato di 0,50 m. dal terreno
circostante, da cui l’intiera costruzione è separata mediante apposita
intercapedine. Inoltre, sotto il pavimento sono progettate le prescritte camere
d’aria cosicché i tre lati in questione
vengono a trovarsi in ogni loro parte nelle condizioni di abitabilità richiesta
dalle vigenti leggi»53. Il parere favorevole
dell’Ufficio di Igiene avvenne dopo lo svolgimento di tre riunioni, nelle
ultime due furono espresse i seguenti pareri: 3 gennaio 1898: «Si rimette ai
Lavori Pubblici con parere favorevole alla condizione che le due camere poste
negli angoli nel lato del Corso Torino siano destinate a cantine»54; 4
febbraio 1898 «Date le condizioni di fatto segnalate dalla Commissione Edilizia
nel suo parere del 25 gennaio si emette parere sfavorevole per la ultimazione
del piano terreno ad abitazioni»55.
Fu
stabilita la distanza di quindici metri nei due distacchi fra i palazzi
viciniori. Come per il caseggiato di via della Libertà civico 26 fu realizzato
un cortile condominiale. L’altezza dell’edificio è di mt. 22,50 ed è composto
da sei piani fuori terra con due ingressi distinti. Nella facciata principale,
prospiciente sul viale alberato, sono stati realizzati degli ornamenti su ogni
finestra e in alcuni piani le decorazioni sono a forma di timpani.
Corso Torino 54 – 56 – 58 (1899)56
Il progetto per la costruzione di un
edificio, relativo ad uno dei lotti (di circa mq. 1150 e di proprietà di un
certo Adolfo Casalea), posizionato nella nuova via alberata, fu presentato il
16 dicembre 1898. La richiesta di costruzione fu esaminata nella seduta della
Commissione Edilizia del 20 dicembre, mentre il giorno successivo fu l’Ufficio d’Igiene
a fornire il suo parere: «Sui 3 piani non dovrebbe a giudizio di chi scrive
apparire a 2 piani perché a senso del Regolamento uno solo è consentito. E’
vero che trattasi del lucernaio per l’illuminazione e l’areazione della scala;
ma si crede doversi trovare una soluzione che soddisfacente anche all’estetica
e che non abbia l’apparenza della violazione del Regolamento. Si crede che
anche le decorazioni della facciata, specialmente per ciò che si riferisce alle
finestre del 1° piano potrebbe essere migliorata»57.
Il progetto fu ulteriormente esaminato nella
riunione della Commissione Edilizia del 17 gennaio 1899 e il 4 marzo il Sindaco
emise il relativo decreto.
Fu realizzato un cortile condominiale che
mette in comunicazione i due portoni di ingresso con le due scale interne.
Nella facciata principale, prospiciente sul viale alberato, sono stati
realizzati degli ornamenti (cornici di varie forme geometriche) su ogni
finestra e in alcuni piani le decorazioni recano degli stemmi.
L’edificio
è composto da sei piani fuori terra (dell’altezza di mt. 22,50), più un
sottotetto di mt. 3,00: al piano strada furono previsto la realizzazione di
sette locali (botteghe) da destinare ad “attività commerciali”.
L’Oratorio della Foce58
A seguito dell’apertura
del cimitero monumentale di Staglieno (1867), la tumulazione in quello della
Foce fu abbandonata (il cancello fu “chiuso definitivamente” nel 1875) e
l’oratorio non ebbe più i numerosi benefattori del passato: le messe
giornaliere, come era nel periodo 1824 – 1838, diminuirono sensibilmente.
L’oratorio fu
ulteriormente chiuso, «per mala amministrazione», il 16 gennaio 1889 con ordine
governativo e su proposta del Commissario Regio (Commendatore Cravero): il 4
aprile successivo fu riaperto nominando cappellano un certo Antonio Soldà.
La demolizione delle due
costruzioni avvenne nel mese di aprile del 1891 per i lavori di riassetto
urbanistico della zona.
Ai nostri giorni la memoria di queste
costruzioni è ricordata in una lapide.
NOTE
1) Questo ampliamento di carattere edilizio
è da mettere in relazione, probabilmente, con la “previsione” di una futura
espansione demografica: a metà dell’Ottocento Genova è ferma ad una popolazione
di poco meno di 100.000 abitanti (come alla fine del Medioevo), ma nell’ultimo ventennio
assistiamo ad una travolgente ascesa.
2) DE NEGRI 2003, p. 784.
3) CAGNIN – FOSSATI 2019, p. 63.
4) Con rapporto del 12 aprile 1876 la
Commissione, istituita appositamente, mantiene il Bisagno nel suo alveo
attuale.
5) Era l’organo esecutivo delle provincie
italiane durante il periodo monarchico: corrisponde a quello che
nell’ordinamento repubblicano è chiamato “Giunta Provinciale”.
6) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicoli N° 17 e N° 69 (1875): approvati
dall’Ufficio dei Lavori Pubblici (divisione ufficio di edilità).
7) L’approvazione definitiva fu ratificata
con la Legge N° 3908 del 20 giugno 1877. Sarà il Cavaliere Felice Segre,
nominato da Vittorio Emanuele II “regio delegato” a seguito dello scioglimento
del Consiglio Comunale, che provvederà alla conferma del piano e decreterà sul
regolamento per la sua esecuzione.
8) Si trattava di una “linea difensiva”
costruita nel periodo 1626 – 1633.
9) CAGNIN – FOSSATI 2019, p. 42.
10) A.S.C.G., Archivio
Progetti, fascicolo N° 67 (1876).
11) Vedi art. 7.
12) LINGUA 2001, p. 233.
13) DE NEGRI 2003, p. 784.
14) «…colle rettificazioni nuovamente
proposte dalla Giunta Municipale» (cfr. con verbale relativo).
15) Tale proposta fu “rigettata” durante la
seduta del 23 maggio 1887. Il 2 novembre 1888 l’Ufficio del Genio Civile
(ingegnere Belladore) richiese il “documento di deliberazione” per poter
esaminare le le osservazioni alla variante del piano.
16) Nell’arredo urbano di Genova “l’elemento
albero” è poco presente: ciò dovuto alle larghezze delle vie non sufficienti a
consentirne l’esistenza. (CAIOLI – TALLARICO 1991, p. 24 – 26).
17) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 91 (1888).
18) Fu membro del Consiglio direttivo della
Scuola Superiore Navale dal 1904 al 1920; Sindaco del comune di Nervi nel 1911
e Consigliere Provinciale nel 1912.
19) Art. 1 – Le latrine siano a sistema
inodoro.
Art. 2 – Le acque degli aquai e lavandini siano convogliate nei
canali delle latrine al di sopra del sifone di presa.
Art. 3 – Le condotte delle latrine siano impermeabili, e munite
inferiormente di sifone.
Art. 4 – Ove nella località di cui è caso non esistono condotti
immondi, i pozzi neri siano a sistema Degléré, e muniti di sfiatatoio fino al
tetto.
20) Con questo termine ci
si riferisce a qualsiasi modanatura che delimiti una struttura architettonica o
inquadri una superficie.
21) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 111
(1889).
22) Idem.
23) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 138
(1889).
24) Per Rivale è da intendersi “riva del fiume”.
25) Il 13 gennaio 1877 il Comune concesse alla Compagnia
Generale Francese di Tramways la costruzione e l’esercizio di una tranvia a
cavalli da piazza Principe a Sampierdarena: la tratta fu inaugurata il 10 marzo
1878. Nel 1883 la Compagnia Francese subentrò alla Società Ligure
nell’esercizio delle linee di omnibus mentre la rete tranviaria si estese nel
1889. Nel 1890 si arrivò ad una spartizione delle concessioni fra tre diversi
gruppi, ognuno dei quali avrebbe esercitato le linee in tre diversi settori
della città.
26) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 138
(1889).
27) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101
(1890).
28) La “domanda di
presentazione” del progetto veniva “protocollata” dall’ufficio comunale
denominato Edilità e Lavori Pubblici.
29) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101
(1890).
30) Idem: «Visto. L’area
occupata dal caseggiato costruendo è maggiore di quella segnata nel piano
regolatore, quindi non puossi annuire alla fatta domanda».
31) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 101
(1890):
«1° che la ditta
richiedente […] proprietaria esclusiva di tutto il terreno retrostante alla
Piazza del Popolo, perciò essa si obbliga a costrurre in condizioni identiche e
simmetriche […] che non diminuisce la luce sui distacchi, ne impedisce la
ventilazione ne la luce delle aperture perimetrali anzi, a suo modo di vedere,
son queste le condizioni migliori.
2° che la configurazione
di detta pianta permette la costruzione di un cortile interno di circa 113
metri quadrati, invece di soli mq. 40 come basterebbero a termini di legge e
questo a tutto e solo vantaggio della igiene della casa».
32) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 51
(1892).
33) La società aveva sede
in vico Vegetti al civico 8.
34) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 51
(1892).
35) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 165
(1893) con variante N° 79 (1894).
36) L’Ufficio di Edilità
e Lavori Pubblici notificò, in data 8 dicembre, la seguente prescrizione,
relativa all’integrazione dei disegni progettuali, corredandoli «con
particolari dei due cornicioni dal piano tre all’ultimo piano e delle
decorazioni laterali. In pari tempo ha rilevato che il numero dei piani eccede
il limite regolamentare e che il cornicione è troppo esiguo in confronto delle
dimensioni della casa».
37) L’Ufficio di Edilità
e Lavori Pubblici notificò, in data 6 dicembre, la seguente prescrizione,
relativa all’integrazione dei disegni progettuali, corredandoli di «1° Della
pianta del piano sotterraneo con l’indicazione delle fognature; 2° Di una
sezione da cui risulti la forma e la pendenza dei condotti e la quota di
pendenza e in qual punto del fognone di Corso Torino».
38) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 165
(1893).
39) «Con tale modifica il
piano del casotto rimane alla distanza dal vivo esterno del muro sotto il piano
ideale inclinato di 35 gradi dal ciglio di gronda a norma dell’Art. 5 del
Regolamento Edilizio».
40) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 42
(1895).
41) Idem.
42) E’ parte di un
edificio aggiunta al di sopra del cornicione, con funzione di coronamento o di
vero e proprio piano di abitazione.
43) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 103 (1897).
44) Nacque a Genova il 24
ottobre 1864 (morì il 1° novembre 1931). Diventò uno dei più apprezzati
costruttori della città, con studio in Piazza Tommaseo. In un periodo in cui
l’edilizia era “votata” a criteri speculativi, seppe dare alle sue costruzioni
un carattere distintivo, mosso com’era da un’elevata estetica: progettò anche
il palazzo di via Invrea civico 20.
45) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 175
(1905).
46) Idem.
47) Idem.
48) Idem.
49) «La superficie di
illuminazione delle scale A e B sarà di circa 70 metri quadrati e l’edicoletta
lucernajo situata sul piano terrazzo sarà costrutta con tettoja e pareti
verticali a vetri. La superficie di ventilazione delle scale stesse sarà non
minore di 20 metri quadrati». (Pianta del
Piano Terreno)
50) Si tratta di un corpo
chiuso, sporgente rispetto alla linea del prospetto dell’edificio, in genere
vetrato, che costituisce un prolungamento funzionale, con forti valenze
architettoniche. Nel caso in cui inizi da un piano superiore a quello terreno
il bow-window è detto oriel.
51) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 32
(1897).
52) Nel Decreto erano
contenute le seguenti prescrizioni: «1 – I lucernai delle scale vengano
abbassati al livello del tetto, oppure siano costrutti interamente in
cristalli; 2 – Il piano terreno non sia adibito ad abitazioni; 3 – Ultimati i
lavori il proprietario ne dia avviso all’Ufficio di Edilità; 4 – La casa
costrutta non venga adibita se prima non è dichiarata abitabile dal Sindaco».
53) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 32
(1897).
54) Idem.
55) Idem.
56) A.S.C.G., Archivio Progetti, fascicolo N° 17
(1899).
57) Idem.
58) CAGNIN – FOSSATI
2019, p. 72. CAGNIN 2021, p. 92.